Con Andrea Palladino contro le minacce dei fascisti identitari
Di Andrea Palladino i fascisti hanno detto che “è isolato” e che “può essere sacrificato”. Lo hanno detto e lo hanno scritto ripetutamente sui social, su internet. Messaggi precisi che si sono inseguiti e moltiplicati con un seguito delirante di commenti fatti di nuovi insulti e di nuove minacce. “Isolato” e “sacrificabile”, parole che assomigliano ad un codice inserite in un delirio diffamatorio che è fatto per denigrare la persona prima che il giornalista, fatto sostanzialmente per indicare il nemico. Una tecnica antica e pericolosa. Ma i fascisti non sanno che si sbagliano di grosso, che Andrea non è affatto isolato.
L’inchiesta di Andrea sulla C Star, la nave di generazione identitaria che pretende di difendere l’Europa dai migranti, pubblicata su Famiglia Cristiana, non è piaciuta affatto ai nazicrociati che navigano il Mediterraneo inseguendo le navi delle Ong. Non è piaciuto il clamore che l’inchiesta di Andrea ha suscitato, l’attenzione di tutta la stampa che ha ripreso la sua indagine e l’ha portata in prima pagina.
“Le minacce, gli insulti… Viene da dire che fa parte del mestiere visto che accade sempre più spesso. Questo è un paese nel quale se fai giornalismo di inchiesta il rischio di trovarti di fronte a queste cose è sempre presente.”
La tua inchiesta ha rivelato un retroscena inaspettato nel Mediterraneo dove l’attenzione era tutta centrata sulle Ong e sul codice di condotta del Viminale.
“Io ho cercato di capire chi è Defend Europe. Mentre il dibattito era centrato sulle Ong, abbiamo dimenticato che c’è una nave nel Mediterraneo che insegue e tenta di fermare le navi che fanno soccorso in mare e non si capisce bene a che titolo lo faccia. Se non è una notizia da approfondire questa… L’inchiesta è partita proprio dalla nave, la C Star, che era descritta come una sorta di santabarbara galleggiante, supporto logistico dei contractor che facevano antipirateria nell’oceano indiano. Nave partita da Gibuti, affittata da una società inglese che si occupa di sicurezza in mare e che ha tra i suoi contatti sui social ex forze speciali ucraine, russe. Ho cercato di capire quale fosse il contesto nel quale nasceva l’iniziativa e chi fossero le persone coinvolte. Ho trovato profili simili tra loro, come quello del vice comandante della C Star, un ex militare il cui nome è al centro di una interrogazione parlamentare che chiede conto dei post dichiaratamente neonazisti che pubblicava sui social. Bisogna tenere presente che Defend Europe prima era Defend Lampedusa, il cui logo era un branco di squali che nuotava sotto due barconi carichi di migranti.
L’aspetto più inquietante dell’inchiesta sono questi due contractor italiani, i due “esperti di sicurezza” della Imi security service, imbarcati sulla nave di Save the Children, che hanno denunciato per primi i cosiddetti “comportamenti anomali” gli sconfinamenti in acque libiche, fornendo le prime testimonianze all’inchiesta della Procura di Trapani sulla nave Iuventa della Ong tedesca Jugen Rettet. E poi la presenza “anomala” di Gian Marco Concas ex marina militare, uno dei portavoce di Generazione identitaria e che si definisce direttore tecnico dell’operazione Defend Europe, nel gruppo aziendale su FB della Imi, ovvero la società dei due contractor.
Insomma l’inchiesta non ha fatto altro che mettere in fila i nomi e i fatti e credo ci sia ancora molto da raccontare.”
Gian Marco Concas è autore di un lungo video nel quale minaccia senza troppe remore Andrea, lo chiama “vuoto a perdere”. Sul suo profilo facebook rilancia ed esalta le “gloriose gesta” della nave identitaria, trasforma in fake news l’arresto per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di Cipro, il rifiuto del soccorso di una nave Ong per un guasto al motore, il blocco dei porti di Sfax da parte dei pescatori tunisini e di Catania per evitare l’attracco della C Star.
“È vero, appaiono ridicoli e sfortunati, ma credo sia un errore sottovalutarli. Hanno mostrato una efficiente capacità organizzativa, hanno raccolto oltre duecentomila dollari in poco tempo. E poi anche gli episodi come l’arresto a Cipro per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina si sono risolti in una bolla di sapone. Anche in Egitto sono stati fermati e poi rilasciati senza nessuna conseguenza. La domanda legittima a questo punto è: “è intervenuto qualcuno?”
Materiale di partenza per altre inchieste probabilmente. Adesso però l’attenzione va posta su Andrea e la sua incolumità perché il gioco ad indicare il nemico è molto pericoloso, perché l’attacco a lui è un attacco a tutti noi.
“Mi è successo altre volte come quando seguivo processi di ndrangheta ed il capocosca quando mi vedeva in tribunale diceva ai suoi “ecco il pezzo di merda che scrive di noi”. Il giornalista che approfondisce da fastidio e viene indicato come “nemico”. Ma questo non è un fatto personale, secondo me questo è un attacco in generale al giornalismo. A queste persone va bene quando i giornalisti riportano i loro comunicati, i loro punti di vista. Non va più bene quando il giornalista approfondisce, fa inchieste, si fa domande, costruisce dei collegamenti, cerca di collocare i fatti nel contesto. È un problema che va oltre la persona, non riguarda Andrea Palladino, ma tutta la categoria. E ovviamente più è corale la risposta meno efficace è la minaccia. La parola solidarietà è la miglior protezione. Ricordiamo che sono moltissimi i colleghi insultati e minacciati, spesso anche in situazioni peggiori della mia attuale. È importante non scordarlo mai.”
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