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Europa: colpire le ricchezze delle mafie

Giulia Baruzzo il . Senza categoria

beni-confiscati-01_0Nell’ultima edizione di Contromafie – Gli Stati Generali dell’Antimafia, tenutasi a Roma nell’autunno 2014, veniva sottolineato quanto la dimensione internazionale della criminalità organizzata abbia ormai minato i diritti fondamentali e la giustizia sociale anche nel resto del continente europeo. Sebastiano Tinè, della DG Home Affairs della Commissione Europea, aveva parlato in quell’occasione di “3600 gruppi criminali  in Europa che producono patrimoni enormi, di 2100 miliardi di dollari, pari al 1,5 % del PIL globale”. Questa “realtà economica”, che conosce i mercati legali e li sfrutta attraverso investimenti e nuove società di copertura, ha garantito alle mafie e alla criminalità organizzata di non essere solo più infiltrata ma di conformarsi come parte integrante del panorama socio-economico (e politico) in tutta Europa. Nello stesso anno, trentadue anni dopo l’approvazione della legge Rognoni-La Torre sulla confisca dei beni ai mafiosi, finalmente veniva approvata da parte del Parlamento europeo la direttiva sulla confisca dei beni ottenuti mediante attività criminali, che ha introdotto uno degli strumenti più efficaci di repressione della criminalità organizzata, il riciclaggio di denaro e la corruzione. La direttiva aveva 18 mesi per essere recepita dagli Stati Membri dell’Unione e Libera, attraverso la partecipazione alla Asset Recovery Offices Platform ha partecipato, e ancora contribuisce, al monitoraggio per la corretta applicazione della direttiva nei singoli Paesi.
Ora, dando seguito alla risoluzione della commissione CRIM del 2015,  arriva dal Parlamento Europeo la proposta di un Piano d’azione condiviso che implementi l’applicazione della direttiva 2014/42/UE e dia maggiore radicalità alla lotta della criminalità economica. Soprattutto il decreto sottolinea l’esigenza di “porre l’accento sul contrasto al reato associativo (ossia sull’appartenenza ad una organizzazione criminale) e non solo sul contrasto ai cosiddetti reati fine” che fino ad ora sono stati perseguiti come tali nella maggior parte d’Europa. Altre sottolineature importanti del decreto del 27 ottobre 2016 sono in tema di congelamento e confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’UE attraverso un “metodo comune” che rappresenti una misura dissuasiva per i criminali: come la globalizzazione delle mafie ci insegna, la cooperazione ed il riconoscimento delle procedure reciproche consente la semplificazione (e velocizzazione) in tema di indagini e operazioni di sequestro e confisca.
Inoltre, in linea con la grande battaglia promossa da Libera in Europa, nel decreto del Parlamento Europeo si promuove la gestione dei beni congelati e confiscati attraverso il reimpiego per fini sociali e come indennizzo per le famiglie delle vittime e le imprese colpite da usura ed estorsione. L’opzione del riutilizzo sociale è infatti cruciale perché dalla semplice vendita dei beni, si trasformino i proventi criminali in possibilità di riscatto sociale e culturale, non solo economico.
Prevenire l’infiltrazione della criminalità organizzata non può discernere dal contrasto alla corruzione a tutti i livelli, ed in questo decreto il Parlamento Europeo invita gli Stati Membri a monitorare ed a mappare le imprese coinvolte in atti di corruzione e le cosiddette “imprese criminali” coinvolte nel riciclaggio di denaro. Si rivolge anche a istituti bancari ed alla classe politica esortando alla garanzia di trasparenza.
Rispetto anche all’agenda europea di Libera, un altro punto fondamentale è stato incluso nel decreto: la costituzione di una Procura Europea (EPPO) indipendente da governi nazionali ed istituzioni europee per perseguire tutti i reati che ledono “gli interessi finanziari dell’Unione” e che possa quindi operare in ambito di contraffazione, traffico di stupefacenti, traffico di esseri umani, gioco d’azzardo, paradisi fiscali, reati contro l’ambiente, criminalità informatica, criminalità organizzata e terrorismo. Su temi prioritari come l’estensione della confisca anche a scopo preventivo, le regole per la tutela del whistleblower (entro la fine del 2017), l’incandidabilità nella pubblica amministrazione per reati gravi quali riciclaggio e corruzione sarà ora la Commissione a dover rispondere.
In linea con l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, per attuare davvero una politica aggressiva di confisca dei capitali criminali, è necessario però costruire sempre più consapevolezza tra i cittadini europei perché  questa diventi una battaglia che coinvolge tutti: attraverso lo scambio di buone pratiche e la promozione della cultura della legalità (che non può prescindere dalla giustizia sociale) anche la società civile è chiamata a chiedere conto alle istituzioni (nazionali ed europee) sul loro operato. Anche noi quindi siamo in prima persona responsabili in Europa della promozione della bellezza di ciò che in Italia significhi già – anche se con fatica – il riutilizzo sociale dei beni, dei terreni e delle aziende confiscate. Spetta anche a noi fare la nostra parte perché le parole condivise “in alto” diventino fatti concreti costruiti “dal basso”.

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