Sicurezza nelle città, le polemiche a Milano
Torniamo a fare qualche considerazione sul tema della (in)sicurezza nelle città, dopo le recenti “garbate” critiche (4 e 5 maggio scorso) del sindaco di Milano nei confronti del Questore per una sua ritenuta tardiva comunicazione al primo cittadino di una operazione di polizia alla stazione Centrale. Lo facciamo tenendo bene in conto anche quanto pubblicamente dichiarato alcuni giorni prima (25 e 28 aprile) dal ministro dell’interno Minniti, rispettivamente a Pescara e a Milano, in un incontro con i sindaci, sottolineando, tra l’altro, come questi ultimi siano “i migliori alleati per difendere le città” e come “a Milano il modello di sicurezza stia funzionando”.
Minniti è un esperto uomo politico e profondo conoscitore degli apparati della sicurezza italiani (alcuni anni fa è stato tra l’altro vice ministro dell’interno con la delega alle questioni della pubblica sicurezza e, più recentemente, sottosegretario della Presidenza del Consiglio con delega sui Servizi) e quando parla di sicurezza, di integrazione e controllo dei flussi migratori come un “progetto intorno al quale si gioca un pezzo del futuro della democrazia italiana”, afferma una verità sacrosanta, che fino a tempi recenti buona parte della classe dirigente aveva messo in secondo piano nell’agenda politica nazionale. Dunque i sindaci sono “un caposaldo del nostro paese” (è sempre Minniti che lo afferma) in uno scenario in cui, in virtù della recente legge di conversione (n.48 del 18 aprile 2017 su G.U. n.93 del 21 aprile) del decreto sulla tutela della sicurezza nelle città e del decoro urbano, il loro ruolo, in particolare quali tutori della “sicurezza urbana”, viene esaltato attribuendo nuove funzioni e poteri.
Si parla, così, nella relazione illustrativa che ha accompagnato il provvedimento normativo nel suo iter di conversione, di pluralismo istituzionale e di promozione della sicurezza integrata, di regolamenti comunali che definiscano interventi per la prevenzione di fenomeni di criticità sociale e situazionale che incidono negativamente sulla sicurezza urbana ” bene pubblico” sul quale intervenire in base a patti tra Prefetto e Sindaco (nel rispetto di linee guida del Ministro dell’Interno), di Comitato metropolitano, copresieduto dal Prefetto e dal sindaco quale organo deputato all’analisi delle tematiche in materia di sicurezza urbana relative al territorio della città metropolitana. Fermo restando che la legge di conversione in questione disciplina modalità e strumenti di coordinamento tra Stato, Regioni e Comuni in materia di politiche pubbliche per la sicurezza intergrata, in nessuna parte del provvedimento normativo si fa riferimento, anche indiretto, ad un “obbligo”, da parte del Questore, di una informazione preventiva, nei confronti del Sindaco, su operazioni di polizia di sicurezza, di polizia giudiziaria né, tanto meno, “ad azioni da concordare” su attività di questo tipo. Le doglianze pubbliche di Sala, quindi, riportate da diversi quotidiani (“Il sindaco Sala sul blitz: azione da concordare”, L’Avvenire del 4 maggio; “Sala: informato solo all’ultimo”, MetroMilano; “Sala critica il questore per controlli”, LiberoMilano; “Sala contro il questore per i controlli;andava concordato”, Il Giornale), sono fuori luogo e rischiano di creare confusione su materie, come quella dell’ordine pubblico e della sicurezza, affidate alle autorità statali, già piuttosto complesse anche per la vigenza di molte norme, alcune datate come il vecchio Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (approvato con R.D. 18 giungo 1931 n.773), altre un po’ meno antiche ma bisognevoli, forse, di qualche ritocco (la legge 121/81 sulla riforma dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza), altre ancora troppo giovani o neonate che necessitano di una verifica sul campo (come, appunto, la legge sulla “sicurezza urbana” di cui stiamo parlando).
D’altronde, e torniamo al punto della informazione preventiva e addirittura dell’accordo (!) (“ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit”, ci ricorda un vecchio brocardo latino) così come nella legge 121/1981 è stato sancito(art.14 terzo comma), l’obbligo di informazione, in tempo utile, nei confronti del questore da parte dei comandanti locali dei carabinieri e della guardia di finanza su tutto quanto interessi l’ordine e la sicurezza pubblica nella provincia, nessun cenno è stato fatto per la preventiva informazione al Sindaco nella recente legge. Farlo avrebbe significato porre il Sindaco in posizione di supremazia rispetto al Questore, che rimane sempre, è il caso di ricordarlo, l’autorità locale di pubblica sicurezza nei Comuni capoluogo le cui attribuzioni sono quelle espressamente indicate nell’art.1 del TULPS. L’operazione condotta dalla questura di Milano, peraltro, era non solo di polizia di prevenzione ma anche di polizia giudiziaria, in quanto l’obiettivo erano gli spacciatori di droghe, gli stranieri irregolari (il reato contravvenzionale di “clandestinità” è ancora vigente), i “passeurs” ossia i favoreggiatori/facilitatori dell’immigrazione clandestina. Insomma, le doglianze del sindaco e di alcuni suoi assessori mi sono sembrate fuori luogo e ingenerose nei confronti di chi ha semplicemente fatto il proprio dovere per cercare di riportare sicurezza in contesti urbani difficili.
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