La Repubblica delle Filippine e l’azione antidroga del Presidente
La Repubblica delle Filippine, con i suoi circa cento milioni di abitanti, distribuiti su più di settemila isole, non è stata particolarmente fortunata nella scelta dei suoi ultimi presidenti. A partire da Gloria Macapagal Arroyo, eletta nel gennaio 2001, condannata successivamente per corruzione e ancora agli arresti,che è stata rieletta, pochi mesi fa, per la terza volta in Parlamento. Era subentrata a Joseph Ejecito Estrada, accusato anche lui di corruzione e di aver ricevuto consistenti finanziamenti dai narcotrafficanti durante la sua campagna elettorale. Il defunto presidente Ferdinando Marcos, poi, viene ricordato ancora oggi come il massimo esponente della “tangentopoli” filippina.
L’attuale presidente, il settantunenne Rodrigo Duterte, eletto a giugno scorso, invece, passerà alla storia come il grande “castigatore” dei trafficanti di droghe e degli spacciatori. La sua “politica” antidroga non fa riferimento alle leggi vigenti o a previsioni di sanzioni penali più severe. Duterte, ignorando le leggi nazionali, le Convenzioni Onu sull’argomento e la stessa organizzazione delle Nazioni Unite, ha pensato di risolvere il problema eliminando fisicamente gli spacciatori (ma anche altre persone sospettate di essere delinquenti o semplicemente “sfaccendati”) dando carta bianca alla polizia e a gruppi di paramilitari. Così, senza troppo affanno e perdite di tempo per legiferare ex novo, nè in lunghe indagini e processi, in un paio di mesi dalla sua elezione, il “Presidente” ha fatto “piazza pulita” con circa duemila vittime, di cui circa 1.200, attribuite agli squadroni dei “vigilantes”. Nell’attesa di vedere quale sarà la reazione (se mai ci sarà) dell’Onu (le Filippine ne fanno parte) e magari anche dell’UE (silenzio anche su questo versante), vale la pena ricordare che, secondo l’intelligence straniera, in questo paese sono censite poco meno di duecento organizzazioni locali di narcotrafficanti e un quindicina con “articolazioni” internazionali. Quanto alle prime il ruolo più rilevante è esercitato dalle Triadi (la 14K, la Sun Ye On, la Bamboo Gang) in stretto collegamento con la mafia giapponese. Tra i gruppi con rilievo internazionale vanno segnalati gli italiani.
Si tratta, per lo più, di cittadini provenienti dalla Campania, dalla Calabria e dalla Sicilia, ma anche dall’Australia, che si sono ben inseriti nel contesto sociale filippino grazie a rapporti amicali di buon livello con l’apparato locale, intessuti nel tempo. Sono parecchi gli italiani che, a Manila, gestiscono ristoranti, night club e locali di divertimento. La mafia siciliana, da molti anni, ha propri “ufficiali” di collegamento che curano gli aspetti organizzativi relativamente al traffico di “clandestini” e all’invio di stupefacenti. La presenza di circa due milioni di tossicodipendenti evidenzia drammaticamente il livello di consumo delle droghe. Si tratta di eroina, ma anche di cannabis e metamfetamine (chiamate shaboo), di inalanti e di cocaina. Gran parte delle coltivazioni di cannabis sono concentrate nelle zone di Cebu, Maguindanao, Davao (che ha avuto come sindaco l’attuale presidente), Cotabato e nell’isola di Mindanao. Laboratori per le amfetamine sono attivi su imbarcazioni di pescatori filippini che possono, così, “lavorare” indisturbati nelle acque internazionali, spostandosi di continuo tra Taiwan, Hong Kong e le coste giapponesi.
Dal commercio delle droghe sintetiche traggono finanziamenti anche le organizzazioni terroristiche (si tratta dei guerriglieri musulmani del Moro Islamic Liberation Front, di quelli di matrice comunista del National People’s Army e del Comunist Party of Philippine) che, dagli anni Sessanta, minacciano la stabilità del paese e nei cui confronti il presidente Duterte ha dichiarato una tregua unilaterale come primo passo per tentare di avviare un dialogo per la pace. Nel frattempo, nel silenzio sconcertante della politica internazionale (dell’Onu, in particolare ma anche dei paesi asiatici) continua la “mattanza” da parte di un presidente che, purtroppo, godrebbe di una popolarità di oltre il 90%.
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