Messina un 21 marzo da non dimenticare
Il sole di Sicilia, che scalda la piazza di Messina fin dalle prime ore di lunedì 21 marzo, nonostante un venticello pungente, propaga il suo calore fino ad arrivare alle tantissime altre piazze d’Italia collegate con Messina, in occasione della ventunesima edizione della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie.
E poco importa se qualche giorno prima in Senato, l’approvazione del 21 marzo come giornata nazionale ha comportato il sacrificio di quell’aggettivo “innocenti” che tanto ha voluto dire nella storia della lotta alle mafie nel nostro Paese. Ora toccherà alla Camera dei Deputati apporre il sigillo definitivo e forse – forse – è la volta buona perché la richiesta della stragrande maggioranza dei familiari delle vittime venga accolta.
Se avessimo fatto una scommessa sulla partecipazione alla manifestazione di Messina, piazza centrale del 21 marzo promosso da Libera, l’avremmo sicuramente persa. C’erano tante incognite alla vigilia: il fatto che quest’anno il 21 fosse di lunedì penalizzava la presenza di lavoratori e studenti; la contemporanea celebrazione della giornata in mille e più luoghi d’Italia privava la manifestazione centrale dell’apporto delle delegazioni delle regioni, soprattutto del nord; infine, la posizione di Messina, non propriamente atta a facilitare arrivi e spostamenti, poneva più di un dubbio su come la piazza siciliana avrebbe risposto all’invito di Libera.
Il giorno prima il 21 marzo
Il prologo alla giornata è stato di per sé un evento nell’evento. Nel pomeriggio di domenica, i pullman del Corpo Forestale e della Polizia di Stato avevano trasportato i familiari arrivati da ogni parte d’Italia nel cuore della città, presso il teatro comunale. Qui questo popolo dolente e composto, fatto di anziani padri e giovani figli e tanti parenti delle vittime, si è dato appuntamento per la tradizionale assemblea dei familiari, dove sono state condivise le testimonianze, purtroppo, soltanto di alcuni di loro. Troppo poco il tempo, ma tanta anche l’emozione nell’ascoltare storie vecchie e nuove di chi ha perso la vita per mano della violenza mafiosa, insieme alle storie dei desaparecidos messicani, le cui vicende incredibili sono state portate in Italia da alcuni dei loro familiari, nell’ambito delle attività promosse dal settore internazionale di Libera.
Subito dopo l’assemblea, è stata la volta di un altro momento rilevante: la veglia ecumenica presso la chiesa di Santa Caterina. All’interno di questo spazio riservato al ricordo e alla preghiera, sono stati letti i nomi delle vittime e al termine, si è tenuto un intervento toccante e lucido di Angela Manca, la madre di Attilio, l’urologo barcellonese, trovato morto a Viterbo l’11 febbraio del 2004.
Sulla fine del figlio, inizialmente etichettata come un suicidio per overdose, sono calate pesanti ombre di depistaggi e di omissioni da parte degli inquirenti. La donna ha lanciato ancora una volta un appello perché si possa avere verità e giustizia sulla fine del figlio, picchiato selvaggiamente prima che ne fosse inscenata maldestramente la fine.
Purtroppo la sorte del caso Manca è la regola per oltre il 70% dei casi dei familiari delle vittime di mafia che non sanno il motivo della fine dei loro cari.
Sono seguiti poi sono gli interventi di Antonino Raspanti, vescovo ausiliario di Acireale e amministratore apostolico di Messina, di Rosario Confessore, pastore valdese e di Mohamed Rafat, presidente della Comunità islamica di Messina. Una coralità di toni, nel segno del valore della parola e della testimonianza, ha riversato sui presenti quell’afflato ecumenico necessario che ha ribadito quanto il senso religioso appartenga alla storia di tutti, credenti o meno non importa.
Accuditi ancora dallo staff di Libera e dall’ospitalità di CFS e Polizia, i familiari hanno quindi trovato ristoro presso strutture alberghiere di Giardini Naxos, le uniche in grado di accogliere un gruppo così numeroso – circa 500 in tutto – senza doverlo dividere.
Ponti di memoria, luoghi d’impegno
A distanza di qualche ora, alle prime luci dell’alba, la macchina organizzativa di Libera è già in moto per l’accoglienza di manifestanti e familiari e, subito, dall’arrivo delle prime delegazioni si capisce che le sorprese non mancheranno: due indizi fanno una prova ed ecco che l’arrivo di due gruppi non previsti nella registrazione ufficiale, uno da Sondrio e l’altro da Mesagne, fanno intendere che ogni previsione della vigilia verrà smentita.
Infatti, ancora una volta ogni pronostico è stato sovvertito e alla fine si sono contate oltre 30.000 presenze. Le bandiere colorate, le canzoni e gli slogan di studenti e scout, i cartelli delle scuole e le foto delle vittime portate con orgoglio dai familiari si sono riversate lungo le vie del centro siciliano, fino ad arrivare alla tappa finale, in piazza Duomo, dove l’arrivo della manifestazione ha comportato anche l’eccezionale sospensione dello spettacolare movimento dell’orologio meccanico e astronomico del Duomo stesso. Le statue di bronzo dorato che sono collocate nel campanile hanno interrotto il loro tradizionale giro, determinato dal succedersi delle stagioni e dall’arco narrativo genialmente realizzato. Per una volta, solo per questa volta, non si sono uditi il ruggito del leone e il canto del gallo, ma da quella piazza, invece, si è levato forte il grido di dolore dei familiari delle vittime, i veri protagonisti di una giornata straordinaria.
