Miami
C’era una volta il mito della Miami patinata, di una metropoli dalle tinte pastello, evocata dagli spot pubblicitari o dalle corse sulla Ferrari bianca di Miami Vice.
Era un miraggio di palme e cocaina, spiagge e grattacieli, che nascondeva una città spettacolarmente depressa in cui il Sud della Florida sembrava trascolorare nella Cuba del Nord.
Un avamposto occidentale dei Caraibi che aveva poco a che vedere con New York e Los Angeles, e molto da spartire con Caracas e Bogotá.
Miami era una chimera tropicale, ricca di pettegolezzi e povera di memoria.
Proprio qui, Fidel Castro trovò il denaro per sconfiggere Batista, e due generazioni di espatriati cubani – terroristi e cospiratori, malviventi e idealisti visionari – cercarono le armi per combatterlo, mescolandosi al mondo cinico e ingannevole dell’intelligence americana. Fu in questa atmosfera rarefatta, in cui le istituzioni democratiche cedevano il passo al disordine sgargiante dell’America Latina, che si intrecciarono molti dei fili della Guerra fredda: dalla Baia dei Porci al Watergate, dalla crisi dei missili del 1961 all’assassinio di John Fitzgerald Kennedy.
Joan Didion dona sostanza narrativa a un microcosmo in cui si inseguono tutte le lotte e contraddizioni celate sotto la superficie dorata della società americana. E ci consegna il racconto indelebile di una Miami che non sembra una città «ma una fiaba, una storia d’amore ai tropici, una specie di sogno a occhi aperti in cui tutto è possibile».
Miami
Joan Didion
Il Saggiatore, Milano 2016
Pagg. 272, € 20,00
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