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La sicurezza pubblica vista a Ferragosto

Piero Innocenti il . L'analisi, Senza categoria

Vien voglia di dire “ci risiamo!” con i dati statistici sulla delittuosità che, sistematicamente, ogni anno, in concomitanza con il ferragosto, vengono diffusi con comunicati tranquillizzanti dal Ministro dell’Interno di turno. Stavolta, tuttavia, i “numeri” ed i commenti sono stati dati con leggero anticipo (il 12 agosto) dal quotidiano La Repubblica, con un articolo di Alberto Custodero dal titolo “Furti, omicidi, rapine, il passo indietro della criminalità”. L’articolo, addirittura più rassicurante delle dichiarazioni che solitamente rilascia ai media il capo del Viminale il giorno clou dell’estate, inizia parlando di “delitti in calo in Italia”, elencandoli (omicidi, rapine, escluse quelle negli uffici postali, le violenze sessuali, le estorsioni, le truffe, i furti in abitazione, quelli di autovetture). In realtà, la prudenza non è mai troppa quando si affronta un tema così delicato come è quello della lettura e dell’interpretazione di dati sulla sicurezza pubblica. E Marzio Barbagli, storico e attento studioso dei fenomeni sulla criminalità e sulla sicurezza pubblica, lo ricorda subito, dichiarando “di non cantar vittoria (…) se vogliamo capire dobbiamo guardare non a tre anni ma ad un periodo più lungo”.
Ed è un dato di fatto che, negli ultimi dieci anni, vi è stato un incremento apprezzabile della cosiddetta criminalità appropriativa (furti in generale, nelle abitazioni in particolare, borseggi, rapine nelle case, nella pubblica via, ecc…). Azzardato, poi, a mio parere,  scrivere, come ha fatto Custodero, che “calano i delitti in Italia” senza la doverosa precisazione che si tratta dei delitti che vengono denunciati dai cittadini e quelli di cui le forze di polizia vengono a conoscenza diretta. Insomma, c’è una fetta, non trascurabile di delitti che rappresentano la cosiddetta “cifra oscura” e che, per una serie di motivi, non vengono denunciati (o non vengono più denunciati) e di cui, evidentemente, non si viene a conoscenza. Quindi non è detto che i delitti siano in calo. Oltretutto, come ho già avuto occasione di scrivere in passato, trattando di sicurezza, il milione e centoventimila delitti denunciati nei primi sei mesi del corrente anno, trattandosi di dato non consolidato, non possono essere messi a confronto con il milione e trecentoquarantasettemila delitti dello stesso periodo del 2015, dato questo certamente consolidato. È noto ai tecnici di polizia di stato e dei carabinieri che tale divario tende a diminuire, talvolta ad  annullarsi, come successo in passato, man mano che dai comandi/uffici periferici delle diverse forze dell’ordine pervengono gli aggiornamenti negli archivi centrali. Insomma, i conti è bene farli  con i dati stabilizzati e, cioè, in linea di massima, a metà dell’anno seguente a quello da analizzare e prendendo in esame un arco temporale congruo.
I dati statistici sulla delittuosità, elaborati dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza, vanno letti, dunque, con grande attenzione e vanno interpretati dagli analisti, interforze, di alto profilo, del Servizio Analisi Criminale della Direzione Centrale della Polizia Criminale, che hanno sempre invitato, invano, alla prudenza, nella lettura di tali dati, il vertice politico del Viminale. Troppo forte è, tuttavia, il desiderio di mostrare “dati alla mano” come il “sistema della sicurezza” stia dando risultati lusinghieri, con i “delitti in calo” , tralasciando di citare tutti gli altri “dettagli” che sono importanti per capire meglio come le cose vanno realmente (se nella statistica fossero, per esempio, inclusi tutti i delitti tentati – come avviene solo per gli omicidi – in tema di criminalità predatoria, il quadro generale sarebbe più realistico e meno tranquillizzante). E che non tutto vada come sarebbe auspicabile lo si rileva nel settore della repressione per cui, come già accaduto negli ultimi anni, anche nei primi sei mesi del 2016 vi è stato un calo di circa il 15% di delitti i cui autori sono stati identificati rispetto allo stesso periodo del 2015: 268mila (dato, lo ricordo, non consolidato) contro i 315mila. Che vuol dire anche meno persone arrestate/denunciate all’autorità giudiziaria, passate da poco più di 500mila del 2015 a 414mila del 2016 (erano state oltre 937mila nell’intero 2014 e 978mila nel 2013).
Su questo punto, già nell’autunno dell’anno passato era stato il prefetto Pansa, allora Capo della Polizia, a dichiarare  come in Italia si stesse “..vivendo una fase in cui l’ambito della repressione tendenzialmente si restringe”  -ritengo per una legislazione penale sempre più blanda, risorse umane inadeguate di polizia di stato e carabinieri, carceri insufficienti – invocando più prevenzione sia “..per la criminalità comune, organizzata e per il terrorismo”. E la prevenzione è sicuramente la più importante delle attività di polizia, come lo si rileva, da alcuni mesi a questa parte, anche a Roma e provincia, dove azioni di vigilanza visibili e coordinate di polizia di stato e carabinieri stanno dando risposte  apprezzabili alla collettività.

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