Minori stranieri tra diritti e tutele
Uno degli aspetti più dolorosi nel dramma generale dei migranti che giungono sulle coste italiane (e su quelle greche) è senza dubbio quello riguardante i minori e, in particolare, quelli non accompagnati. Si tratta di giovani privi di assistenza e di rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti che possono legalmente assumerne la responsabilità. Giovani, in molti casi, i cui genitori sono morti o scomparsi nelle guerre che stanno devastando i loro paesi e che cercano una via d’uscita magari per raggiungere amici o parenti i altre nazioni europee. In altri casi sono le stesse famiglie africane a spingere il minore a partire, sperando che possa trovare un mondo migliore, un lavoro, la possibilità di studiare, di sopravvivere.
I numeri, in continuo aumento, nella loro crudezza, debbono indurci a qualche riflessione: oltre 7mila nel 2013 di cui circa 5mila risultati “solitari”, aumentati a poco più di 12mila non accompagnati nel 2015 e, addirittura, raddoppiati nel 2016 con oltre 25mila (fonte, Fondazione Ismu, gennaio 2017 e Ministero dell’Interno). In questo scorcio di anno, alla data del 23 gennaio, poi sul totale di 2.393 migranti soccorsi/sbarcati sulle nostre coste (75% in più rispetto allo stesso periodo del 2016), i minori non accompagnati sono stati circa 300.
In molti casi si tratta di giovani dai 12 ai 17 anni (poche le ragazze) ma anche di bambini di età inferiore ai 10 anni. È reale peraltro il timore che questi giovani, lasciati allo sbando, finiscano nella rete di pedofili o vengano arruolati dai “caporali” nello sfruttamento lavorativo o impiegati nell’accattonaggio o assoldati da gruppi criminali stranieri dediti allo spaccio di stupefacenti. Basti pensare che nel 2016 sono stati ben 1.026 i minori denunciati dalle forze di polizia alla magistratura per quest’ultimo delitto e di questi circa il 30% erano stranieri.
Sono molti, infine, i minori non accompagnati che ospitati in strutture di accoglienza si rendono, presto, “irreperibili”. Un problema, dunque, molto serio anche tenuto conto che i minori rientrano nella categoria delle “persone vulnerabili” e cioè di persone che necessitano di maggiore cura e attenzione e alle quali il diritto comunitario (art.17 della direttiva 2003/9/CE e art.3 della direttiva 2008/115/CE sui rimpatri) garantisce una protezione supplementare. Sebbene la Convenzione europea sui diritti dell’uomo non contenga disposizioni che facciano espressamente riferimento ai minori non accompagnati, il trattamento loro riservato deve comunque rispondere a varie norme tra cui l’articolo 5 sul diritto alla libertà e alla sicurezza l’art.8 sul diritto al rispetto della vita privata e familiare.
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha anche stabilito che gli Stati hanno la responsabilità di tutelare i minori non accompagnati e di non abbandonarli a se stessi dopo il rilascio. Tutte le decisioni riguardanti i minori debbono, inoltre, basarsi nel rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo adottata a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dal nostro paese con la legge 27 maggio 1991 n°176. Poiché, in generale, le persone che giungono da noi sono spesso senza documenti e molti sostengono di avere meno di diciotto anni, si rende necessario procedere all’accertamento dell’età che, in Europa, avviene con diverse tecniche – in particolare con l’esame radiologico del polso – e con il consenso del minore. Una procedura più articolata deve essere, comunque, seguita per la determinazione dell’età dei minori non accompagnati vittime di tratta.
A riguardo, in attuazione dell’articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 4 marzo 2014, è stato di recente emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 novembre 2016, n.234 (su G.U. n.298 del 22 dicembre 2016), contenente il regolamento (otto articoli) per la determinazione dell’età dei suddetti minori non accompagnati da attuarsi attraverso una procedura multidisciplinare che prevede l’intervento di un mediatore culturale, di un interprete, di personale qualificato di una struttura sanitaria pubblica individuata dal giudice tutelare. È a quest’ultimo, infine, che compete l’emanazione del provvedimento di attribuzione dell’età al minore sulla scorta delle risultanze emerse nella procedura seguita (la minore età dello straniero è presunta nel caso in cui la procedura svolta non abbia stabilito con certezza l’età dello stesso) e la contestuale comunicazione alla Questura competente in relazione al luogo dove è situata la struttura di accoglienza del minore. A proposito di tale accoglienza (effettuata in strutture governative per il tempo strettamente necessario e, comunque, non superiore a sessanta giorni) va ricordata anche la particolare attenzione riservata dal nostro legislatore ai minori non accompagnati, in particolare con l’art.19 del decreto legislativo 18 agosto 2015 n.142 di attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale.