Anche la lettura dei nomi, quest’anno riservata a studenti e familiari, è stato come sempre un momento di alto esercizio di democrazia: il ricordo dei tanti caduti non è stato semplicemente un gesto retorico, ma la presa d’atto di quanto sia ancora grande la distanza che ci separa dal vivere in un paese libero. Significativamente quest’anno la lettura dei nomi è stata chiusa da Vincenzo Agostino, qualche settimana fa protagonista del confronto con uno dei potenziali soggetti coinvolti nell’uccisione di suo figlio Nino e di sua nuora Ida Castelluccio.
Il binomio “verità e giustizia” scandito con voce possente da quest’uomo dalla lunga barba bianca ha assunto un sapore tutto particolare, è un impegno per tutti quelli che l’ascoltano.
Lo stesso vale per le parole di don Luigi Ciotti, il presidente di Libera. Chi c’era sa di cosa stiamo parlando. «Abbiamo voluto chiamare questo momento ‘ponti di memoria e luoghi di impegno’ – ha dichiarato il sacerdote – perché per la prima volta a Messina e in altri mille luoghi in contemporanea in Italia il popolo di Libera è sceso in piazza. Il nostro paese ha bisogno di ponti che allargano le coscienze e traghettano le speranze».
Parole che chiamano alla responsabilità, prima ancora che la politica e le istituzioni, ciascuno di noi, perché si metta in gioco e faccia la propria parte, lasciando da parte quella cittadinanza ad intermittenza che alimenta sfiducia, disimpegno e, in ultima istanza, lascia spazio all’illegalità diffusa e alla violenza criminale: «C’è una grande riforma da fare in Italia quella della nostra coscienza!» ha concluso il presidente di Libera.
Memoria e impegno
Chissà che non siano fischiate le orecchie ai tanti che hanno preferito in questi ultimi mesi gettare fango addosso a Libera. Chissà che i tanti critici dell’ultima ora non abbiano ripensato alla responsabilità che si assumono con il voler spaccare il fronte antimafia.
Infatti, la risposta migliore alle tante polemiche che sono alimentate ad arte contro il movimento antimafia, e Libera in particolare, è stata la festosa piazza di Messina con le oltre 30mila presenze. A queste vanno aggiunti i più di 10mila di Torino, i 40mila di Napoli, i 15mila di Aversa, gli 8mila di Reggio Emilia e ancora le migliaia di cittadini e studenti che hanno riempito le piazze di Milano, Firenze, Roma, Fano, Imperia, Sestu (Ca) e altre città di Italia, in luoghi come scuole e parrocchie, fabbriche e anche carceri: oltre 350mila presenze stimate nell’arco dell’intera giornata.
Il pomeriggio messinese ha salutato la partenza dei familiari e delle delegazioni, ma anche la continuazione della giornata con i seminari formativi: quasi tre ore dedicate a temi rilevanti quali l’educazione al bene comune per la costruzione di una nuova economia sociale; gli strumenti e i percorsi per l’impegno dei giovani, nel segno della memoria; le reti di antimafia sociale nel mondo; la storia delle vittime delle mafie; i minori e le mafie; Il ruolo dei cittadini nella promozione dell’integrità contro la corruzione; iI ruolo dell’informazione libera; i beni confiscati e la coesione territoriale; la legge sugli ecoreati; le minacce ad amministratori, sindacalisti e giornalisti; la tutela del lavoro per la promozione della legalità e anche la situazione di Cosa nostra, dopo le stragi e in particolare a Messina.
Al seminario su Cosa Nostra, sono intervenuti il procuratore Guido Lo Forte e il suo aggiunto Sebastiano Ardita. Secondo Lo Forte, Cosa nostra ha mantenuto il suo profilo di pericolosità, legata alla sua presenza criminale nei settori della finanza e dell’economia e ai pericolosi rapporti con esponenti della politica. Serve per il magistrato una nuova legislazione fiscale basata sulla trasparenza per debellare le infiltrazioni criminali. Per Ardita, il modello di Cosa nostra catanese è quello vincente, quello della trattativa continua e sotterranea tra i boss e apparati dello Stato.
Quello che è avvenuto ai seminari è stato imprevedibile, come il resto della manifestazione: le sale ospitavano in media un centinaio di posti, si entrava con prenotazione e tutti i seminari sono andati esauriti due giorni prima di lunedì. Eppure per ognuno di essi si sono trovati dalle cinquanta alle cento persone che si sono presentate lo stesso, chiedendo di entrare. Molti hanno ascoltato in silenzio, seduti per terra. Tutti volevano esserci.
E quando le luci della sera sono scese su Messina, è rimasto nell’aria quel profumo di libertà evocato da Paolo Borsellino come obiettivo di una lotta corale che, ancora una volta, è stata espressa dal popolo di Libera, guidati dai familiari delle vittime.
Un cammino di liberazione e di speranza per l’intero Paese che non si ferma, nonostante tutto.
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Messina 21 marzo, Ponti di memoria, luoghi di impegno
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