Migrazioni: le difficoltà ai confini
Il ministro dell’interno Marco Minniti è politico attento e profondo conoscitore delle problematiche sulla sicurezza e sulle dinamiche interne dei vari apparati di sicurezza e la sua dichiarazione, alcune settimane fa, di affrontare lo spinoso tema della immigrazione divenuto, nel tempo, non più solo problema di ordine pubblico ma anche di tenuta democratica del nostro paese, va presa molto seriamente. È quello che, probabilmente, cercherà di rappresentare nella imminente audizione che avrà innanzi alla Commissione parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen e di controllo e vigilanza in materia di immigrazione.
Situazione migratoria complessiva che, lo ricordiamo, dall’estate del 2014 ha avuto nell’UE una straordinaria (prevedibile) impennata fino alla parziale interruzione nell’aprile 2016 con gli accordi UE/Ankara e che ha determinato la progressiva adozione di chiusura delle frontiere da parte di alcuni Stati membri che applicano gli accordi Schengen sulla libera circolazione. Nel frattempo si cerca di “tamponare” il flusso migratorio proveniente dalla Libia con un memorandum, sottoscritto il 2 febbraio a Roma dal presidente del consiglio Gentiloni e dal presidente libico Al Serray (insediatosi a Tripoli, come Governo di unità nazionale,il 30 marzo 2016), che prevede un maggior controllo delle coste e di quelle meridionali libiche. Dubito che ciò possa servire a impedire le partenze dei migranti anche nella ipotesi, irreale, di controlli costieri stringenti (con altre motovedette donate dall’Italia dopo quelle consegnate nel periodo di Gheddafi) da parte libica (nella parte,cioè, che è sotto il “controllo” di Al Serray) mentre è più plausibile uno spostamento di partenze in altri punti del paese o di quelli vicini, per esempio dall’Egitto.
È dalla fine del 2015 che quest’ultimo paese ha consolidato la sua natura di “paese a vocazione migratoria verso l’Europa” sia attraverso la Libia che verso la c.d. rotta anatolico-balcanica, grazie anche allo storico coinvolgimento nel traffico di esseri umani delle tribù beduine che controllano la penisola del Sinai. La rotta egiziana, poi, è meno pericolosa di quella libica considerate le violenze cui vengono sottoposti i migranti da parte dei trafficanti delle varie milizie e dei gruppi affiliati all’Isis operanti in Libia. Senza contare che in Libia persistono alcune difficoltà nel reperire imbarcazioni per il trasporto dei migranti mentre in Egitto, sul punto, non vi sono particolari difficoltà. Certamente è dalla Libia che, negli ultimi anni, è partito il maggior numero di persone verso il nostro paese: ben 507.249 dal 2011 al 2 febbraio scorso con il picco di 162.258 nel 2016 e quello più basso, 5.087, nel 2012. Sommando il numero di migranti salpati dall’Egitto nel periodo sopra indicato (51.399), dalla Turchia (21.997), dalla Tunisia (34.204) e dall’Algeria (1.891), si arriva a ben 616.740 persone di cui 73.289 donne e 83.646 minori. Solo in questo scorcio di anno, alla data del 2 febbraio, i migranti “sbarcati” sono stati 4.480 ( fonte, Ministero dell’Interno).
Migranti che, è bene ricordarlo, continuano a privilegiare come destinazione finale l’Austria, la Germania, la Danimarca, la Svezia e la Finlandia ( si è rilevato anche un consistente aumento verso la Svizzera). Insomma, da noi non sono molti quelli che alla fine vorrebbero restare. Resistenze all’accoglienza si incontrano, soprattutto dai paesi dell’Est, nella attuazione dei provvedimenti di protezione internazionale presi dall’UE con le due Decisioni del 14 e 22 settembre 2015 a favore di Italia e Grecia in tema di “ricollocazione” e di “reinsediamento” con l’impegno degli Stati a dare accoglienza a 160mila richiedenti asilo e a 20mila rifugiati in due anni. Ebbene,alla data del 27 gennaio 2017, secondo l’ultimo rapporto ISAA, la Grecia ha ricollocato soltanto 7.562 migranti e l’Italia 2.917.
C’è, infine, la situazione del ripristino temporaneo dei controlli alle frontiere interne ( che ha già subito, in realtà molte proroghe) adottato da alcuni paesi sospendendo gli accordi di Schengen ( ai sensi del Reg.562/2006) per assicurare l’ordine e la sicurezza pubblica attraverso un flusso ordinato di ingresso e l’appropriata registrazione delle persone. In tal senso l’Austria, la Danimarca, la Germania, la Norvegia, la Svezia, con proroghe fino all’11 febbraio p.v. mentre in Francia la proroga è scaduta il 27 gennaio scorso.
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