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Spagna, rifugio per l’aristocrazia mafiosa italiana

Piero Innocenti il . Senza categoria

clan-camorraL’arresto alcuni giorni fa a Potenza da parte della Polizia di Stato di due corrieri spagnoli “body-packers” di droga (200 ovuli, trasportati nel corpo, contenenti, complessivamente, circa due chilogrammi di hashish), ripropone all’attenzione delle autorità di polizia i forti legami fra i gruppi criminali italiani con quelli spagnoli. In particolare, l’intelligence italiana, da oltre venti anni presente in Spagna, segnala la presenza, definita strutturale, delle mafie che hanno invaso quel paese “..non solo con le droghe e i suoi capitali, ma anche con la merce rubata, i prodotti falsificati, le pratiche usuraie e la loro capacità corruttiva”.
I legami italiani con la Spagna nel traffico delle droghe sono in realtà antichi, basti pensare che già nel 1962 tre trafficanti di origini italiane del calibro di Frank Caruso, Vincent Mauro e Salvatore Maneri (tutti strettamente legai al boss Lucky Luciano) vivevano in Spagna sotto false identità assicurando la fluidità dei traffici tra Italia e Usa. La Spagna ha continuato, poi, ad essere un paese in cui l'”aristocrazia criminale”italiana si è sempre trovata a suo agio. “Terra di accoglienza” per i grandi professionisti del crimine, tra cui molti latitanti, a partire da Gaetano Badalamenti, Antonio Bardelino, Natale Rimi, Gaetano Grado, Giovanni Greco, Raffaele Amato, Giuseppe Polverino, Nunzio De Falco, Patrizio Bosti, Pasquale Cuntrera. Ed ancora, come non citare Giancarlo Parretti, “il leone di Orvieto”, Felice Cuntrera, Pasquale Pirolo, abile esperto finanziario dei Casalesi, e Roberto Pannunzi, uno dei più grandi broker in assoluto del narcotraffico mondiale.
La Spagna ha sottovalutato per troppo tempo la presenza delle mafie italiane (di tutte e quattro) sul suo territorio ritenendo, dopo gli arresti clamorosi di oltre trent’ani fa di Badalamenti e di Bardellino, che si trattasse di episodi isolati riconducibili esclusivamente alla necessità di qualche “padrino” di trovare un buon rifugio nel paese. Soltanto negli ultimi anni, grazie alla eccellente collaborazione tra le autorità di polizia dei due paesi, è stato possibile svolgere importanti operazioni antidroga e contro la criminalità in generale assicurando alla giustizia alcuni importanti esponenti della c.o., in particolare della camorra. È la mafia napoletana, in effetti, che si è riuscita maggiormente ad infiltrare nel tessuto economico e sociale spagnolo, in particolare nelle province di Barcellona, dove stanno investendo alcuni personaggi contigui al clan camorristico Contini di Napoli, Malaga e Valencia, variando anche gli ambiti per il riciclaggio di denaro. Non più e non solo investimenti in insediamenti residenziali, hotel e resort di lusso, bar, ristoranti e locali, ma anche l’amministrazione di imprese che si dedicano alle energie alternative, il commercio di gioielli e metalli preziosi,la compravendita di imbarcazioni e veicoli di lusso. Investimenti e riciclaggio che avvengono anche nelle zone di maggior interesse turistico come quelle della Costa del Sol, della Costa Brava o nelle Isole Canarie dove, nel tempo, sono stati arrestati personaggi collegati alla ‘ndrangheta come Ippolito Magnoli, Rocco Piscioneri, Carmelo Gallico e Santo Maesano.
Per ultimo, si ricorderà l’arresto, nel luglio 2013, a Tenerife (Canarie) di Vincenzo Triassi uno dei capi storici del clan che controlla(va) il litorale romano nel contesto della indagine nota come “Mafia Capitale”. Per non parlare degli arresti, nel settembre del 2008, a Barcellona, di Mario Santafede, trafficante di droga ed esponente di spicco della criminalità romana (vicino anche agli ambienti dell’estrema destra di Massimo Carminati e Cristiano Fioravanti), condannato a otto anni di reclusione nel processo contro la banda della Magliana e di Alessandro Fasciani (esponente della famiglia che controlla e dirige l’importazione di droga verso il litorale romano), catturato a Barcellona nel marzo del 2013. Trovarono rifugio in terra spagnola anche diversi mafiosi tra cui Giuseppe Dentice, affiliato a “La Rosa” arrestato a Malaga nel 1996 e Alessandro De Fronzo, esponente del clan Palermiti (attivo nel quartiere Japigia di Bari), catturato a Barcellona nel 2010. L’ultimo campano a finire in manette è stato Andrea Ricci, arrestato il 25 ottobre scorso a Palma di Maiorca, latitante sin dal 2014 e considerato uomo di fiducia di Ciro Smiraglia, nipote del boss Michele (defunto).
La Spagna, infine, continua ad essere un luogo sicuro per tutta la seconda generazione di camorristi nati nel paese (quindi con la nazionalità spagnola e non estradabili) e qui pienamente integrati.

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