Migranti e futuro
È da molti anni ormai che sentiamo parlare, anche agli alti livelli della politica e delle istituzioni (nazionali e comunitarie), delle migrazioni e delle problematiche collegate ma anche delle potenzialità che possono dare alle società che accolgono i migranti. Prendiamo, ad esempio, l’interessante discorso fatto a Rimini il 26 agosto del 2009 da Mario Draghi, allora Governatore della Banca d’Italia, in occasione del meeting di Comunione e Liberazione, che parlava di immigrazione come risorsa che va governata per “..evitare i gravi problemi che essa pone sotto il profilo della integrazione sociale e culturale”.
Draghi, da qualche anno, come noto, presidente della BCE, articolava il suo intervento ricordando che “..i cittadini stranieri in Italia sono in media più giovani e meno istruiti degli italiani ma partecipano in misura maggiore al mercato del lavoro e svolgono mansioni spesso importanti per la società e l’economia italiane, anche se poco retribuite”. Le previsioni che venivano fatte allora erano già preoccupanti:”Esercizi basati su recenti proiezioni demografiche dell’Istat, suggeriscono che entro il 2050 circa un terzo delle persone residenti in Italia con meno di 24 anni avrà almeno un genitore straniero, un valore in linea con quello registrato oggi negli Usa e in Canada. Questo significa che la componente straniera della popolazione contribuirà in misura significativa a determinare il livello e la qualità del capitale umano su cui si fonderà la nostra economia , condizionandone la crescita”.
Considerazioni ignorate dai vari governi e comunque sottovalutate, che conservano una straordinaria attualità. La stessa poca considerazione riservata, anni dopo, allo studio del Cnel (“Flussi di popolazione, strutture socio-economiche, prospettive migratorie dell’area euro-africana”, maggio 2011), elaborato dal demografo della LUISS, Antonio Golini, in cui, tra l’altro, si delineavano prospettive devastanti collegate ai flussi migratori provenienti dall’Africa sub sahariana. Basti pensare che, nello studio, si sottolineava come la popolazione europea che, nel 2010 era di circa 730milioni di cittadini sarebbe scesa, nel 2050, a circa 650milioni, mentre quella dell’Africa che era di 863milioni sarebbe aumentata a un miliardo e 700milioni. I problemi, allora, saranno molto più grandi degli attuali perché la fame e le gravi oppressioni politiche ed economiche spingeranno consistenti masse di stranieri ad abbandonare paesi poveri con l’illusione di approdare in paesi ricchi, dove i diritti della persona sono, in linea di principio, rispettati, dove è possibile lavorare.
Già, lavorare. Non siamo forse noi ad aver bisogno di trovare qualcuno, quasi sempre straniero, che curi i nostri anziani, che faccia loro compagnia, che li assista quando non sono più autosufficienti? Non siamo sempre noi ad aver bisogno di operai per l’edilizia, di camionisti, di panettieri, di lavapiatti, di macellatori, di camerieri e commessi, di addetti alle pulizie, di manodopera per la raccolta dei pomodori, delle olive, delle arance, dell’uva, delle mele, di allevatori di bufale, di mungitori di mucche, di calciatori “fuoriclasse” per le diverse squadre e per soddisfare le aspettative di migliaia di sportivi? Abbiamo, come si dice, il coltello dalla parte del manico se pensiamo al denaro ma, dal punto di vista dell’esistenza siamo “bisognosi”,persone, cioè, che dipendono dall’aiuto di altri.
Niente di scandaloso intendiamoci, non ci sono uomini né paesi autosufficienti e non c’è motivo, per questo,di sentirsi mortificati. Ce n’è per non sentirsi arroganti, per non sentirsi abitanti dei piani superiori della vita, per non guardare gli altri, i poveri, i più sfortunati, con sospetto e schizzinosità. È vero che nella nostra società la povertà appare spesso una colpa, ma questo dipende da un astigmatismo sociale con cui si continuano a vedere in modo alterato i dati dei problemi della nostra società.
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