Brindisi, scacco ai narcotrafficanti
I Carabinieri della Compagnia di Francavilla Fontana, coadiuvati da tutti i reparti del Comando Provinciale di Brindisi e dai Nuclei Cinofili di Modugno, hanno tratto in arresto otto persone.
L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal GIP del Tribunale di Lecce. Gli imputati sono accusati di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (cocaina, marijuana ed hashish) e, a vario titolo, di concorso in traffico e detenzione illecita di ingenti quantità di sostanze stupefacenti, porto e detenzione illegali di arma da fuoco.
Quest’operazione, denominata “Finibus 2”, è un prolungamento dell’indagine che si è concretizzata lo scorso 16 novembre con l’esecuzione di una misura cautelare a carico di 13 indagati.
I nuovi accertamenti sono stati coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce e si sono conclusi nel marzo di quest’anno.
La prima inchiesta viene condotta dalla Procura di Brindisi e prende il via con l’arresto di Fiorella Caforio, nella cui abitazione, il 23 marzo 2015, viene sequestrato oltre mezzo chilo di hashish. Le intercettazioni telefoniche sulle utenze di Ruggiero Semira, madre della Caforio e convivente di Daniele Risonola consentono, in breve tempo, di appurare i contatti della coppia con Francesco Trisolini e Van Heel Patricia. Gli incontri avvenivano, soprattutto, presso l’abitazione di campagna del Trisolini.
Le indagini si sono basate su intercettazioni telefoniche e ambientali, servizi di osservazione, monitoraggi delle vetture tramite GPS, filmati acquisiti da vari impianti di videosorveglianza, controlli stradali, riscontri presso le biglietterie degli aeroporti, operazioni di perquisizione e sequestro. Il lavoro degli investigatori consentiva di “appurare il coinvolgimento degli indagati nell’acquisizione all’estero e nel trasporto di ingenti quantitativi di cocaina destinati allo spaccio sul mercato salentino”, come recita l’ordinanza. Il 31 luglio 2015 veniva arrestato Francesco Trisolini che, nel corso degli interrogatori del 2 e 9 dicembre 2015, forniva agli inquirenti materiale probatorio fondamentale per lo sviluppo delle nuove indagini.
“Ho chiesto di conferire con l’Autorità Giudiziaria perché intendo dichiarare tutto quanto è a mia conoscenza in ordine alle vicende per le quali sono stato tratto in arresto e per le quali ho reso in data 16 novembre 2015 verbale di dichiarazioni spontanee dinanzi al comandante della Polizia Penitenziaria. Non faccio parte né ho mai fatto parte di organizzazioni mafiose e non sono stato coinvolto in traffici illeciti fino a quando ho conosciuto… (omissis).
Dopo esserci conosciuti in Germania, (omissis) mi rappresentarono che erano coinvolti nel traffico di sostanze stupefacenti ed in qualche modo mi chiesero di aiutarli, attratti dalla mia conoscenza dei luoghi e delle lingue. Sono stato infatti a lungo in Olanda e in Germania dove ho svolto attività nella logistica e conosco quattro lingue. Tornato nel Salento, nel 2014, con (omissis) mi sono recato a casa di Patrizio Perrone (omissis).
Da quel momento, precisamente da quell’incontro, è iniziata la mia collaborazione con Patrizio Perrone (omissis). Patrizio mi ha incaricato di svolgere una attività di supervisione al momento in cui venivano effettuati i carichi all’estero di sostanza stupefacente, e questo sia per verificare la qualità della droga che per rassicurarsi sul pagamento della stessa. È stato così che ho partecipato al primo incontro finalizzato alla fornitura di circa 40/45 kg. di cocaina da parte di (omissis)…”.
Il GIP, nell’ordinanza, ravvisa “gravi indizi di colpevolezza in ordine agli episodi di trasporto di droga del maggio, giugno e luglio 2015”.
“A fine giugno e a fine luglio 2015 Trisolini Francesco e Van Heel Patricia, Risonola Daniele e Ruggiero Semira, Nucera Simone, Perrone Patrizio con la moglie Mileto Maria Grazia e la figlia Perrone Francesca si resero protagonisti, in concorso, di due distinti approvvigionamenti di cocaina all’estero, come si desume inequivocabilmente dai servizi di osservazione, dai controlli aeroportuali, dalle localizzazioni satellitari di vetture e telefoni, dai filmati degli impianti di sorveglianza, dal tenore delle conversazioni intercettate e dal definitivo riscontro oggettivo del sequestro di 39,342 kg. di cocaina occultati nella Peugeot condotta da Trisolini Francesco in data 31 luglio 2015, che rappresenta il sigillo inconfutabile della ricostruzione operata con i predetti altri elementi acquisiti nel corso dell’indagine. Trisolini, arrestato in flagranza e poi sottoposto a misura cautelare dal GIP di Brindisi nel novembre 2015, ha confessato i due rifornimenti di droga, precisando di aver prelevato 45 kg di cocaina a Utrecht e poi circa 40 kg a Rotterdam e aggiungendo di aver effettuato due trasporti analoghi (40-45 kg), in collaborazione con Perrone Patrizio, anche nel 2014 (a giugno a Dusseldorf, ad agosto a Utrecht)”.
