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L’hobby (italiano, ma non solo) di coltivare cannabis in casa

Piero Innocenti il . Senza categoria

Ormai in Italia sta diventando uno dei passatempo più praticati quello della coltivazione domestica di piante di cannabis. Più diffuso, soprattutto perché curare una serra di marjiuana in casa consente di realizzare buoni profitti con rischi, tutto sommato, non così pesanti. Dopo tutto anche se scoperti dalla polizia la denuncia in stato di libertà sta diventando la regola e, se va proprio male e si viene arrestati, dopo una notte in una camera di sicurezza della questura o dei carabinieri, si torna quasi sempre in libertà. O agli arresti domiciliari che, magari con qualche accorgimento, consentono di continuare a coltivare e a spacciare. Come succede spesso in situazioni del genere.
Oltre tutto, questa escalation di “produttori” casalinghi di marijuana, alcuni alle prime armi, pare possa essere ricollegabile alla prospettiva della legalizzazione della pianta prevista in un progetto di legge (a firma del senatore Benedetto Della Vedova e molti altri parlamentari di diversi partiti politici) proprio in questi giorni all’esame di Montecitorio (percorso legislativo non facile, se ne riparlerà a settembre prossimo).
Un consumo ricreativo di tale droga, pur con le limitazioni che si prevedono nella bozza del testo di legge, sarebbe un forte incentivo alla produzione e distribuzione della marjiuana (così come è avvenuto in alcuni Stati americani) con ricadute economiche molto interessanti per gli “imprenditori” della cannabis e per lo Stato che, con un’imposta eguale a quella del tabacco, incasserebbe diversi miliardi di euro. Ma tornando in casa nostra e stando alle notizie di cronaca degli ultimissimi giorni, non può non destare un certo stupore il susseguirsi di scoperte di estese piantagioni di cannabis o di più ridotte colture in casa da parte delle forze di polizia.
A cominciare dall’insospettabile quarantatreenne professore di scuola media superiore teramano che, sul balcone, aveva pensato di piantare una piccola serra di piantine scoperte dalla polizia. E, sempre nel teramano, a Roseto e a Bisenti, i carabinieri hanno denunciato due cinquantenni anche loro alle prese con  una ventina di rigogliose piante di cannabis. Le scoperte di colture di cannabis, in realtà, stanno avvenendo in molte zone del paese. È quanto si rileva anche dai rapporti mensili della DCSA (Direzione Centrale per i Servizi Antidroga) sull’azione di contrasto svolta nelle singole province dalla forze di polizia territoriali. Negli ultimi tempi, ormai, sono, mediamente, almeno una sessantina le province in cui avvengono sequestri di piante di marijuana. Nelle situazioni e nei posti più impensati. A Sora, per esempio, un trentacinquenne è stato sorpreso, “armato” di secchi di acqua, ad innaffiare, in una piccola radura a cui si accedeva da un passaggio creato appositamente, una trentina di queste piante. A Cagliari, nel quartiere Sant’Avendrace, in un locale appositamente attrezzato con impianto di ventilazione e di riscaldamento, due uomini accudivano una serra di una quarantina di piantine. A Legnano, poi, un uomo aveva piantato diverse piante nel garage accuratamente catalogate con etichette riportanti le varietà (“zanzibar moon”, “jack flash”, “rapid”). Più consistenti le coltivazioni scoperte dalla polizia a Papanice, nel crotonese, con una piantagione di 260 arbusti occultata in mezzo ai canneti e quella di 1.200 piante, nascoste sotto un fitto uliveto,trovate a San Pietro a Maida (CZ). Per non parlare della maxi-piantagione di marjuana (1.700 piante), in un campo ben arato insieme a piante di ulivo, trovata, sempre dalla polizia di stato, nella zona di Olbia, nei pressi di un cantiere della costruenda strada Sassari-Olbia. Sequestri che, sommati a quelli dei primi sei mesi del 2016, portano ad oltre 75mila il numero complessivo delle piante di cannabis tolte dal mercato illecito ( nel decennio 2016/2015, sono state sequestrate complessivamente oltre 8milioni di piante secondo i dati forniti nei rapporti annuali della DCSA).
Che la “guerra alle droghe”, iniziata oltre mezzo secolo fa in gran parte del mondo, sia stata fallimentare, nonostante importanti successi, è sotto gli occhi di tutti. Che si avverta l’esigenza di cambiare le politiche antidroga nazionali, sempre in una cornice internazionale, appare fondamentale se si vuole cercare di neutralizzare,almeno parzialmente, le organizzazioni criminali del narcotraffico e, soprattutto, colpire le ingentissime ricchezze accumulate e investite in moltissimi paesi. La legalizzazione delle droghe leggere, forse, potrebbe rappresentare un’apertura graduale in una legislazione penale sugli stupefacenti piuttosto severa con l’obbligo di un esame, a distanza di un ragionevole arco temporale, per verificare la situazione generale e capire quali siano stati i risultati. E’ quanto scritto da Roberto Saviano nel suo articolo “Così legalizzare la cannabis può indebolire mafie e terrorismo” (su La Repubblica del 25 luglio scorso) in cui, tra l’altro,suggerisce di “..provare a riformare la realtà che viviamo procedendo per tentativi, ragionando, misurandosi con la complessità dei problemi reali”. E quello del proibizionismo delle droghe a tutti i costi è un dannato, serissimo problema che ci riguarda tutti.

 

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