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DNA, allarme anche per l’Emilia Romagna

Sofia Nardacchione il . Emilia-Romagna

ndrangheta-emiliaNon ci colgono di sorpresa i dati che emergono dalla Relazione della Direzione Nazionale Antimafia relativa al periodo che va dal 1° luglio 2015 al 30 giugno 2016, ma vedere nero su bianco determinate affermazioni fa sicuramente impressione, e lo stesso effetto dovrebbe fare a quelle persone che ancora negano una presenza delle mafie su tutto il territorio nazionale e non solo e a quei professionisti che ancora si sentono esclusi da ragionamenti del genere.

Anche a livello generale la ‘ndrangheta è senza dubbio la mafia analizzata maggiormente, a dimostrazione della sua sempre maggiore potenza, ramificazione ed espansione.
Nel capitolo dedicato all’analisi della mafia calabrese si legge che il primo dato da tenere in considerazione è proprio il rapporto che c’è tra questa associazione e l’imprenditoria: “si è trattato, in taluni casi, di veri propri imprenditori mafiosi, in altri, di operatori economici che, mettendo le proprie attività a servizio, in vario modo, dei sodalizi di ndrangheta, ne hanno ricavato notevoli profitti o, comunque, facilitazione nell’aggiudicazione di gare e commesse pubbliche e posizioni di preminenza sostanziale nel vari settori di operatività”. In Emilia Romagna lo stiamo vedendo chiaramente con il processo Aemilia, in cui sta emergendo una vastissima zona grigia composta da professionisti che mettono a disposizione delle mafie – nel caso specifico della ‘ndrangheta emiliana – le proprie capacità e competenze. Proprio in queste giorni nel Tribunale d’Appello di Bologna, nelle udienze del secondo grado dei riti abbreviati di Aemilia, l’accusa sta facendo le richieste di pena: in quasi tutti i casi i Pubblici Ministeri hanno confermato la posizione presa in 1° grado con condanne molto alte che vanno a colpire proprio quei professionisti considerati collusi. Così, per Roberta Tattini – la consulente finanziaria bolognese – l’accusa ha chiesto 8 anni e 8 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa; per i due politici che erano stati assolti, Giuseppe Pagliani e Giovanni Paolo Bernini, sono stati chiesti rispettivamente 8 e 6 anni; per Giulio Gerrini, ex capo ufficio dei Lavori Pubblici nel comune terremotato di Finale Emilia accusato di abuso d’ufficio continuato, la richiesta è di 2 anni e 4 mesi.

La lista potrebbe continuare ancora e ancora, purtroppo, a conferma appunto di quanto emerge dalla Relazione della Dna, dove si legge: “L’indagine ‘Aemilia’ ha segnato un momento di svolta dell’attività investigativa sul territorio, avendo, la stessa, acceso un potente riflettore su una struttura criminale di ndrangheta diffusa e pervasiva, capace di controllare l’economia ed il sistema imprenditoriale, di avere rapporti con le istituzioni e con le pubbliche amministrazioni e di porsi come azienda di servizi avvalendosi di professionalità di quei luoghi, completamente, asservite ai suoi scopi. Significative, sul punto, alcuni passi della motivazione della sentenza di condanna emessa dal GUP di Bologna a carico della quasi totalità degli imputati che hanno optato per il “giudizio abbreviato”, in cui si legge del“salto di qualità della ‘ndrangheta” con la fuoriuscita dai confini di una micro- società calabrese insediata in Emilia..” ed ancora di “un vero e proprio sistema capace di influenzare l’economia, generando un serio pregiudizio alla libera concorrenza, in particolare, nell’edilizia e nei trasporti. Un centro di potere imprenditoriale mafioso creato in Emilia rappresenta uno strumento a disposizione della cosca locale per generare e moltiplicare ricchezza ed allo stesso tempo… ”. Le indagini avviate in relazione alle diverse situazioni emerse e non approfondite nell’attività originaria, hanno portato all’emissione di otto titoli cautelari anche di natura reale, con il sequestro di svariate attività economiche e partecipazioni societarie, fittiziamente intestate a terzi, ma nella reale disponibilità di soggetti legati alla cosca Grande Aracri.

Sono dati che confermano, in modo inequivoco, la visione strategica ed imprenditoriale del sodalizio calabrese, seguita attraverso l’immissione e la circolazione del capitale illegale nel circuito dell’economia legale, in un territorio, quale quello emiliano, con un tessuto relazionale costruito in anni di operatività di numerose imprese. Una ndrangheta, dunque, la cui azione è stata caratterizzata da un approccio di basso profilo e dal ricorso ad una pianificata ed organizzata infiltrazione nel tessuto economico-produttivo mediante figure anonime e qualificate, ben lontane, almeno formalmente, dagli affiliati calabresi stanziali nei territori di origine. Vi è stato anche qui un pesante condizionamento dell’attività politico-amministrativa, per come dimostrato inequivocabilmente dallo scioglimento del Comune di Brescello, sancito con Decreto del Presidente della Repubblica in data 20 aprile 2016.

