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Matteo Renzi e Patti Smith sulla riforma della Costituzione

Rocco Artifoni il . referendum e costituzione

Per lanciare la campagna per il sì al referendum sulla riforma costituzionale Matteo Renzi sabato 21 maggio è arrivato a Bergamo.  

Anzitutto c’è la stranezza che, nel bel mezzo della campagna elettorale per il rinnovo di una quarantina di amministrazioni comunali in provincia di Bergamo, Renzi si preoccupi del referendum sulla Costituzione.

Inoltre, non è chiaro se a parlare del referendum sia stato il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Segretario del Partito Democratico, problema che si pone soltanto quando c’è una sovrapposizione di ruoli, che sarebbe opportuno evitare anche soltanto per questa ragione. Non si tratta soltanto di una questione di forma, perché alcune frasi pronunciate da Renzi possono assumere un senso diverso in relazione alla rappresentanza che le ha espresse. Per esempio, ad avversare la riforma costituzionale, secondo Renzi sarebbe un gruppo «che è tutto e il contrario di tutto, da Berlusconi a Magistratura democratica».

Accostamento alquanto acrobatico, visto che il progetto di revisione costituzionale è nato dal cosiddetto patto del Nazareno tra Renzi e Berlusconi. La critica a Magistratura Democratica sembrerebbe una posizione espressa come segretario del PD, ma subito dopo Renzi ha aggiunto: «Non ho fatto un concorso per fare il presidente del Consiglio ma sono stato chiamato da quel galantuomo di Giorgio Napolitano per fare le riforme». E qui si aggiunge altro spazio all’ambiguità, essendo le riforme legislative una materia di competenza parlamentare e non governativa.

Non è nemmeno chiaro perché Renzi abbia deciso di inaugurare simbolicamente la campagna referendaria a Bergamo, terra dalle profonde radici cattoliche e per certi aspetti tradizionalista, difficilmente in sintonia con la retorica della rottamazione.

Infatti, proprio il giorno dell’arrivo di Renzi, L’Eco di Bergamo, autorevole e molto diffuso  quotidiano della curia vescovile, è uscito con un editoriale di don Alberto Carrara, che suggeriva al Presidente del Consiglio dei Ministri di ricordare due parlamentari cattolici bergamaschi deceduti da alcuni decenni, Vittoria Quarenghi (già presidente dell’Azione Cattolica) e Vincenzo Bonandrini (già presidente delle Acli), persone stimate da tutti per la passione per il bene comune, la serietà  dei comportamenti, la sobrietà dello stile e la competenza professionale che li ha contraddistinti. Ovviamente Renzi (definito “giovane e rampante”) non li citerà, anche perché – secondo l’editorialista de L’Eco di Bergamo – “molto probabilmente non li conosce”. E aggiunge: “Quella stagione è finita. Ma, insieme con quella stagione, è finita la dimensione sognante, profetica della politica.” Come dire che quella odierna, rappresentata anzitutto da Renzi (ma non solo), è una politica di un livello sicuramente più basso ed effimero, che punta più all’esibizionismo mediatico che alla sostanza delle questioni.

Venendo al merito del referendum, Matteo Renzi ha messo subito le mani avanti: «Se questa riforma non passa sarà il paradiso terrestre degli inciuci. Se passa, il partito che vince governa, gli altri staranno all’opposizione». Frase che lascia perplessi, perché  anche l’accordo tra il Pd, il partito di Alfano e il gruppo di Verdini, che attualmente sostengono il Governo Renzi,  potrebbe tecnicamente essere definito un “inciucio”. Ma la vera domanda è: che cosa c’entra tutto ciò con la Costituzione vigente o con il progetto di revisione? Che il partito vincitore delle elezioni possa governare dipende evidentemente dalla legge elettorale, non certo dalla Costituzione.

Infine, Matteo Renzi , facendo uno spot al sito internet www.bastaunsi.it, ha concluso: «basta un sì per rendere la politica una cosa seria». Come se adesso non lo fosse. E può anche darsi che di questi tempi la politica sia diventata poco seria. Ma è difficile pensare che sia a causa della Costituzione vigente, scritta da persone serissime, al cospetto delle quali il confronto con l’attuale classe politica è decisamente improponibile.

La relazione di Renzi si è conclusa – non casualmente – con  la canzone di Patti Smith “People have the power” come colonna sonora: ovvero “il popolo ha il potere”. Una frase che ricorda “la sovranità appartiene al popolo”, cioè il secondo comma dell’art. 1 della Costituzione, che però ha un seguito di fondamentale importanza: “che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

In effetti, tra Patti Smith e la Costituzione repubblicana può passare la differenza tra il populismo di massa e la democrazia dell’equilibrio dei poteri. In ogni caso, il testo di Patti Smith, dopo aver detto che “il popolo ha il potere…”, prosegue  dicendo “…di redimere l’opera dei pazzi”. Forse Matteo Renzi ha sbagliato colonna sonora.

Rocco Artifoni

 

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