Nella eventualità di temporanea indisponibilità di strutture governative (evento che capita con frequenza), l’accoglienza è assicurata dal Comune in cui si trova il minore (usufruendo dei contributi disposti dal Ministro dell’Interno sul Fondo nazionale ad hoc di cui all’art.1, comma 181, della legge 23 dicembre 2014, n.190) , mentre, laddove ci sia una situazione di arrivi consistenti e ravvicinati (situazioni, anche in questo caso, frequenti nel nostro paese), spetta al prefetto attivarsi per reperire strutture ricettive temporanee esclusivamente dedicate ai minori non accompagnati con una capienza massima di cinquanta posti per ciascuna struttura.
La rappresentanza dei minori non accompagnati deve essere assicurata subito dopo che hanno presentato domanda di asilo. Sul punto si segnala la puntuale direttiva (quattro articoli) del Ministro dell’Interno, d’intesa con il Ministro della Giustizia, in materia di minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo, del 7 dicembre 2006 (registrata alla Corte dei Conti il 7 marzo 2007). Il citato provvedimento indica il percorso da seguire affinché i vari soggetti istituzionali coinvolti (Questure, Uffici di polizia di frontiera, Servizi sociali dei Comuni, Tribunale per i minorenni, Giudice tutelare, Servizio Centrale del Sistema di protezione per i richiedenti asilo, UNCHR) collaborino per garantire assistenza e protezione al minore straniero non accompagnato che ha presentato domanda di asilo.
Va anche detto che il sistema di accoglienza nel suo complesso è sensibilmente migliorato negli ultimi anni. Così come è decisamente aumentata l’attenzione e la sensibilità su questo tema da parte delle forze di polizia grazie anche ad un Vademecum redatto dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza per garantire i diritti dei minorenni. Il manuale, primo del suo genere, in versione tascabile e digitale (è aggiornato costantemente on line sul sito del Ministero dell’Interno), realizzato in base ad un protocollo d’intesa sottoscritto il 28 gennaio 2014 tra il Dipartimento della Pubblica Sicurezza e il Garante per l’infanzia e l’adolescenza, contiene le linee guida per gli interventi degli operatori di polizia in cui restano coinvolti soggetti minorenni.
Delle cinque sezioni che compongono il Vademecum ,è la terza che si interessa delle criticità connesse agli stranieri minori non accompagnati mentre nelle altre parti vengono esaminate alcune delle problematiche collegate alla commissione di reati per i quali i minori figurano come vittime, come autori o come testimoni, i pericoli collegati all’utilizzo della Rete come il cyberbullismo, le dipendenze on line, la pedopornografia, le procedure da attivare nei casi di minori scomparsi, i provvedimenti dell’autorità giudiziaria civile nei riguardi dei minori. Un appendice al manuale contiene, infine, le principali disposizioni normative in materia. Su tutte, naturalmente, il Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione (D.Lgs n°286/1998 e successive modifiche) che, nel solco delineato dalla Convenzione sui diritti del fanciullo sopra richiamata, ha riservato una particolare attenzione, in generale, ai minori.
Così, l’art.19, comma 2, non consente l’espulsione degli stranieri minori degli anni 18 (salvo il diritto a seguire il genitore o l’affidatario espulso), a meno che non ci siano gravi motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, provvedimento in questo caso adottato dal Ministro dell’Interno. Esiste, tuttavia, la possibilità di adottare un provvedimento di “rimpatrio assistito” (è adottato dl Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali) finalizzato ad assicurare il diritto all’unità familiare del minore ricongiungendolo con i propri familiari o riaffidandolo alle autorità competenti del paese di origine, nel rispetto delle convenzioni internazionali e su disposizione della magistratura. Al minore non accompagnato, inoltre la nostra legislazione garantisce i diritti relativi al soggiorno temporaneo, all’assistenza sanitaria, all’avviamento scolastico.
Al raggiungimento della maggiore età, poi, ai minori stranieri (anche a quelli affidati ai sensi dell’art.2 della legge 184/1983 o sottoposti a tutela ex art.1 comma 22 della legge 94/2009) può essere concesso il permesso di soggiorno che è subordinato ad una serie di condizioni tra cui quella di essere in Italia da almeno tre anni, di seguire un progetto di integrazione sociale e civile da almeno due anni, di frequentare un corso di studio o un’attività lavorativa regolare (art.32 comma 1 bis T.U.).
Una ulteriore tutela a favore dello straniero minore di età è prevista dall’art.18 comma 6 del T.U. con cui si prevede il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione sociale all’atto delle dimissioni da un istituto dopo aver espiato una pena detentiva per reati commessi durante la minore età purché abbia dato prova concreta di partecipazione a programmi di assistenza e integrazione sociale.
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