Gli strumenti normativi e amministrativi per contrastare l’immigrazione clandestina
Non è così semplice controllare – o anche soltanto arginare – l’immigrazione clandestina, in particolare quella proveniente dal mare (oltre 88mila i migranti soccorsi/sbarcati nel 2017 a metà luglio) e contrastare i contrabbandieri di persone che la gestiscono. Non è così semplice come potrebbe sembrare leggendo alcune dichiarazioni pubbliche e valutazioni semplicistiche fatte da alcuni esponenti politici e da gente comune.
Ci sono, infatti, nome di diritto interno, sovranazionale e internazionale da rispettare oltre a rilevanti implicazioni di ordine politico, sociale ed economico da considerare. Ci sono, inoltre, problemi di giurisdizione penale nazionale tra cui quelli collegati ad interventi fatti su imbarcazioni che trasportano migranti in acque internazionali. Insomma, non è così facile contrastare le organizzazioni criminali, a carattere transnazionale, che introducono nel territorio dello Stato migranti irregolari violando così la legge penale italiana, in particolare l’art.12,del D.Lgs. n.286/1998 che punisce il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
È il comma terzo a prevedere che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurare illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni e con la multa di 15mila euro per ogni persona nel caso in cui: a) il fatto riguarda l’ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone; b) la persona trasportata è stata esposta a pericolo per la sua vita o per la sua incolumità per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale; c) la persona trasportata è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale; d) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti; e) gli autori del fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti.
Ricorrendo due o più delle ipotesi sopraindicate del comma tre, la pena prevista è aumentata (così il comma 3 bis). Il comma sette dello stesso articolo prevede, inoltre, che nel corso di operazioni di polizia finalizzate al contrasto dell’immigrazione clandestina, disposte nell’ambito delle direttive di cui all’art.11 (riguardante il potenziamento e il coordinamento dei controlli di frontiera) comma 3, gli ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza operanti nelle province di confine (quindi gli appartenenti non solo alle forze di polizia ma anche quelli dei corpi e servizi di polizia locale) e nelle acque territoriali possono procedere al controllo e alle ispezioni dei mezzi di trasporto e delle cose trasportate ancorché soggetti a speciale regime doganale, quando, anche in relazione a specifiche circostanze di luogo e di tempo, sussistono fondati motivi che possono essere utilizzati per uno dei reati previsti dal citato art.12.
Controlli e ispezioni che saranno verbalizzati in appositi moduli da trasmettere entro 48 ore al procuratore della Repubblica competente il quale, ricorrendone i presupposti, convalida nelle successive 48 ore. Nelle stesse circostanze, soltanto gli ufficiali di polizia giudiziaria, possono procedere a perquisizioni con l’osservanza delle disposizioni ex art.352, commi 3 e 4 del codice di procedura penale.
In mare tutto si complica a seconda che si tratti di intervenire in acque territoriali, zone contigue o acque internazionali. Così, il comma 9 bis del D.Lgs. sopraindicato, prevede che la nave italiana che incontri nel mare territoriale o nella zona contigua, una nave di cui si ha fondato motivo di ritenere che sia adibita o coinvolta nel trasporto illecito di migranti, può fermarla, sottoporla ad ispezione e, se vengono rinvenuti elementi che confermino il coinvolgimento della nave in un traffico di migranti, sequestrarla per condurla in un porto dello Stato. Con il comma 9 quater, gli stessi poteri di cui al comma 9 bis possono essere esercitati al di fuori delle acque territoriali, oltre che da parte delle navi della Marina Militare, anche da parte di quelle in sevizio di polizia, nei limiti consentiti dalle leggi, dal diritto internazionale o da accordi bilaterali o multilaterali,se la nave batte la bandiera nazionale o anche quella di altro Stato ovvero si tratti di una nave sena bandiera o con bandiera di convenienza.
Le linee operative di intervento, non così semplice, sono state stabilite con il decreto del Ministro dell’Interno del 14 luglio 2003 (sul quale contiamo, presto di fare alcune considerazioni). In tema di soccorso in mare vorrei ricordare, infine, quanto sancito dall’art.1158 del Codice della Navigazione secondo cui il comandante di nave, di galleggiante o di aeromobile nazionali o stranieri che omette di prestare assistenza ovvero di tentare il salvataggio nei casi in cui ne ha obbligo a norma del suddetto codice, è punito con la reclusione fino a due anni, da uno a sei anni se deriva una lesione personale, da tre a otto anni se deriva la morte. Lieve la pena, solo fino a sei mesi di reclusione, se il fatto è commesso per colpa.
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