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Cannabis a go-go

Piero Innocenti il . L'analisi

cannabisNon so se presto arriveremo a prepararci in casa, a colazione o a merenda, un frullato a base di cannabis, carote e mela, stando a quanto asserisce convintamente la cinquantasettenne Cheryl Shuman, dalla sua tenuta americana, dove produce una canapa di eccellente qualità sotto il marchio Beverly Hill Cannabis Club.

Dopo aver curato il suo tumore alle ovaie con l’erba, l’amante-paladina della cannabis si sta dando un gran da fare per promuovere investimenti nelle coltivazioni, convinta di come, presto, questo settore del consumo ricreativo della marijuana porterà grandi affari e considerevoli ricchezze. Molti non aspettano altro da quelle parti e già si parla di un ambito commerciale che può valere dai 30 ai 50 miliardi di dollari. Anche in Italia, con l’eventuale vittoria del partito trasversale della cannabis legale (capeggiato dal senatore Della Vedova, firmatario, insieme ad altri 120 parlamentari di vari partiti, di un progetto di legge all’esame in Parlamento), c’è da giurare che si materializzerebbero velocemente decine di “cannabis-club”, oltre ad un incremento della coltivazione della pianta, in casa o in piccoli appezzamenti (solo nei primi sei mesi del 2017, le forze di polizia hanno individuato decine di piantagioni di marijuana, distruggendo un totale di oltre 60mila piante).

C’è chi sostiene che, così facendo, si sottraggono i profitti alla criminalità collegata al narcotraffico. Ma il mercato delle droghe cosiddette leggere è solo una parte del grande mercato illecito degli stupefacenti e rendere legale la produzione e commercializzazione dei derivati della cannabis, probabilmente, inciderebbe poco sul business criminale globale. Senza contare la concreta possibilità di un mercato parallelo (nero), gestito dalla criminalità, in grado di offrire un prodotto a prezzi concorrenziali rispetto a quelli praticati dallo Stato.

Comunque, che da noi lo spinello tiri ancora molto è cosa risaputa. Così come è noto, da tempo, che in alcune zone dell’Aspromonte ( terreno fertile, ideale per la pianta che arriva a toccare anche i 3 o 4 metri) e in Sicilia, negli ultimi anni, si sono trovati molte coltivazioni di cannabis. Le poche decine di piante sequestrate nei campi, più di venti anni fa, sono diventate migliaia agli inizi del duemila e oltre un milione e mezzo nel 2007, fino a toccare la cifra record di più di 4milioni nel 2012. Quest’anno, al primo luglio, si è già arrivati a oltre sessantamila piante. Tolte una ventina di province, nelle restanti, le forze di polizia hanno sempre trovato – in casa o nei campi – qualche arbusto della cannabis. Anche nel corrente mese di luglio non sono mancate le “scoperte” da parte di polizia e carabinieri di “aziende agricole” non proprio legali come è accaduto il 23 luglio scorso, in provincia di Sassari, con quattrocento piante di canapa indiana trovate tra gli uliveti e curate da due agricoltori (arrestati). Alcuni giorni dopo era toccato ai carabinieri di Taurianova scoprire un’enorme distesa di piante di cannabis (ben 12mila) disseminate in alcune serre nella frazione di San Martino e pronte per la spedizione. Un commercio, dunque, davvero in forte espansione.

D’altronde, sono anche aumentati i negozi (grow shop) che vendono semi di canapa (oggi se ne contano oltre trecento in tutto il territorio nazionale), fertilizzanti, manuali per l’approntamento delle coltivazioni, impianti di illuminazione e stimolanti per la crescita delle piante (in media tre  mesi è il tempo medio per la fioritura). L’offerta della cannabis, insomma, non proviene più soltanto dal Marocco, dall’Albania e dal Libano, ma anche da una produzione interna che appare in forte espansione. Il guadagno, da queste attività in proprio, d’altronde, non è male se si pensa che una pianta di cannabis (un seme costa mediamente 5 euro) può rendere anche tre o quattrocento euro. E con una cinquantina di piante il gruzzolo si fa particolarmente interessante.

In Emilia Romagna, sempre nel 2017, alla data del primo giugno, la “ricerca” delle forze dell’ordine ha portato al sequestro complessivo di 1.689 piante di cui 688 a Bologna, 655 a Forlì e 96 a Modena, 231 a Reggio Emilia, 15 a Piacenza, 11 a Rimini e 3 a Parma ( dati DCSA, ancora non stabilizzati). Insomma, gli affari con la cannabis vanno decisamente bene e poco importa se ci sono problemi per la salute pubblica.

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