Immigrazioni: il grande problema
L’immigrazione continua ad essere il grande problema che preoccupa il nostro paese al quale, nonostante il grande impegno nei soccorsi in mare e nell’accoglienza di migliaia di migranti di questi anni, incredibilmente sono arrivati nei giorni scorsi richiami e sollecitazioni dall’UE (la cui pluriennale indolenza e ipocrisia sul punto è sotto gli occhi di tutti) a fare di più in tema di rimpatri. Alla sconcertante e avvilente dichiarazione, ha avuto modo di esprimere il suo pensiero lo stesso Capo della Polizia Gabrielli che a Genova, il 6 marzo scorso, parlando in generale sulla sicurezza nelle città ha ricordato una cosa semplicissima e cioè che quando si sente parlare di rimpatri “..magari bisognerebbe aver conoscenza del fatto che le persone per essere rimpatriate hanno bisogno di un paese che le riprenda e molto spesso noi abbiamo grossissime difficoltà dai paesi di origine di queste persone”.
Lo stesso ministro dell’interno Marco Minniti, esperto di sicurezza e conoscitore attento dei vari apparati dell’intelligence, ben consapevole dell’importanza vitale che ha per la stabilità democratica del nostro paese e dell’intera Europa il controllo dei flussi migratori provenienti dall’Africa, sta lavorando per un incontro,a breve, a Roma, con Francia e Germania e alcuni paesi africani dove poter organizzare “centri di selezione” dei migranti. L’obiettivo è quello, più volte espresso anche in passato, di dare lì accoglienza ai rifugiati e di respingere quelli che tale diritto non hanno. Operazione difficile, complessa da realizzare in un paese, la Libia, ancora in pieno caos istituzionale nonostante il riconoscimento ufficiale del governo di Fayez Sarraj di Tripoli. È sempre dalle coste libiche, infatti, ancora scarsamente vigilate, che partono le imbarcazioni di migranti dirette verso l’Italia. Nel 2017, alla data dell’8 marzo, sul totale di 15.843 migranti soccorsi/sbarcati (il 66% in più rispetto allo stesso periodo del 2016), ben 15.239 sono giunti dalla Libia ( i restanti dall’Algeria, Grecia, Tunisia, Turchia, Egitto).
I numerosi progetti e iniziative prese nel tempo per “riattivare” la cooperazione con la Libia non si può certo dire che abbiano dato i risultati sperati. A partire dal progetto “Sahara-Med”, avviato nel 2010 e concluso il 30 aprile 2016, cofinanziato dall’UE, per il potenziamento delle capacità istituzionali e operative della Libia in tema di gestione delle frontiere e dell’immigrazione. Il progetto, dopo un periodo di sospensione di un anno, è stato abbastanza limitato, nella parte finale, ad alcune attività curate dall’OIM e relative all’assistenza ai migranti nei centri libici (dove permane una situazione drammatica) e all’attivazione dei meccanismi di rimpatrio volontario assistito (che pochissimi hanno accettato). Insomma un vero flop. Si sono consolidate, intanto, le varie rotte che interessano i flussi migratori nel continente africano. A partire da quella “sud-ovest” che ha registrato un notevole incremento sin dal 2014 e che ha nella città di Agadez il suo hub principale. Da qui i migranti percorrono due direttrici per arrivare in Libia:la prima attraversando l’area contigua al valico di Al Tummo che conduce ad Al Quatrum e, quindi ad Awubari. La seconda, si snoda su di un percorso, oltre cento chilometri, utilizzato per superare punti presidiati dalle forze militari ,a sud di Ghat. C’è, poi, la rotta da sud-est, quella percorsa principalmente da somali ed eritrei, il cui punto di confluenza è l’oasi di Kufrah. I somali, in genere, arrivano nel nord del Kenia per essere ospitati nei campi di Dadaab e kakuma, cogestiti dall’UNCHR e dal governo locale.
Da questi luoghi, pagano i trafficanti, attraversano il Sudan attraversando illegalmente le zone di As-Sarrh e Al-Awuaynt grazie anche alle agevolazioni assicurate dalle tribù seminomadi che vivono in quelle aree. Successivamente si imbocca la direttrice verso la fascia costiera passando per Bengasi e, poi, per Ajdabya. È risultata meno “trafficata”, dall’estate del 2015, la rotta da est, in passato interessata da molti fedeli che si recavano in pellegrinaggio a la Mecca e, successivamente, percorrendo la penisola araba entravano in Egitto e, quindi, in Libia nella parte del paese sotto il controllo del generale Haftar. Le organizzazioni criminali dei trafficanti continuano, alla fine, nella loro attività e temo che ci siano poche speranze di controllare adeguatamente questo fenomeno.
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