Turchia, un anno dopo
Un anno fa, dopo il tentativo di colpo di Stato nella notte fra il 15 e il 16 luglio, iniziava in Turchia la deriva totalitaria con l’arresto, sin dal mattino successivo, di giudici e pubblici ministeri accusati di “terrorismo”, la dichiarazione dello stato di emergenza, gli arresti in massa di avvocati, magistrati, professori, giornalisti, intellettuali, funzionari pubblici e di tutti coloro che sono stati ritenuti “oppositori” del governo. La repressione non accenna a fermarsi. Nei giorni scorsi, sono stati arrestati il Presidente di Amnesty International Taner Kiliç e una serie di attivisti della stessa Ong.
«Secondo l’agenzia di stampa ufficiale turca Anadolu, oltre 50mila persone sono in carcere per presunti legami con Gulen (ritenuto l’ispiratore del golpe, ndr). Più di 120mila persone, tra dipendenti pubblici e uomini delle forze di sicurezza, sono state rimosse dall’incarico dal tentato golpe. Le epurazioni non risparmiano generali e giudici, insegnanti e giornalisti. Decine di organi di informazione vengono chiusi e dietro le sbarre ci sono tra i 153 e i 170 reporter (secondo varie organizzazioni locali e internazionali)», rilancia in una nota del 13 luglio l’agenzia Adnkronos.
A fronte del silenzio assordante e delle reazioni incerte delle istituzioni europee, è necessario mantenere alta l’attenzione su quel che accade in Turchia e continuare a mobilitarsi in difesa dei principi democratici e dello Stato di diritto.
Con questo obiettivo, pubblichiamo di seguito il testo della lettera inviata il 13 luglio al Presidente della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo da Ignazio Patrone (magistrato italiano di collegamento in Francia), David Cerri (avvocato del foro di Pisa) e Franco Ippolito (magistrato – Presidente del Tribunale Permanete dei Popoli), allegando l’appello aperto alla sottoscrizione di giuristi e associazioni di giuristi del 25 marzo di quest’anno e quello della scorsa estate, che ha raccolto migliaia di firme in tutta l’Europa, e la lettera del 3 luglio di Aydin Sefa Akay – giudice turco del Mechanism for International Criminal Tribunals dell’Onu – indirizzata a Ignazio Patrone quale firmatario dell’appello del 25 marzo sottoscritto da Magistratura democratica.
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La lettera al Presidente della Corte europea dei diritti dell’uomo Guido Raimondi
Signor Presidente,
è trascorso quasi un anno dal colpo di Stato in Turchia, seguito dalla più vasta, sistematica e cinica repressione vista in Europa da molti decenni, una vera e propria “purga”.
Dietro all’accusa di far parte di un movimento antigovernativo, definito semplicisticamente come “terrorista”, decine di migliaia di magistrati, militari, giornalisti, poliziotti, sono stati radiati, molti di loro arrestati e tuttora in detenzione.
Pochi giorni or sono si è proceduto all’arresto, sempre con la grottesca accusa di terrorismo, del Direttore e degli attivisti di Amnesty international.
Si è giunti persino all’inaudito gesto di arrestare e processare – nonostante le proteste internazionali – un cittadino turco che gode di immunità diplomatica quale membro delle giurisdizioni delle Nazioni Unite, Aydın Sefa Akay.
Nulla è cambiato dal luglio del 2016, la giustizia viene amministrata da ciò che resta di un corpo giudiziario impaurito dalla repressione e nessuna garanzia di effettivo esercizio delle loro prerogative nel processo viene riconosciuta agli avvocati, anch’essi (e da molto tempo prima del colpo di stato) colpiti da arresti e minacce.
Signor Presidente, come giuristi che si sono nutriti della Convenzione europea e della giurisprudenza della Corte, non possiamo nasconderle che non riusciamo a spiegarci la mancata reazione delle istituzioni del Consiglio d’Europa a queste violazioni che ci paiono sistematiche, continue e gravissime: così come rispettosamente non riusciamo a comprendere come la Corte da Lei presieduta non abbia, sino ad oggi, emesso una sola sentenza di merito sui numerosi casi che pure le sono stati presentati.
Noi vogliamo continuare a credere che l’Europa della Convenzione sia la stessa per tutti i suoi cittadini e che venga garantita l’effettività di diritti tante volte affermati dalla nostra Corte.
Con gratitudine e fiducia
Roma-Parigi, 13 luglio 2017
Ignazio Patrone, magistrato italiano di collegamento in Francia
David Cerri, avvocato del Foro di Pisa
Franco Ippolito, magistrato – Presidente del Tribunale Permanente dei Popoli
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La lettera del giudice Aydin Sefa Akay
To the kindest attention:
Dott. Ignazio Patrone
Magistrato di Collegamento Italia-Francia
Magistratura Democratica
Istanbul, 03/07/2017
Dear dott. Patrone,
Please accept my sincere gratitude for the invaluable support you gave, especially trough the petition by Magistratura Democratica about the European Court of Human Rights, during my incarceration. I’ve been extremely touched to receive all of your support for the name of law in general and of humanitarian law in particular.
I have been released after an oddly expedited and unjust verdict. I am waiting for the reasoned decision to be written for appeal. I know very well why they expedited the process without examining the case properly. I know very well that they are aware of the unlawfulness of my captivity vis a vis the absolute immunity I have as a UN Judge.
The only reason for conviction has been a fabricated offense, namely downloading and messaging through a cell phone application ByLock.
Although using that application cannot be an evidence of any crime by itself, ruled as if using it was a codified offense in my case. According to the Turkish Ruling unfortunately I can’t leave Turkey.
I have been banned to go out of the Country. Since I have to sit at the Appeal Chamber for Ngirabatware Case in MICT and still enjoying immunity from legal process from Turkey, I will appeal to the Turkish Court to reverse the ruling regarding the ban to leave Turkey. Meanwhile I am waiting for a decision from European Court of Human Rights concerning my immunity from Turkish Jurisdiction.
Hopefully these difficult days will come to end soon and I will continue to sit in my Court to do my best for the name of humanity. I will also continue to fight with all of the means available to me and look forward to obtaining my vindication and in so do my part in the fight to establish the rule of law in Turkey.
Aydın Sefa Akay
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Alla ricostruzione dei tragici eventi che hanno segnato la durissima repressione seguita al colpo di Stato e l’attacco allo Stato di diritto è dedicato il focus sulla Turchia nel report annuale pubblicato lo scorso 23 maggio in occasione dell’Alert day for the Independence of Justice, dall’associazione MEDEL – Magistrats européens pour la démocratie et les libertés.
Quest’anno il report non è stato scritto dai magistrati di YARSAV, l’associazione di giudici e di pubblici ministeri turchi fondata nel 2006 che aderiva a Medel e che da tempo aveva lanciato l’allarme sui segnali di crisi dello Stato di diritto nel Paese. L’associazione è stata sciolta con decreto governativo e il suo Presidente Murat Arslan destituito come molti suoi colleghi, e da tempo in stato di detenzione.
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