Più in generale, per la ‘ndrangheta gli ambiti di interesse principali continuano, in buona parte, ad essere gli stessi: quelli “dell’edilizia e in particolare il “movimento terra”, dei trasporti, dello smaltimento rifiuti, logistica (facchinaggio, pulizie), nonché società immobiliari e di gestione di centri o, comunque di attività commerciali di varia tipologia, impianti sportivi”, ma a questi si aggiunge il settore relativamente nuovo – che era stato al centro del processo Black Monkey – delle scommesse e dei giochi d’azzardo, anche on line.

Quella delineata dalla Direzione nazionale antimafia è, insomma, “una ‘ndrangheta presente in tutti i settori nevralgici della politica, dell’amministrazione pubblica e dell’economia, creando, in tal modo, le condizioni per un arricchimento, non più solo attraverso le tradizionali attività illecite del traffico internazionale di stupefacenti e delle estorsioni, ma anche intercettando, attraverso prestanome o, comunque, imprenditori di riferimento, importanti flussi economici pubblici ad ogni livello, comunale, regionale, statale ed europeo. Altra, amara, riflessione, è quella relativa al fatto che tale azione investigativa ha dato conferma di come la ‘ndrangheta continui a dimostrare grande capacità di rendere funzionale al raggiungimento dei propri obiettivi di radicamento capillare sul territorio e di controllo di tutte le attività economiche ivi operanti, il bisogno di lavoro che attanaglia gran parte delle famiglie calabresi (e non solo, aggiungerei), soprattutto i giovani”.

Dati più specifici per l’Emilia Romagna vengono dati dalla Direzione Distrettuale Antimafia : in primo piano vengono posti due gruppi criminali, quello dei casalesi e la ‘ndrangheta, che si sono insinuati nei settori dell’edilizia, del gioco d’azzardo, dei trasporti e del traffico di sostanze stupefacenti. Ma, mentre la presenza criminale dei casalesi si è notevolmente ridotta “risentendo dei duri colpi inferti nei territori campani dalla incisiva azione giudiziaria della DDA di Napoli e dello sbandamento provocato dall’arresto di tutti i latitanti”, la presenza della ‘ndrangheta è ancora molto forte, anche se altrettanto forte è stato l’impatto “esercitato dagli esiti dell’inchiesta Aemilia”. Si legge infatti che “di fronte ad una criminalità compenetratasi nel mondo artigianale ed imprenditoriale reggiano, seguendo una precisa strategia di azione a tutto campo, diretta, anche, a creare rapporti con la stampa, non v’è dubbio che organizzare una efficace azione di contrasto, sia degli uffici giudiziari che delle forze di polizia giudiziaria, per arginarne l’espansione, rappresenti una priorità condivisibile”. E, riprendendo il tema già approfondito dalla Dna, la Dda specifica che “i fenomeni criminali, anche quelli presenti in territori diversi da quelli di origine, si sono tradizionalmente manifestati all’esterno e resi visibili con condotte tipicamente mafiose, con la forza dell’intimidazione, con la prevaricazione e con la violenza (ne avevamo parlato poco più di un mese fa: La ‘ndrangheta emiliana che fa paura ndr), tanto più, in quei contesti, ancora riottosi e resistenti alla cultura propriamente mafiosa. L’obiettivo prevalente o, potremmo dire, esclusivo delle mafie, almeno al momento del primo insediamento, è, infatti, quello di affermare il dominio mafioso sul territorio e di diffonderne le regole con tutte le conseguenze che ne derivano.

Ebbene per conseguire il controllo del territorio, la criminalità organizzata utilizza, gioco forza, soggetti appartenenti all’ala militare e si avvale di altri corregionali, trasferitisi altrove, per supportarne, anche logisticamente, l’operato, confidando nella loro affidabilità e nel rispetto del comune codice mafioso. Raggiunto il risultato, però, è necessario creare, progressivamente, le condizioni per infiltrarsi nei centri di potere e negli enti territoriali e per penetrare nella realtà economica locale. In questa fase, decisiva per riciclare i proventi delle attività criminali, le figure tradizionali di criminali mafiosi, fino ad allora protagoniste, lasciano il posto a figure professionali ed imprenditoriali locali, insospettate ed insospettabili, del tutto sganciate dalle dinamiche interne dell’organizzazione. Il sodalizio, infatti, per espandere la sua influenza anche in altri territori, deve mimetizzarsi nel tessuto sociale del luogo, insinuarsi nella realtà economica locale ed investire il capitale mafioso, senza destare sospetti, nelle attività imprenditoriali ed economiche legali”.

Questo, secondo la Dda bolognese, è un contesto che si ripropone in generale per il radicamento della ‘ndrangheta nel Nord Italia, anche per il livello di autonomia delle cosche rispetto alla casa madre calabrese. Ancor più necessario è quindi un coordinamento nazionale non solo da parte delle forze dell’ordine, ma anche da parte di quella cittadinanza che ne è coinvolta e danneggiata. Riferendosi sempre agli importati risultati processuali raggiunti con Aemilia – ricordando che sono attualmente in corso il primo grado a Reggio Emilia, il secondo grado dei riti abbreviati a Bologna e il primo grado dei riti abbreviati di Aemilia Bis che si concluderà entro luglio –  dovranno seguire “serie ed approfondite riflessioni della società civile, da sempre negazionista, ed un recupero graduale della legalità”.

Processo Aemilia bis al via

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