Nel maggio 2015, Risonola, Trisolini e Nucera allestivano un veicolo sicuramente utilizzato nei rifornimenti di giugno e luglio. In riferimento a questi traffici sembra scontato il coinvolgimento non solo delle rispettive conviventi Ruggiero Semira e Van Heel Patricia, ma anche di Alain Fernando, figlio minore del Trisolini e dei componenti della famiglia Perrone (Patrizio, la figlia Francesca e la moglie Mileto Maria Grazia).
“In entrambi i casi Trisolini si recava in Germania e Olanda con la Van Heel e il figlio (la prima volta in auto con la Peugeot, la seconda in aereo), mentre il Risonola effettuava da solo viaggi-lampo in aereo di andata e ritorno, evidentemente per partecipare alla conclusione dell’affare; a luglio, in particolare, Trisolini rientrava ad Oria in aereo da solo e ripartiva il 28 con la Peugeot per effettuare il carico, tornando il 31 con tutta la famiglia che nel frattempo era rimasta in Olanda”, scrive il GIP nell’ordinanza.
“Se a ciò si aggiunga che Nucera Simone metteva costantemente a disposizione la Peugeot e Ruggiero Semira assumeva un ruolo rilevante nella gestione degli affari, recandosi personalmente più volte in casa del Trisolini, maneggiando il denaro e prendendo decisioni in egual misura al suo convivente Daniele Risonola e alla coppia Trisolini-Van Heel, risulta chiaro un contesto illecito in cui tutti i soggetti sin qui indicati cooperavano per la gestione di un imponente traffico di cocaina, unitamente a Perrone Patrizio, Mileto Maria Grazia e Perrone Francesca, i quali, pur non occupandosi direttamente dell’organizzazione degli approvvigionamenti all’estero, finanziavano l’operazione perché, all’esito, dovevano provvedere alla distribuzione sul mercato locale di una cospicua parte del carico”.
Patrizio Perrone è ritenuto dagli inquirenti un “grossista” di cocaina che si serviva di un’articolata rete di pusher per distribuire sul mercato la sostanza stupefacente.
Nell’ordinanza viene rimarcato il suo ruolo all’interno dell’organizzazione.
“Egli, con il ricavato delle vendite, era in grado di pagare anticipatamente i fornitori ed agire a stretto contatto con i soggetti, quali Trisolini, la Van Heel, Risonola, la Ruggiero e Nucera, che si occupavano direttamente dell’approvvigionamento periodico all’estero, attraverso il canale che Trisolini aveva trovato in Olanda e Germania certamente sfruttando conoscenze legate alla provenienza della sua convivente proprio dai Paesi Bassi, nazione peraltro storicamente assurta a polo strategico di importazione della cocaina dai mercati sudamericani”.
Il gruppo disponeva di notevoli somme di denaro in contanti, come dimostra il ritrovamento di ben 402.900 euro nascosti in una campagna del Mastria e ritrovati dai Carabinieri il 19 agosto 2015. Il malloppo costituiva il ricavato delle vendite all’ingrosso della droga. Da sottolineare che, precedentemente, erano stati rinvenuti, addosso al Perrone, 9000 euro prima e 15160 euro poi. Inoltre, nelle intercettazioni, vi è un chiaro riferimento ad almeno 180.000 euro in contanti consegnati da Risonola a Trisolini la mattina del 2 luglio 2015.
“Francè, questi sono 180…li ho fatti tutti da 10…sempre 36 no?”, vale a dire il corrispettivo di 5 panetti e 148.000 euro nel pomeriggio di quello stesso giorno.
“Nel pomeriggio ti porto gli altri, che non li tenevo tutti in un posto…cinque e tre questi qua, otto…uno fuori…queste sono 9 mazzette da 10 e due da 20…tre da sei sono…”, ossia, all’incirca, il corrispettivo di altri 4 panetti per un totale complessivo di 9, mentre gli altri 21 erano stati recapitati da Perrone.
Fiumi di denaro, vere e proprie operazioni finanziarie che il clan provvedeva a registrare su un cosiddetto “libro nero”, di cui si parla nelle conversazioni intercettate. Tutto ciò dimostra la tenuta della contabilità e l’esistenza di una cassa comune.
Un altro aspetto evidenziato dal GIP nell’ordinanza è “lo spirito solidaristico che animava il gruppo, la febbrile attività degli indagati nell’eliminare prove a carico dopo l’arresto del Trisolini, in particolare lo spostamento dei 402.900 euro nella campagna del Mastria, lo smaltimento di un quantitativo di hashish in un cassonetto di rifiuti indifferenziati reperito addirittura in altra città e l’occultamento di varie armi, soprattutto con l’ausilio di Trisolini Raffaele (fratello di Francesco n.d.a.), giunto da Bologna proprio per dare una mano. Emblematica in tale ottica, anche per suggellare definitivamente la prova dell’affectio societatis, è la considerazione di Ruggiero Semira nella conversazione intercettata l’11 agosto 2015 sui rischi inopportunamente corsi da Trisolini (infatti arrestato il 31 luglio) nel coordinare in prima persona le operazioni: “se ci avesse sentito a noi, quante volte glielo abbiamo detto, era troppo sicuro lui…quando avrebbe potuto solo governare…”.
Il GIP riconosce “l’aggravante della disponibilità di armi in virtù del continuo riferimento a pistole e ad un fucile da eliminare o almeno occultare nelle fasi successive all’arresto del Trisolini”.
I fatti emersi dalle nuove indagini dimostrano, rispetto al primo troncone dell’inchiesta, che il gruppo si era strutturato in una vera e propria associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.
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