Il Tajikistan, il narcotraffico, la corruzione degli apparati pubblici
Il Tajikistan, a distanza di un ventennio dall’accordo di pace che aveva posto fine alla guerra civile tra le forze governative e lo schieramento di opposizione di ispirazione islamica, non riesce ancora ad uscir fuori da una situazione economica e sociale fortemente deteriorate dal lungo conflitto, dalla perdita dei mercati di sbocco della produzione interna, dall’interruzione degli aiuti forniti in passato dal Governo russo.
È un paradosso che questo paese, ricco di risorse naturali (petrolio, gas, salgemma, carbone), di minerali rari (uranio, arsenico, radio, oro, argento), a causa della incapacità di sfruttare adeguatamente queste risorse sia tra i paesi più poveri al mondo. L’insicurezza è ancora particolarmente diffusa, anche per via di scontri etnici che non sono mai cessati e che, anzi, hanno originato lotte tra bande armate specializzate in ruberie e traffico di droghe. Senza contare che sono ancora una quindicina i gruppi terroristici attivi nel paese mentre sono 900 i cittadini ricercati a livello internazionale per terrorismo ed estremismo.
Sono sempre cinque i gruppi di narcotrafficanti che si contendono fette di territorio tajico, a partire da quello che opera a Leninabad, mentre un una seconda fazione, di Kulyab, opera nella parte centrale del paese e, spesso, si allea con il clan Kurgan-Tyube, attivo nella provincia di Khatlon. Ci sono, quindi, il gruppo Kataregin, stanziato nel sud del Tajikistan, che è anche la roccaforte dell’opposizione tajica, con il Partito Islamico di Rinascimento, e i Pamiriani che si identificano con il gruppo etnico del Pamir, seguaci della corrente islamica degli ismailiti.
Il narcotraffico ruota essenzialmente sull’oppio, cioè sull’eroina (data la vicinanza all’Afghanistan che si conferma il primo produttore mondiale di oppiacei), e derivati della cannabis (le piantagioni si estendono nelle regioni di Khatlon, confinante con la regione afghana di Kunduz e a Sughud, a ridosso della uzbeka Samarcanda). In Tajikistan la cocaina è ancora (quasi) sconosciuta (nelle statistiche del 2015 è riportato un sequestro di 25 grammi a Dushanbe, e non si sono registrati sequestri nel 2016). Gran parte dell’oppio e della eroina afghana entrano in Tajikistan attraversando la regione occidentale(Khamadoni, Nizhniy Pyanj, Shurabad, Parhar), della frontiera tra i due paesi con controlli pressoché inesistenti. Nel primo semestre del 2016, la Direzione antidroga tajica ha reso noti i dati dell’azione antidroga che, in realtà, appaiono davvero modesti tenuto conto del volume di droghe che transita dal vicino Afghanistan: 70,01kg di eroina, 284,6kg di oppio, 508,679kg di marijuana e 1.388,3kg di hashish, per un totale di 2.251,6kg di stupefacenti ( nello stesso periodo del 2015 furono 2.666,8kg). Seicentoundici le persone ( nessun italiano)complessivamente arrestate per delitti collegati alle droghe.
C’è chi sostiene che l’azione di contrasto al narcotraffico non sia tra le priorità del Governo, alle prese con altri problemi, e il recente avvicendamento al vertice della struttura nazionale antidroga del generale Nazarov, considerato ufficiale di provata esperienza, con l’attuale direttore Salimzoda, confermerebbero questa opinione. Senza contare gli “intralci” all’azione antidroga che deriverebbero da asserite collusioni tra apparati pubblici e narcotrafficanti. Anche la cronaca delle operazioni antidroga condotte nella seconda parte del 2016 non evidenzia particolari, straordinari sforzi nella repressione se si esclude l’operazione “Kuknor 2016” (“Papavero 2016”) che viene condotta a cadenza annuale, nel corso della quale sono stati eradicati complessivamente anche circa 150mila piante di marijuana su terreni incolti nei pressi dei villaggi di Dusti e di Bobojonghafurov. Nei mesi estivi, poi, in Uzbekistan son stati arrestati due cittadini tajiki che tentavano di contrabbandare 20 kg di oppio, mentre altri arresti, al confine con l’Afghanistan e l’Azerbaigian, hanno riguardato corrieri che trasportavano quantitativi, non rilevanti, di oppio, eroina e hashish (per quest’ultima droga, il sequestro di 200kg a dicembre 2016, nella capitale Dushanbe, è stato quello più importante).
Il sistema bancario è particolarmente permeabile per operazioni di riciclaggio ed è anche quello più corrotto, secondo le analisi dell’Agenzia per il controllo Finanziario Statale e la Lotta alla Corruzione (organismo istituito nel 2007).
Ma la corruzione, come accennato, investe molti ambiti e così, nel 2016, sono stati arrestati per questo delitto 6 funzionari della Procura Generale, 63 del Ministero dell’Interno, 20 della Difesa, 10 del Comitato della Sicurezza Nazionale, 5 dell’Agenzia Antidroga e 32 del Ministero della Giustizia.
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