Tifano Messina Denaro, ma la cosa non fa scandalo
Accade a Castelvetrano dove il caso del consigliere comunale Lillo Giambalvo, intercettato a parlare dell’amicizia col boss, non è che l’ultimo di una lunga serie, ma per il sindaco della città tutto è frutto di una “cappa mediatica”
E’ trascorsa una settimana abbondante da quando il vice presidente della commissione nazionale antimafia on. Claudio Fava è giunto a Castelvetrano per invitare l’intero Consiglio comunale a dimettersi così da far decadere il reintegrato consigliere Lillo Giambalvo, ma tutto sembra restare immobile. A parte le voci preoccupate di alcuni giovani raccolte dal Tg5, per il resto la reazione dei più è quella registrata dalla troupe de Le Iene, cioè meglio voltarsi dall’altra parte o addirittura c’è stata la reazione del vice sindaco della città di Castelvetrano Giuseppe Rizzo che a poche ore dalla sentenza di assoluzione ha detto di restare basito, non per l’assoluzione “ma in quanto quell’arresto manco doveva essere fatto, basito perché per Giambalvo i pm avevano chiesto 7 anni di condanna“. E’ emersa pure o ancora c’è la stereotipata reazione del sindaco Felice Errante che ha preferito ancora una volta parlare di “cappa mediatica” o di “uragano mediatico” (al solito il tutto è colpa della stampa!) pur dicendo che le parole di Giambalvo sono “deprecabili”. Giambalvo è vero è stato assolto dalle accuse di mafia, sequestro di persona, estorsione, è stato ritenuto da un giudice non colpevole rispetto anche a condotte che lo avrebbero visto in grado di imporre l’acquisto di forniture (bibite) da lui vendute ma sopratutto tali da garantire l’attività di alcune imprese, ma è sua la voce che è stata inequivocabilmente ascoltata dai carabinieri a raccontare di commoventi incontri con Matteo Messina Denaro o con il padre di questi, il padrino don Ciccio Messina Denaro, è stato sentito dire di essere pronto a farsi arrestare pur di agevolare una eventuale fuga del boss, e ancora ad augurarsi che il capo mafia una volta e per tutte potesse decidere di uccidere il figlio di un suo parente, perché questi, Lorenzo Cimarosa, intanto ha deciso di collaborare, “Si fussi iè Matteo appena iddu….accussì latitante iè ci ammazzassi un figghiu…e vediamo se continua a parlare…”. Per l’on. Fava la presenza di Giambalvo, cioè di colui il quale raccontava anche di commoventi incontri a casa o per le campagne con i boss Messina Denaro, è in contrasto con una legge che è al di sopra anche di quelle scritte, cioè “la legge della decenza morale”. Giambalvo si è difeso dicendo che lui è stato assolto, che quelle intercettazioni – “Se io dovessi rischiare 30 anni di galera per nasconderlo rischierei! La verità ti dico! Ci fossero gli sbirri qua? E dovessi rischiare a mettermelo in macchina e farlo scappare io rischierei. Perché io ci tengo a queste cose – sono state trascritte in modo erroneo, e che, oggi, ritiene imprenscindibile la lotta alla mafia anzi che riconosce questa qualità nell’attuale amministrazione guidata dal sindaco Felice Errante.A smentire però Giambalvo è stato uno dei suoi interlocutori, un altro consigliere comunale, Francesco Martino al quale Giambalvo raccontò degli incontri co il boss: “certo che lui mi raccontò queste cose, io restai senza parole, non seppi cosa dire”. Il sindaco Errante non ha fatto sapere se intende avvalersi nella sua maggioranza del consigliere Giambalvo , che di fatto appartiene a un gruppo di maggioranza, avrebbe fatto bene a dirlo considerato che prima delle parole del contestato consigliere il sindaco a chiare lettere aveva detto che “…le dichiarazioni fatte da Giambalvo e intercettate sono deprecabili e incompatibili con il modo di fare della mia amministrazione”. Ed è forse vero che oggi Errante prima che di Giambalvo dovrebbe dire se è bene mantenere come vice sindaco quel Giuseppe Rizzo che a poche ore dalla sentenza ha voluto scagliarsi contro i pm. E’ trascorsa una settimana abbondante da quella giornata in cui il Consiglio comunale, fuori dai suoi lavori, si è parecchio infuocato sulla questione Giambalvo e francamente non siamo curiosi di sapere se il sindaco Errante darà seguito a ciò che ha detto contestando l’iniziativa dell’on. Fava e che cioè del da farsi rispetto al caso Giambalvo ne avrebbe parlato col ministro dell’Interno. Non abbiamo capito se si tratterà di un incontro istituzionale, il sindaco che incontra il ministro, o di altro, di qualcosa di più politico perché Alfano per Errante è anche qualcos’altro, cioè il leader del partito al quale lui aderisce. Francamente non ci interessa capire a fondo quale punto di vista prevarrà, ma certamente in questa storia è il politichese l’ultima cosa della quale si ha necessità. E lo diciamo anche pensando a un po’ tutte le dichiarazioni venute dai gruppi politici castelvetranesi. Anche se bisogna riconoscere, per la verità dei fatti, che solo il Pd ha provato ad offrire un ragionamento politico, il resto del Consiglio …l’ha buttata in caciara. “Le sentenze non si commentano, specie quando non si conoscono gli atti processuali e le motivazioni, e vanno osservate nel pieno rispetto delle garanzie costituzionalmente