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Expo 2015, l’ombra di Cosa nostra

Lorenzo Frigerio il . Senza categoria

Tempi duri per l’onore del Paese. Gli azzurri di Conte finiscono fuori dagli Europei di calcio per mano della Germania e cade anche la retorica dell’Expo “mafia free”, al termine di un’inchiesta coordinata dai magistrati della Dda di Milano.
Ha avuto l’effetto di un fulmine a ciel sereno l’operazione eseguita dal Gico della Guardia di Finanza che, in settimana, ha portato all’arresto di undici persone – sette in carcere e quattro ai domiciliari – con l’accusa di associazione per delinquere, con l’aggravante, ex art. 7 d.l. 152/1991, della finalità di favorire la famiglia mafiosa di Petraperzia, piccolo centro in provincia di Enna e collegamenti con la cosca di Castelvetrano, territorio sotto il controllo di Matteo Messina Denaro.
Negli stessi giorni in cui s’insediava la nuova amministrazione comunale di Milano, guidata dal sindaco Beppe Sala, già commissario unico di Expo, l’ombra di Cosa nostra si è distesa pericolosamente sull’esposizione universale, celebrata come l’evento simbolo della rinascita e della riscossa dell’Italia.
Mentre i commentatori più avveduti si affannano a spiegare che non sono state individuate responsabilità penali in capo ai responsabili di Ente Fiera e di Expo, resta da capire come un giro di appalti dal valore di circa 20 milioni di euro, dal 2013 a oggi, possa essere finito sotto il controllo di imprenditori e prestanome pronti a inoltrare i proventi alla cosca mafiosa di riferimento.
Sotto i riflettori degli inquirenti è finita l’attività della Dominus Scarl, un consorzio che utilizzando la Nolostand spa – controllata da Fiera Milano – si è occupata anche della realizzazione di alcuni padiglioni di Expo, tra cui quelli di Guinea, Qatar e Francia. La Nolostand ora è commissariata e dalle indagini si aspettano nuovi sviluppi. Il pm Paolo Storari ha voluto sottolineare come a verificare la correttezza delle procedure dovesse essere Nolostand e non Expo: circostanza resa ancora più critica dal fatto che Nolostand facendo affidamenti diretti e non gare ad evidenza pubblica era sottratta ai controlli previsti.
Ad inquietare, infatti, è la facilità con cui sembra gli uomini collegati alle cosche siano riusciti ad utilizzare lo schermo di società partecipate dal pubblico per accaparrarsi somme così ingenti.
Il procuratore aggiunto Ilda Boccassini ha parlato di “un fiume di denaro in nero” che parte da Milano, dalla Lombardia per arrivare in Sicilia, mettendo sotto accusa un’imprenditoria lombarda pronta a frodare il fisco e ad eludere i controlli, per massimizzare i profitti, senza troppo badare ai compagni di viaggio che incrocia nelle intraprese economiche. L’ordinanza di custodia cautelare è stata accompagnata anche dal sequestro preventivo di un milione di euro in contanti. Un container carico di denaro è stato fermato all’imbarco al porto di Napoli: 400mila euro il valore dei contanti bloccati dalla Finanza.
Gli elementi apicali dell’associazione, nella ricostruzione degli inquirenti, sono l’imprenditore Giuseppe Nastasi – il titolare, di fatto, del consorzio Dominus – e il suo socio Liborio Pace, direttamente collegato alla famiglia di Pietraperzia. Attorno a loro si registra una girandola di fatture false e altri reati fiscali e una fitta attività volta ad intercettare gli appalti relativi ai servizi dei siti fieristici che insistono sulla metropoli lombarda, Expo 2015 compreso.
Da registrare, nell’immediatezza dei fatti, il commento del presidente dell’ANAC, Raffaele Cantone che, dopo aver ringraziato la Procura di Milano, ha sottolineato come le indagini in corso non inficino le procedure d’appalto di Expo svolte con il visto dell’Anticorruzione, perché riguardano subappalti sottratti al controllo di ANAC o lavori che, svolgendosi in padiglioni esteri, sono stati sottratti alla legislazione nazionale. Un rischio questo peraltro evidenziato dalla relazione del Comitato antimafia di esperti del Comune di Milano, guidato dal professor Nando dalla Chiesa, ma senza che nulla fosse fatto per porvi rimedio.
Alla fine, resta l’amaro in bocca: dopo essersi sentiti ripetere a lungo e come un mantra la storia dell’Expo “mafia free”, tocca prendere atto della dura realtà, così come l’ha spiegata l’altro girono Ilda Boccassini.
Cosa nostra, data per morta da tempo, si è presa la rivincita sulla ‘ndrangheta, dimostrando maggior abilità nello sfruttare le maglie del sistema legislativo, per prevenire controlli e mettere ben più di un piede nella ricca Lombardia.

 Giorgio Ambrosoli e l’Expo 2015. Manette a Milano, etica a Modena

 

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