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Cassazione: “La ‘ndrangheta è un’organizzazione unitaria”

Fabrizio Feo il . Istituzioni

Vanno avanti le indagini della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria che un mese fa hanno segnalato l’esistenza di una rete di relazioni capace di gestire o condizionare le principali attività economiche di Reggio Calabria, di influenzare anche la pubblica amministrazione, la politica. Una rete con al centro l’ex parlamentare del Psdi Paolo Romeo, condannato in passato per concorso esterno in associazione mafiosa. Un’inchiesta che parla di una ‘ndrangheta che ha molte facce ed è infiltrata a diversi livelli della società. E vanno avanti a Reggio anche altre inchieste. Ma tutte con grande fatica. Il perché lo ha spiegato ieri, in quello che è un grido d’allarme in piena regola, il Procuratore della Repubblica Federico Cafiero de Raho: mancano magistrati. Mancano in Procura, ma anche nei collegi giudicanti. E a Reggio Calabria, più che altrove, questa condizione non è in nessun modo ammissibile. Anche perché dalla Cassazione – insieme alla conferma delle condanne per i processi legati alla grande inchiesta delle procure di Reggio e Milano di sei anni fa – arriva la conferma di un dato che per decenni in tanti hanno negato.
Associazione criminale con tentacoli all’estero e in molte regioni italiane, in qualche caso letteralmente “invase”, la ‘ndrangheta è un’organizzazione unitaria. “L’organizzazione unitaria e non parcellizzata, anche nelle sue propaggini al Nord e nelle altre parti d’Italia, è un dato acquisito. E al di là dei risvolti giudiziari, rafforza l’idea della pericolosità raggiunta dalla ‘ndrangheta”. Così, già nel giugno di 2 anni fa, il procuratore aggiunto Ilda Boccassini commentava il verdetto della Cassazione sul processo a uno dei tronconi dell’inchiesta Crimine-Infinito che nel luglio 2010 aveva portato a 300 arresti complessivi in Calabria, in Lombardia ed altre aree del Paese. Sentenza che aveva confermate quasi tutte le condanne ai 92 imputati del più importante processo alla ‘ndrangheta condotto dalla Procura di Milano a carico delle ‘ndrine radicate in Lombardia. ‘Ndrine lombarde che comunque, aveva scritto la Cassazione, pur in una logica unitaria e nel rispetto delle “famiglie d’origine” calabresi, puntavano ad una marcata autonomia.
Ora la Suprema Corte – con una nuova sentenza su un troncone calabrese dell’inchiesta citata – sottolinea che la ‘ndrangheta è una sola e non un insieme di cosche che agiscono in modo scollegato, ognuna per conto proprio. Tesi che i magistrati di Reggio Calabria hanno sostenuto praticamente per decenni. Il primo ad esserne convinto è stato l’attuale Procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, che da Procuratore aggiunto di Reggio si occupò dell’inchiesta Crimine con l’allora capo dell’Ufficio Giudiziario della città calabrese, il Procuratore Giuseppe Pignatone. L’inchiesta Crimine, fu avviata nel 2009 dopo che i Carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria presentarono una serie di rapporti su un centinaio di indagati. Si cominciò a tenere d’occhio un gruppo di ‘ndranghetisti che si spostavano verso Rosarno. I Carabinieri misero sotto stretta sorveglianza anche il Santuario di Polsi: avevano appreso infatti che in occasione della festa dedicata proprio alla Madonna di Polsi, nei primi giorni di settembre del 2009, ci sarebbe stata la ratifica della nomina di Domenico Oppedisano al vertice dell’intera organizzazione. Con intercettazioni ambientali e telecamere nascoste furono poi documentate le riunioni presiedute da Oppedisano. L’indagine si allargò alla fascia tirrenica, quindi al vibonese, infine alla Lombardia ed alla Svizzera. Tra le Procure di Reggio Calabria e di Milano vi fu un coordinamento perfetto e il 13 luglio 2010 scattò l’operazione congiunta. “La decisione della Cassazione –spiega oggi il Procuratore Gratteri – determinerà notevoli vantaggi per l’attività investigativa e delle Procure : quando dovranno avviare indagini sulla ‘ndrangheta si ritroveranno come base di lavoro non più un nostro teorema, ma una sentenza della Corte di Cassazione. In precedenza – aggiunge Gratteri – con le inchieste ‘Primavera’ ed ‘Armonia’, avevamo cercato di dimostrare l’unitarietà della ‘ndrangheta, partendo dalla sentenza scritta nel 1970 dall’allora presidente del Tribunale di Locri, Marino. Già allora , in quella sentenza, si parlava di ‘ndrangheta unitaria. Ma la Corte d’appello di Reggio Calabria non confermò la nostra tesi considerata valida dai giudici di Locri”.

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