La Polizia municipale di Roma Capitale e le divise
È abbastanza sconcertante la notizia, di alcuni giorni fa, relativa ad un immobile adibito ad autorimessa della polizia municipale di Roma con riscaldamento insufficiente, il che avrebbe indotto il comandante di gruppo competente ad autorizzare i vigili a non indossare la divisa in servizio in quanto “inagibile lo spogliatoio”.
Sconcertante, intanto, perché pare che quei riscaldamenti funzionino a scartamento ridotto da anni senza che nessuno abbia mai risolto il “problema”, nonostante le diverse segnalazioni che sarebbero state fatte anche dai sindacati. Sconcertante perché la mancanza di riscaldamento renderebbe inagibile l’uso degli spogliatoi dove i vigili urbani custodiscono l’uniforme da indossare, arrivando dalla propria abitazione in abiti civili. Nessuno sa indicare quale sia la disposizione che obblighi l’amministrazione comunale a fornire spogliatoi ed armadietti per tali esigenze, in quanto ben potrebbero i vigili presentarsi direttamente in servizio indossando l’uniforme da casa (riscaldata). Comunque, i vigili, in questa situazione “emergenziale”, potranno indossare i cosiddetti fratini con la scritta “polizia Roma capitale” per essere riconosciuti.
In realtà non sembra si possa trattare di emergenza perché è capitato sovente di vedere vigili in servizio in abiti civili e, francamente, a volte, può essere anche una “visione” meno penosa di quella in cui indossano la divisa. Quante volte è capitato, infatti, di vedere nelle piazze e nelle strade romane, di prima mattina, i vigili intenti a regolare il traffico o svogliatamente seduti all’interno di quegli orribili “gabbiotti” in ferro e vetro agli incroci, con divise “approssimative”, indossate in modo sciatto, a volte lise per il lungo utilizzo senza ricambio, con le varie guarnizioni (cinturoni, fondine per le pistole, porta manette), originariamente di cuoio di colore bianco, annerite di sporco, con calzature di fogge disparate (mocassini, scarpe ginniche nere ecc..).
Insomma, non proprio il massimo per chi rappresenta il Corpo e per chi entrando in contatto, spesso solo visivo, riceve una sensazione poco gradevole da chi rappresenta un segmento importante del sistema della sicurezza. Non è, si badi bene, soltanto una questione formale: la forma è talvolta sostanza. E lo sanno bene le altre forze di polizia, civili e militari, che all’assetto formale e alla cura della persona dedicano una speciale attenzione. In primis l’Arma dei Carabinieri i cui componenti, a tutti i livelli, si presentano sempre in modo impeccabile con l’uniforme. Ed eventuali trascuratezze sul punto vengono sanzionate tempestivamente e senza sconti.
Lo sanno bene anche nella Polizia di Stato che nel regolamento di servizio (art.16) sancisce il divieto di variare la foggia dell’uniforme e di curare la persona in modo che sia compatibile con il decoro della divisa. Particolare sul quale, oltre un secolo fa, rivolgeva attenzione anche il regolamento (1891) dell’allora Corpo delle Guardie di Città che, all’art. 129, sanzionava addirittura con la sospensione della paga fino a 30 giorni “..la negligenza e la trascuratezza nella pulizia (..) dell’uniforme e nella conservazione del vestiario..”. Senza contare che le eventuali recidive sul punto erano punite con la sospensione della paga fino a tre mesi o, addirittura, con gli “arresti in camera di disciplina”. Insomma, autorevolezza e prestigio di un corpo di polizia derivano anche dal modo di presentarsi in pubblico, da come si indossa l’uniforme, dai modi urbani, corretti, cordiali con cui si entra in contatto con i cittadini. La stima, la fiducia ed il rispetto della collettività dipendono in larga misura da questi comportamenti.
Questo, purtroppo, non si rileva girando per le strade della Capitale, dove molti vigili non indossano l’uniforme soprattutto per le carenze nella distribuzione (scarsa, spesso sbrigativa e approssimativa) di vestiario che va avanti da anni. La verità è che non si vuole spendere per fornire il vestiario ai vigili (e questo è già scandaloso), ma conta anche il disinteresse generale dei vari comandanti che si sono succeduti e, quindi, anche per un sistema di controllo sui servizi e sul personale che è inadeguato per un organismo di oltre cinquemila agenti.
Ma, si sa, cercare di riportare ordine nella polizia municipale di Roma Capitale è quasi impossibile per le resistenze e le dinamiche interne di un Corpo che ha acquisito cattive abitudini e che non ha mai tollerato la presenza, al vertice, di funzionari “estranei”, dati in prestito dalla Polizia di Stato e che non durano mai abbastanza da riportare qualche risultato concreto poiché vengono sistematicamente “congedati” anzitempo.
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