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Migrazioni: la falsa ricetta dell'”aiutiamoli a casa loro”

Piero Innocenti il . Senza categoria

E’ bene non farsi illusioni sulla possibilità reale di bloccare o arginare con sistemi di polizia, sbarramenti di filo spinato, terrapieni, muri e centri di detenzione, i flussi migratori provenienti dai paesi africani che trovano nella Libia il punto di partenza di centinaia di barconi.

Le stime che si fanno, anche sulla scorta di informazioni di agenti europei presenti nell’area, sono drammatiche. Si parla di decine di migliaia di profughi in arrivo, che si alternano ad altrettanti in partenza. I viaggi della disperazione, già numerosi in questi primi tre mesi del 2016 (164 eventi con 18.288 persone soccorse/sbarcate al 31 marzo,  a cui vanno aggiunte altre 1.057 presenti a bordo di navi e mercantili che si dirigono verso alcuni porti siciliani), stanno riprendendo in modo consistente con le condizioni meteo marine in netto miglioramento.

Aspettiamoci il solito “rimedio” di alcuni populisti e incompetenti di fermare i barconi in mezzo al mare, di fare un blocco navale innanzi alle coste africane, di usare gli incursori della nostra Marina Militare per distruggere le imbarcazioni degli “scafisti”, di utilizzare i droni e altre fantasiose ipotesi del genere. Tutte irrealizzabili, appunto.

Se, poi, si mettesse un “tappo” navale innanzi alle coste libiche, i trafficanti di persone affollerebbero le altre rotte marine che partono dalla Turchia (paese da cui, dopo il fondo di tre miliardi di euro dato dall’UE, sono sensibilmente rallentate le partenze verso le coste greche), dall’Egitto, dalla Tunisia, dal Marocco.

E se si pensasse di fare altrettanto anche innanzi alle coste di questi paesi aumenterebbero gli esodi a bordo di autocarri che si imbarcano nei porti greci e nei container delle navi. E aumenterebbero le morti per asfissia nei cassoni o perché maciullati dalle ruote di un Tir al cui chassis i “clandestini” restano avvinghiati per decine di ore. Sulle migrazioni e sulle morti in mare , con alcune dichiarazioni di semplici cittadini comunitari e parlamentari di disprezzo, violenza, menefreghismo, lo scadimento umano ha raggiunto livelli davvero insopportabili.

La verità è che la politica generale dell’immigrazione continua a basarsi sulla esigenza di ridurre il flusso di ingresso nell’Ue e di aumentare quello in uscita con rimpatri, espulsioni, respingimenti alla frontiera, allontanamenti, stazionamenti in campi attrezzati, possibilmente lontani dai nostri confini.

Si continua a perseguire questo obiettivo con esponenti politici a livello UE ostili verso gli stranieri, aumentando gli ostacoli alla loro inclusione, sottoponendoli alla umiliazione dei rimpatri verso la Turchia o sbarrando le frontiere in alcune zone dei Balcani con l’esercito  il filo spinato.

Ha un senso la “ricetta” che di tanto in tanto viene sbandierata dell'”aiutiamoli a casa loro”? A me pare molto ipocrita. Gran parte dei paesi che l’hanno richiamata hanno devoluto pochi fondi alla cooperazioni internazionale.

L’Italia, che pure ha svolto da sola negli anni passati importanti operazioni di salvataggio in mare (vedi Mare Nostrum), è stata in coda alla classifica europea e tra gli ultimi paesi a livello mondiale in tema di stanziamento di aiuti in rapporto al Pil.

Chi sostiene l’aiuto in casa loro lo fa, a ben vedere, più per insofferenza verso una società multietnica che per un dovere di solidarietà verso i più poveri, ritenendosi detentore di un primato  morale e culturale di “popolo superiore”.

Quello che appare rimosso dal dibattito pubblico sul tema – a parte i frequenti, vergognosi insulti della Lega – , è che i paesi in via di sviluppo più che essere aiutati avrebbero bisogno di non essere danneggiati e spogliati dai paesi ricchi e potenti.

E’ vero che molti fuggono da guerre e da regimi oppressivi ma ci si dimentica quando i vari paesi occidentali, per interessi vari, hanno contribuito a mantenerli e foraggiarli (vedi le dittature di Gheddafi e di Ben Alì).

Senza contare la vendita di armi e attrezzature belliche a paesi in perenne conflitto o le devastazioni ambientali praticate dalle diverse compagnie petrolifere nel delta del Niger.

Rimuovere le cause dell’emigrazione con un’azione seria di cooperazione e di sviluppo è fondamentale nella misura in cui si cambiasse totalmente la pratica neocolonialista che ancora si applica a paesi cosiddetti poveri ma ben forniti di materie prime che fanno gola ai paesi ricchi.

Si deve passare, in definitiva, dalla falsa logica dell'”aiutiamoli a casa loro” a quella del “non sfruttiamo e non danneggiamo le terre dove quegli uomini vorrebbero poter vivere tranquillamente”.

Piero Innocenti

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