La “mafia nera” sottovalutata
Tra i gruppi criminali stranieri che in Italia hanno dimostrato una notevole versatilità nel traffico degli stupefacenti e nello sfruttamento della prostituzione, unite ad una “forte capacità adattativa all’ambito territoriale in cui si trovano ad operare” (cfr. relazione della DIA, Direzione Investigativa Antimafia, 2017), vi sono, senza dubbio, i nigeriani. Torniamo oggi sul punto, dopo aver già fatto in passato alcune considerazioni sulla criminalità nigeriana, ricollegandoci anche a quanto puntualizzato, più di recente, nella citata relazione della DIA, che parla delle cosiddette “confraternite” nigeriane indicandole come “..vasti e ramificati network criminali internazionali organizzati sul modello dei clan, all’interno dei quali gli affiliati intimidiscono e sottomettono altri membri e soggetti esterni, praticando rituali voodoo, rapine e sequestri di persona”.
In realtà il fenomeno criminale nigeriano, nel nostro paese, secondo l’esperienza investigativa maturata negli anni, è andato via via evolvendo, interessando inizialmente, sin dagli anni Ottanta, il Piemonte, con Torino in testa, la Lombardia, il Veneto e l’Emilia Romagna per poi interessare, in maniera capillare, la Campania, in particolare la zona di Caserta e il litorale Domitio, con insediamenti sempre più consistenti di gruppi malavitosi nigeriani. Situazione ben nota anche ai nostri servizi dell’intelligence che, già nel gennaio 2005, segnalavano a diversi uffici investigativi territoriali come “..le originarie attività illecite, commesse da gruppi isolati, senza una stabile organizzazione, hanno acquisito un peso maggiore nel panorama criminale, conquistando le zone “grigie” del mercato, cioè quelle non controllate dalla malavita organizzata autoctona, che tradizionalmente considerava lo sfruttamento della prostituzione un’attività di basso profilo e poco remunerativa ed utilizzava manovalanza criminale straniera per lo spaccio al minuto degli stupefacenti”.
Gli allarmi lanciati non hanno avuto, tuttavia, la speciale attenzione investigativa sollecitata con il risultato che, oggi, in Italia, “tra le strutture criminali di matrice africana, la più pervasiva appare quella nigeriana, formata da diverse cellule criminali indipendenti e con strutture operative differenziate ma interconnesse, dislocate in Italia e in altri Pesi europei ed extraeuropei” (Ibidem, pag.190). Ci sono, poi, altre formazioni di nigeriani meritevoli di attenta vigilanza e ci si riferisce ad alcuni gruppi cultisti ( o Secret Cults) tra cui i “Bucanieri”, i “Vichinghi”, i Black Axe” (Ascia Nera) e gli Eiye”che in Nigeria, all’interno delle università, si sono resi protagonisti di molti omicidi, intimidazioni e reati predatori. Questi ultimi due gruppi sono presenti anche in Italia e sono attivi nel traffico di stupefacenti, nella tratta di esseri umani e nello sfruttamento della prostituzione, anche in opposizione con altre fazioni rivali della stessa comunità.
L’operazione condotta dalla polizia palermitana – denominata proprio Black Axe – poco più di un anno fa – con l’arresto, per gravi reati, di un gruppo mafioso di diciotto nigeriani tra cui il capo della banda soprannominato “Head della Zone”, commerciante di auto a Padova, è stata, senza dubbio, la più importante, confermando come “..le consorterie in parola abbiano assunto la conformazione di vere e proprie associazioni per delinquere, utilizzando modus operandi tipici delle mafie autoctone, tra i quali la forte propensione ad operare su business di portata transnazionale”(Ibidem, pag. 190). Fonti qualificate hanno confermato la particolare aggressività di molti affiliati ai predetti gruppi ed in particolare quello degli Eiye nel quale si entra a far parte con un vero rito di iniziazione che prevede, oltre ad un versamento di denaro in contanti, una prova di forza consistente nel sottoporsi volontariamente ad un pestaggio, con le mani legate e incappucciati, da parte dei membri più anziani, e un giuramento mentre si assume una bevanda di sangue umano ed alcol, quale segno di fedeltà sino alla morte.
Non mancano i simboli identitari come la lunga “sciarpa azzurra” che indossano i membri Eiye, il gatto nero con basco militare tatuato sulla spalla come distintivo dei “Black Cats” (altro sodalizio presente in Campania ma anche a Padova), il triangolo isoscele privo di base e con due occhi stilizzati alle estremità racchiuso in un cerchio con la scritta “Guarda com’è bello e piacevole per i fratelli dimorare insieme in unità” per la confraternita ROF (Reformed Ogboni Fraternity). Quest’ultima è, probabilmente, la più pericolosa e quella che cura maggiormente la selezione degli adepti con un efficace sistema disciplinare, basato su cruente rappresaglie supportate da asseriti poteri magici. L’affiliazione, che avverrebbe solo in Nigeria, prevede addirittura l’uccisione di una persona cara, di un parente o di un bambino.
La ROF è stata fondata a Obun -Eko (Nigeria) ed ha diverse rappresentanze in Ghana, Senegal, Sud America, Gran Bretagna, Francia e Olanda. Nel contesto nigeriano la ROF è nota per la ferocia delle azioni delittuose e per l’aggressività nei mercati illegali, soprattutto nel narcotraffico, nella tratta di connazionali e nello sfruttamento della prostituzione. In Italia la sede centrale italiana è a Castel Volturno (Caserta), con articolazioni distaccate in Umbria, Veneto, Piemonte, Lombardia e Sicilia. Le prime notizie sulla presenza nel nostro paese della ROF risalgono ad oltre venti anni fa (1995) quando a Torino, in una discoteca, si riunirono diversi nigeriani, non proprio “stinchi di santo”, provenienti da Roma, Napoli e dalla stessa Torino, aderenti ad alcune società semiclandestine nigeriane tra cui Asighidi Society-Italy Branch e United Sisters Club of Italy.
Due anni dopo, un ulteriore incontro organizzativo si ebbe a Giugliano e vi parteciparono numerosi malviventi nigeriani attivi sul nostro territorio nazionale, in particolare in Piemonte e in Campania. Era il periodo in cui si andavano costituendo associazioni culturali, di mutuo soccorso, alcune delle quali anche clandestine, con la presenza, negli organi rappresentativi, di pregiudicati nel settore del lavoro nero, del narcotraffico, nella tratta di persone e nello sfruttamento della prostituzione. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti e alcune associazioni criminali nigeriane, un tempo caratterizzate soltanto da elementi mafiogeni (come ebbe a sottolineare,nel luglio 2003, la Commissione Parlamentare Antimafia), oggi sono diventate vere associazioni di tipo mafioso come emerso in alcune inchieste giudiziarie.
Così la “mafia nera” si inserisce nel panorama delle mafie nostrane fornendo diversi “servizi criminali”, in particolare, “..operando, ormai da tempo, come fornitrice, mediatrice e organizzatrice anche dei traffici di droga in molti paesi europei ed extraeuropei”. E francamente non si avvertiva nessun bisogno di altre formazioni criminali nel nostro paese già profondamente condizionato dalle mafie autoctone.
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