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La Costituzione e la persona umana

Piero Innocenti il . Senza categoria

riforma-costituzionale-renziCon la premessa, doverosa, che ho avuto, in gioventù, durante gli studi universitari a Roma e a Parma, due illustri professori di diritto Costituzionale come il Prof. Alessandro Pace (allora giovane assistente universitario a Roma e oggi presidente del “Comitato per il No”) e Nicola Occhiocupo (allora preside della Facoltà di Giurisprudenza di Parma), faccio come ex vecchio studente, due riflessioni sul tema della riforma costituzionale nella imminenza del referendum di domenica 4 dicembre. I temi dei quali normalmente mi occupo per dare un piccolo contributo informativo sono altri (il narcotraffico, la sicurezza pubblica, l’immigrazione) ma, stimolato da alcuni amici e conoscenti che mi chiedevano cosa ne pensassi di questa “storia referendaria” andata avanti da (tanti) mesi sulla riforma della nostra Costituzione, provo a fare due sintetiche considerazioni.
A partire dalla opinione diffusa che la crisi di governabilità del Paese, le disfunzioni di istituzioni centrali e locali, sarebbero da addebitare alla Costituzione che non avrebbe previsto, tra l’altro, meccanismi idonei ad assicurare stabilità al Governo, rapidità di decisione (quella spesso invocata) degli organi di indirizzo politico, efficienza e razionalità dell’apparato amministrativo, con grave compromissione, quindi, della possibilità di soddisfare, in tempi rapidi, domande e bisogni, vecchi e nuovi, singoli e collettivi, emergenti, di una società sempre più complessa e frantumata.  Che la crisi delle istituzioni sia reale non c’è dubbio così come, per diverse ragioni, la crisi ha colpito i partiti, i rapporti tra i partiti, tra i partiti e la società. E siccome, come ci ricorda Hans Kelsen, la democrazia si fonda sui partiti, si capisce come la loro crisi si sia riverberata anche nelle istituzioni, vecchie e nuove, costituite da uomini scelti dai partiti, che hanno obbedito e obbediscono alla logica di partito quando non di corrente, in una concezione talvolta feudale degli uffici pubblici. Che la Costituzione possa e debba essere sottoposta a giudizio critico è fuori discussione ma non ci pare che le molteplici disfunzioni di istituzioni centrali e locali, del sistema politico, della forma di governo parlamentare nel suo complesso e dell’amministrazione pubblica, siano da attribuire alla Costituzione.
Certo la Costituzione non è il Vangelo o il Corano, è un atto normativo, espressione e prodotto della società in un certo momento storico e, come tale, non perfetto e non immune da difetti ed inconvenienti, suscettibile di essere rivisto e modificato. Possibilità che dà, appunto, l’articolo 138 della Costituzione. Una Costituzione che testimonia, tra l’altro, non una cultura del passato ma anzi del futuro, destinata non ai contemporanei ma ai posteri come scriveva oltre trent’anni fa Barile (Diritti dell’uomo e libertà fondamentali, Bologna, 1984). Ecco, mi sarebbe piaciuto, allora, come cittadino e come ex funzionario dello Stato, vedere meno risse televisive, sentire meno parolacce e assistere a meno scontri verbali, spesso volgari, sulla riforma costituzionale, sentir parlare meno di finanza europea e banche preoccupate per l’esito referendario. Mi sarebbe piaciuto sentir parlare di più della persona umana, di ogni persona e, quindi della collettività, perché è proprio intorno alla concezione dell’uomo, della società, dello Stato che si formò nell’Assemblea Costituente un vasto e solido consenso.
Mi sarebbe piaciuto sentir parlare di più della sovranità popolare, spesso accantonata, della democraticità dell’ordinamento, della partecipazione di tutti all’esercizio del potere, del pluralismo, delle libertà, spesso calpestate e ignorate, del lavoro, della solidarietà, dell’ambiente , della pace, della giustizia e della sua esasperante lentezza. Tutte parole che non appartengono ad altre epoche storiche e che devono trovare riconoscimento, garanzia, promozione rappresentando i valori fondamentali cui conformare e misurare azioni ed interessi in contrasto di singoli e di gruppi. Una riforma costituzionale deve operare realmente al servizio dell’uomo per ricomporre civilmente e moralmente una società troppo sfilacciata.

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