I rimpatri non semplici degli stranieri irregolari/1
In un periodo in cui si è tornati a parlare con particolare insistenza di immigrazione – fenomeno ritenuto “..problema non solo di ordine pubblico ma di tenuta democratica del Paese..”, così come ha detto il Ministro dell’interno Marco Minniti pochi giorni fa -, di riapertura dei Cie e di una loro collocazione regionale, di piani straordinari di controllo delle forze di polizia per “bonificare” il territorio dagli “irregolari”, spesso organizzatisi in gruppi autonomi delinquenziali o arruolati dalla criminalità locale, pare opportuno fare alcune precisazioni sui “rimpatri” degli stranieri, punto sul quale sono state dette, anche recentemente nella polemica politica che ne è scaturita, frasi approssimative a volte frutto di ignoranza della materia.
Il rimpatrio dei cittadini stranieri irregolari ha, quindi, un ruolo chiave in tale contesto attesa la necessità di assicurare effettività alle misure di allontanamento dal territorio nazionale, per conferire credibilità all’azione dei Governi. E, tuttavia, va sottolineato che le procedure per organizzare i servizi di rimpatrio non sono così semplici come si potrebbe immaginare e vanno osservate, rigorosamente, le (molteplici) disposizioni contenute in regolamenti, direttive comunitarie e le “linee guida” di un minuzioso manuale elaborato dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza nel 2012, dopo le polemiche per i due cittadini algerini fotografati a bordo di un aereo e rimpatriati con vistosi cerotti sulla bocca ed i polsi legati con una fascetta di plastica.
Se, a livello UE, è l’agenzia di Frontex che fornisce assistenza ai Paesi membri per organizzare le operazioni di “rimpatrio congiunto” (un Fondo europeo assicura il cofinanziamento di tali attività), in Italia invece il “rimpatrio forzato” ( si distingue da quello ” volontario assistito” che riguarda gli immigrati che chiedono di tornare nel loro paese, ma non hanno la possibilità di farlo) viene organizzato dalla Questura della provincia dove è stato rintracciato il destinatario della misura. È questo Ufficio che deve individuare il tipo di vettore e il relativo itinerario del rimpatrio, effettuando una “valutazione del rischio” della operazione per determinare l’eventuale necessità di una scorta di polizia. Non va trascurato, peraltro, lo stato di salute del “rimpatriando”. Se si deve procedere al rimpatrio di un consistente numero di stranieri della stessa nazionalità, la Direzione Centrale dell’Immigrazione della Polizia delle Frontiere, può noleggiare un aeromobile (c.d. volo charter), laddove accordi di riammissione o semplici intese operative esistenti tra l’Italia e i Paesi interessati prevedano la possibilità di tale modalità di esecuzione del rimpatrio.
Si è accennato alla “valutazione del rischio” che, nella sostanza, fa riferimento al profilo di “pericolosità” dello straniero da rimpatriare e che può essere desunta da molteplici fonti informative (documentazione amministrativa e giudiziaria, comportamento tenuto durante il trattenimento in un Cie o nel carcere, al momento del rintraccio, della identificazione, precedenti tentativi di rimpatrio falliti ecc..). Analoga e attenta valutazione va fatta in relazione all’itinerario di rimpatrio e al vettore prescelto (aereo, marittimo, terrestre). Peraltro, va tenuto presente che, quando si opta per il vettore aereo, occorre informare preventivamente la compagnia aerea sull’imbarco di tale passeggeri, utilizzando un apposito modello di “notifica” previsto dal Regolamento (CE) 622/2003 della Commissione Europea del 4 aprile 2003 in cui deve essere indicato anche il tipo di rischio valutato (alto, medio, basso). La presenza di patologie, infine, può comportare la necessità di assicurare allo straniero adeguata assistenza sanitaria durante tutto il viaggio, prevedendo l’impiego di personale medico e/o infermieristico. In relazione, poi, al tipo di rischio valutato viene predisposta la scorta che è sempre assicurata nel caso di rischio alto e medio (se specificatamente motivato) mentre, nella ipotesi di rischio basso, di norma, non è necessaria.
Nei rimpatri con vettore aereo, la composizione e la consistenza numerica della scorta di polizia “devono essere idonee ad assicurare un adeguato livello di sicurezza a bordo..” (in genere due agenti di polizia per ciascuna persona da rimpatriare) tenendo presente che “..il personale deve essere abilitato a svolgere tale particolare tipologia di servizio..” ( appositi corsi di formazione vengono riservati al personale della Polizia di Stato in servizio nelle diverse Questure, negli Uffici di Polizia di Frontiera e della Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere).
Da tutto ciò si può facilmente dedurre quanto onerosi siano, dunque, tali servizi, sia sul piano delle risorse umane da impiegare ( già ridotte da tempo) che su quello finanziario.
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