Il pragmatismo politico di Minniti
Il tema delle migrazioni in Italia continua ad essere di speciale attenzione rispetto ad altre questioni, pure rilevanti,nell’agenda politica. Gli organi di informazione concorrono a mantenere alto l’interesse dedicandovi quotidianamente ampio spazio. Così, in questi ultimi giorni, mentre è stato appena convertito in legge il decreto Minniti-Orlando (“Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale nonché per il contrasto all’immigrazione illegale”) che apporta tra l’altro sostanziali modifiche (fonte di molte polemiche) ad alcune norme del testo unico sull’immigrazione (D.lgs. 25 luglio 1998 n.286), i giornali titolano, suscitando altre ansie, “Profughi, altri 4.600 da accogliere nelle strutture della Lombardia” (Il Giorno, 12 aprile), “La casa occupata per i clandestini” (Corriere della Sera, 12 aprile), “Sbarchi, nuovo allarme. Già accolti in Piemonte 14.036 richiedenti asilo”(Torino-Cronaca Qui” 12 aprile), “Emergenza migranti, apriamo le caserme” (Il Giornale, 12 aprile), “Migranti, difficile dire quanti ne arriveranno” (L’Avvenire, 12 aprile) e, dulcis in fundo, a Bolzano, “Sgomberati 40 migranti” (Alto Adige, 12 aprile).
Che le preoccupazioni siano fondate lo ricordano i dati del flusso via mare verso il nostro Paese: in questo scorcio di anno, alla data del 12 aprile, fanno registrare 26.989 migranti soccorsi/sbarcati, ossia il 35,41% in più rispetto allo stesso periodo del 2016 (19.932). In Europa, invece, sulla scorta dei dati forniti dai paesi membri all’agenzia Frontex (Risk Analysis Annual for 2017), risultano aver attraversato le frontiere esterne dell’UE 511.371 persone, con una flessione del 72% rispetto allo stesso periodo del 2016. Il massiccio flusso migratorio che ha interessato la rotta balcanica nel 2015 e agli inizi del 2016, proveniente, in particolare, dalla Turchia, si è sostanzialmente interrotto da circa un anno a seguito degli onerosi accordi UE-Ankara (nel suddetto periodo e sino alla data del 20 marzo 2017, sono giunte in Grecia, provenienti dalla Turchia, “soltanto” 31.473 migranti e 3.155 in Bulgaria).
Forse interessa poco o nulla all’UE conoscere la penosa situazione in cui sono “attendati” oltre un milione di profughi siriani al confine turco. Fonti della nostra intelligence presenti nell’area segnalano che la corrente migratoria nei Balcani è composta, in prevalenza, da cittadini siriani, pakistani, bengalesi, afghani, con una crescente presenza di cittadini medio orientali e di africani, le cui destinazioni privilegiate continuano ad essere l’Austria, la Germania, la Danimarca, la Svezia e la Finlandia ( più recentemente anche la Svizzera). Sul versante del Mediterraneo, che è quello che maggiormente ci interessa, le partenze delle imbarcazioni cariche di migranti avvengono per la maggior parte dalla Libia (l’anno passato, sul totale di 181.436 persone ben 162.258 erano partite dalle coste libiche e quest’anno la situazione non è mutata con i 26.142 migranti provenienti dalla Libia sul totale di 26.989).
Il Governo si sta dando un gran da fare per controllare meglio le frontiere e ridurre i flussi migratori via mare, con il ministro dell’interno Minniti consapevole della importante partita che si sta giocando sul piano della sicurezza e della stessa tenuta democratica del paese nella misura in cui non si riesca a porre quantomeno un argine a questa marea di gente, molta della quale scappa da guerre e persecuzioni, con il pericolo, sempre incombente, di infiltrazioni di persone pericolose per la sicurezza nazionale. I nodi da sciogliere, comunque, su di un tema così spinoso e complesso, sono molti ed è illusorio, a mio avviso, cercare di fermare, arginare i flussi migratori elargendo consistenti contributi finanziari ad alcuni paesi africani (come è stato fatto in passato e come si intende fare ancora oggi con la Libia, Niger, Ghana, Gambia ecc..). L’esperienza ha dimostrato che, in molte circostanze, attrezzature e fondi ricevuti da quei paesi hanno avuto ben altre destinazioni!
Il pragmatismo di Minniti e la sua volontà di sviluppare, comunque, tentativi per cercare di “bloccare” i migranti nei paesi di origine e di transito, come la Libia, sono arrivati persino all’incontro “storico” di alcuni giorni fa, a Roma, con i capi di una sessantina di tribù libiche, insieme al vice presidente del governo di Tripoli ( quello riconosciuto dall’Onu). L’accordo per il contrasto ai trafficanti di esseri umani (ma anche al terrorismo jihadista e alla radicalizzazione) è stato firmato almeno con gran parte di quelle tribù che, in effetti, controllano porzioni di territorio libico dove molti “sostengono” il traffico di migranti ricavandone utili. Vedremo, a breve, se ci saranno risultati e a quali costi umani.
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