La ghigliottina al Fondo per le politiche sociali
Più o meno 50 milioni di euro? Sembra un gioco, mentre invece stiamo parlando del Fondo per la non autosufficienza, con pesanti ricadute sui servizi per le persone con disabilità molto grave. Tutto è iniziato alla fine dello scorso anno, quando il Comitato “16 novembre” delle persone malate di SLA e altre associazioni hanno organizzato l’ennesimo presidio, chiedendo un aumento di fondi per l’assistenza. Il Ministro Poletti promise uno stanziamento di 50 milioni e il 22 febbraio scorso il Governo ha mantenuto l’impegno, approvando un decreto che prevede l’aumento dei fondi (da 450 a 500 milioni di euro).
Il giorno successivo in occasione della Conferenza Stato-Regioni, «per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica», vale a dire il riequilibrio dei conti pubblici, il budget del Fondo per la non Autosufficienza è stato ridotto a 450 milioni. Pertanto i 50 milioni in più sono svaniti come un sogno in una notte. Le promesse sono state mantenute, ma soltanto per un giorno.
Ma non è questo l’aspetto più grave. Proprio il 23 febbraio, oltre al taglio del 10% dei fondi per la non Autosufficienza, si è deciso che i trasferimenti statali del Fondo nazionale per le Politiche Sociali alle Regioni a Statuto Ordinario verranno ridotti quasi del 70%, passando da 313 a 99 milioni di euro. Di conseguenza, diventerà impossibile dare risposte concrete a molti bisogni quotidiani delle fasce più deboli della popolazione: dal pagamento degli scuolabus per i bambini disabili agli assegni per i buoni libro alle famiglie a basso reddito, dall’assistenza domiciliare alle persone con disabilità ai fondi per i centri antiviolenza, dalle comunità di accoglienza agli asili nido. In questo caso non si può più parlare di tagli: si tratta di vere e proprie amputazioni nella carne viva della vita delle persone.
Non sono mancate le proteste delle Associazioni delle persone con disabilità, del Forum del Terzo settore e di molti rappresentanti dei Comuni e degli Ambiti socio-sanitari.
«È un pessimo segnale – ha dichiarato Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap(FISH) – per il futuro delle politiche sociali in Italia. Un colpo assestato dopo aver fatto balenare l’ipotesi di progettare e costruire livelli essenziali di assistenza in ambito sociale validi in tutto il Paese, di definire un Piano per la non autosufficienza, di aprire una stagione in cui l’attenzione all’inclusione sociale fosse significativa e unificante».
«Un atto gravissimo – si legge in una nota del Forum del Terzo Settore – che avrebbe pesanti conseguenze per i cittadini e le famiglie che si trovano in condizioni di forte disagio e che quindi hanno più bisogno del sostegno delle istituzioni. La spesa sociale italiana necessiterebbe di maggiori investimenti per rafforzare le misure di inclusione sociale delle persone svantaggiate, non certo di tagli che minacciano la realizzazione di servizi sociali di base e rappresentano inaccettabili passi indietro».
«Queste politiche sono sbagliate e inopportune – dice Franco Bettoni, presidente della Federazione Associazioni Nazionali Disabili (FAND). Non solo feriscono le persone più vulnerabili, negando diritti e inclusione sociale, ma paralizzano il nostro Paese. È puro autolesionismo tagliare la spesa per le politiche sociali e sanitarie anziché utilizzarla come un formidabile investimento per creare sviluppo, innovazione e buona occupazione».
Il 17 marzo è arrivata la notizia dell’ennesima giravolta. Il Ministro Poletti ha espresso l’intenzione del Governo di intervenire per recuperare le risorse da destinare al rafforzamento delle politiche sociali territoriali, mentre il Presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini ha espresso la volontà delle Regioni di procedere ad un recupero delle risorse da destinare alle non autosufficienze. Per il momento si tratta soltanto di annunci, la cui concretezza resta da verificare. Nel frattempo in varie città d’Italia si stanno comunque organizzando presidi e manifestazioni di protesta.
Occorre anche ricordare che il 9 marzo scorso il Senato ha approvato la delega al Governo sul «reddito di inclusione» (Rei) come misura contro la povertà, con uno stanziamento di 1.600 milioni per il 2017.
Il che dimostra come le politiche sociali in Italia siano altalenanti e contradditorie: con una mano si dà e con l’altra si toglie. Si potrebbe definire una spartizione di risorse tra poveri, poiché la “coperta” risulta sempre troppo corta da qualsiasi lato la si prenda.
Manca – evidentemente – una prospettiva più ampia, una visione della solidarietà capace di coniugare i diritti con i doveri dei cittadini. Senza lasciare mai indietro nessuno.
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