tutelate. Non di meno, il PD intende essere riconoscibile ed esprimere la nostra posizione politica nel dissociarsi da ogni comportamento o frase inneggianti il latitante Messina Denaro, indipendentemente dalla irrilevanza penale dei fatti come valutata nelle aule del Tribunale. Riteniamo incompatibile il ruolo di rappresentanza dei cittadini con chi matura tali convinzioni che vanno tenute isolate dalla gestione della cosa pubblica. Bisogna tenere alta l’attenzione in maniera costante e continua da parte della politica tutta, dentro e fuori Palazzo Pignatelli, sulle vicende criminali e mafiose che coinvolgono troppo spessa la nostra comunità. Allo stesso modo ci dissociamo da ogni accusa rivolta agli organi inquirenti e a giudici, il cui lavoro va sempre rispettato e mai denigrato“. Fin qui il Pd al quale però l’on. Fava è apparso rivolgersi direttamente ricordando che non vi può essere alcuna compatibilità in quell’aula consiliare tra chi ha subito attentati dal clan Messina Denaro, Calamia il capogruppo del Pd, con chi ha inneggiato al boss, Lillo Giambalvo, “se io fossi consigliere comunale non starei a sedere con chi rivendica prossimità con Cosa nostra“. Siamo in attesa di sapere se e quando la commissione nazionale antimafia chiamerà a rispondere alle domande il sindaco Errante (stessa cosa si appresta a fare anche la commissione antimafia regionale dove siede uno dei sostenitori di Errante, l’on. Giovanni Lo Sciuto anche lui in passato toccato da probabile contiguità con i Messina Denaro come si legge in un rapporto della Dia), siamo in attesa di sapere se il prefetto di Trapani, Leopoldo Falco, accoglierà la richiesta dell’on. Fava che da vice presidente della commissione nazionale antimafia ha ritenuto possibile l’avvio di una procedura di accesso agli atti del Comune di Castelvetrano. Come ha detto l’on. Fava indubbiamente il caso Castelvetrano rientra in ciò che prevede la legge sulle procedure di accesso. Certo le dimissioni di Giunta e Consiglio per cancellare l’ignominia Giambalvo sarebbero la cosa migliore, ma se nessuno si dimette allora i cittadini, i tantissimi castelvetranesi onesti che non stanno dalla parte di Matteo Messina Denaro, hanno tante ragioni per scendere in piazza, e noi speriamo che lo facciano. Se la mafia da decenni utilizza i segnali per farsi riconoscere, e allora che si usino anche segnali di rivolta contro il boss per fare capire al capo mafia che è davvero un isolato. O si sta con chi denuncia e con chi auspica la cattura del boss o si sta, come è successo di recente, con quella città che di recente ha applaudito ad un boss arrivato dal carcere per i funerali della madre, non si può stare a metà del guado! Il coordinamento provinciale di Libera ha bene sintetizzato questo pensiero, “L’assoluzione non elimina la responsabilità morale e politica per le affermazioni da lui proferite e cristallizzate nelle intercettazioni operate dalle forze inquirenti. Riteniamo che un rappresentante delle istituzioni che inneggia alla figura di Matteo Messina Denaro non può sedere sugli scranni di un Consiglio comunale, luogo di rappresentanza e di attività politica finalizzata al bene comune…Non potendoci avvalere di una normativa alla quale appellarci per poter imporre al consigliere Giambalvo le dimissioni forzate, siamo costretti a rivolgerci a lui direttamente, facendo appello al suo senso di vergogna e di incompatibilità nel rappresentare la gente onesta di Castelvetrano, rassegnando così immediatamente le proprie dimissioni da rappresentante nel consiglio comunale”. Ma il consigliere Giambalvo pare non provi questo sentimento, e con lui un Consiglio comunale che decide di non decidere. E con lui i tanti politici che li troviamo ovunque sebbene indagati restano in sella. Lo ha anche detto il presidente del Consiglio comunale Vincenzo Cafiso che rispetto al caso Giambalvo ha detto che quelle parole suscitano impressione, ma che di casi più gravi se ne trovano in Parlamento. Ma Cafiso dovrebbe occuparsi del Consiglio che presiede prima di un Parlamento dove non siede ancora. E a proposito di segnali, una proposta diretta la facciamo, intestare tre strade di Castelvetrano a Nadia e Caterina Nencioni, avevano 9 anni e 50 giorni quando furono uccise dal tritolo mafioso piazzato su ordine di Messina Denaro in via dei Georgofili a Firenze, una via a Giuseppe Di Matteo ucciso a 15 anni per colpire il papà collaboratore di giustizia, tenuto sotto sequestro per 779 giorni anche per volere di Messina Denaro. Castelvetrano col sindaco Errante ritiene di aver dato alcuni di questi segnali, la cittadinanza onoraria al capo della Polizia Antonio Manganelli, una strada a lui dedicata, la costituzioni di parte civile nei processi, e però tutto rischia di essere travolto dalla sottovalutazione che ci sembra si stia facendo del caso Giambalvo. Ultima chiosa. Durante la seduta svoltasi nella stessa giornata in cui l’on. Fava ha fatto la sua conferenza stampa, Giambalvo era presente, è rimasto fino a dopo l’appello poi è andato via…il gettone di presenza, una settantina di euro, se lo è guadagnato lo stesso.
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