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Le droghe e la colonizzazione della criminalità organizzata

Piero Innocenti il . Droga

narcotrafficoIl consumo di stupefacenti di vario genere si va sempre più estendendo, con effetti devastanti per la salute delle nuove generazioni in tutti i paesi, anche quelli del terzo e quarto mondo. Il danno è incalcolabile quando si tratta di risorse umane. Per giunta i capitali che le varie organizzazioni criminali riescono a riciclare, non sempre e non interamente vengono reinvestiti nella patria di origine; è buona regola di prudenza e di profitto fare investimenti all’estero, laddove i rendimenti possono essere più alti e, in caso di problemi giudiziari, si può trovare rifugio, in volontario e dorato esilio. Per giunta, come noto, le organizzazioni sono per lo più transnazionali ed è piuttosto dubbio che i proventi maggiori finiscano nelle tasche, per così dire, dei paesi produttori. I circuiti del denaro, degli affari, degli investimenti finiscono pur sempre per ruotare attorno ai centri della finanza mondiale, e i capitali hanno la tendenza a concentrarsi laddove  ci sono forti e stabili economie e maggiori garanzie per il futuro, ossia, ancora una volta, contribuiranno a rendere più ricchi gli Stati già ricchi. Su questo punto vale la pena leggere uno dei cinque booklet dedicato appunto al riciclaggio, in cui si articola quest’anno il “World Drug Report 2017” pubblicato lo scorso giugno dall’UNODC.

Il paese disposto a tollerare il narcotraffico e le altre attività dei gruppi organizzati, si troverà presto totalmente soggetto a questi, in una forma di colonizzazione ben più pericolosa di quella sperimentata, perché più subdola non essendo sovrapposta e riconoscibile in quanto estranea ma intrecciata e radicata nel tessuto sociale e politico, sicuramente più difficile da estirpare. Questo paese non potrà godere della fiducia internazionale; sarà isolato, sarà considerato un pericolo, un potenziale nemico e non un partner su cui fare affidamento, a cui fornire assistenza e aiuto.

Tutto questo deve farci riflettere che l’idea che il pericolo sia prevalentemente per il  mondo dei ricchi mentre quello dei poveri possa trarne vantaggio è un falso clamoroso, usato come alibi dalle classi corrotte di certi Stati per giustificare inerzie e complicità più o meno evidenti. Motivazioni demagogiche e fumose, sbandierate alla stregua dello stantio argomento della gelosia della propria sovranità, quando si tratta di adeguarsi a normative internazionali sgradite. Tuttavia, se compito degli Stati poveri è liberarsi da questi pregiudizi (soprattutto da questi gruppi dirigenti che li usano per confondere le masse), la responsabilità degli altri, dei ricchi,dei potenti è ancor più grave. A loro tocca eliminare i sospetti, non giustificare i pregiudizi di cui si accennava, legittimando indirettamente quelle dirigenze politiche; a loro spetta, di fronte ad una storia di prevaricazioni e sfruttamenti, impedire che i vantaggi delle loro economie continuino a fondarsi sul drenaggio delle risorse naturali dei paesi in via di sviluppo, che le multinazionali legali sottraggano, per altre vie, ricchezze ben maggiori degli stanziamenti che vengono decisi nei consessi internazionali. Si tratta di discorsi niente affatto scontati, che si giocano sui crinali ambigui dell’economia e della politica a livello internazionale, laddove i confini tra legale e illegale non sono sempre marcati e riconoscibili e le violazioni non sono facilmente perseguibili con i mezzi del singolo Stato, degli Stati della comunità mondiale. Non è semplicemente un’esigenza etica, un fatto di giustizia sociale internazionale. In realtà corrisponde ad un preciso interesse generale guardando all’utile politico effettivo della intera comunità mondiale e non a quello di gruppi dirigenti condizionati da visioni egoistiche e parziali.

La delinquenza organizzata tende ad annidarsi, a fissare le sue radici, le sua basi, laddove il rischio imprenditoriale dell’illegalità (per usare un termine tecnico) è più basso; ossia, più semplicemente, laddove le condizioni giuridiche, politiche e sociali favoriscono i suoi interessi.

Finché ci saranno paesi in preda all’instabilità politica, al disordine legislativo e poliziesco, alla povertà, all’incultura, al sottosviluppo, per i gruppi criminali di ogni parte della Terra ci saranno zone d’ombra nelle quali poter prosperare indisturbati. E di questo ne sono ben consapevoli anche le mafie italiane.

Estate 2017: processo di narcotizzazione diffusa in fase avanzata

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