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Suicidate Attilio Manca

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È il 12 febbraio 2004. A Viterbo, in un appartamento di via Monteverdi viene ritrovato il cadavere di Attilio Manca.

Il corpo del giovane urologo di Barcellona Pozzo di Gotto (Me), che operava all’ospedale di Viterbo, è riverso trasversalmente sul piumone del letto, seminudo. A causarne la morte, come accertato dall’autopsia, l’effetto combinato di tre sostanze: alcolici, eroina e Diazepam. Sul suo braccio sinistro i segni di due iniezioni.

Per la Procura di Viterbo non c’è dubbio, si è trattato di un suicidio. Ma Attilio Manca è un mancino puro. Non ha alcun motivo per suicidarsi. E, soprattutto, dietro a questa misteriosa vicenda si intravede l’ombra di Cosa nostra.

Il giovane urologo, specializzato nella tecnica laparoscopica, potrebbe aver assistito all’intervento alla prostata al quale nel 2003 era stato sottoposto Bernardo Provenzano in una clinica di Marsiglia, o quanto meno potrebbe averlo visitato prima o dopo l’intervento. Sullo sfondo gli apparati deviati di uno Stato che non ha alcun interesse a fare luce su questa strana morte.

A dodici anni di distanza Fabio Repici e l’ex pm Antonio Ingroia, legali della famiglia Manca, vogliono un processo sulla base delle rivelazioni di boss come Giuseppe Setola e Carmelo D’Amico. Un lungo viaggio alla ricerca della verità.

Suicidate Attilio Manca
Lorenzo Baldo
Imprimatur Edizioni, Reggio Emilia 2016
pp. 264, € 16,50

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