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Giovanni Spampinato, un eroe normale

Paolo Borrometi il . Senza categoria

Ho voluto chiamare lo spazio che Libera informazione mi ha onorato di offrirmi con l’appellativo di “Storie di Sicilia, dove la mafia non c’è!”.

Dove la mafia non c’è, appunto. Come la mia amata provincia (o ex provincia), quella più a sud d’Italia. La cosiddetta provincia “babba”, cioè stupida. Considerata come tale da chi ha sempre cercato di nasconderne gli aspetti più reconditi e la possibilità, per le mafie, di farne un territorio “franco”, cioè di investimenti sicuri e latitanze blindate.

Sfateremo questo mito, ma lo faremo poco per volta, con delle “cartoline” che ne racconteranno aspetti sconosciuti.

Non posso che iniziare ricordando quello che per me è il vero martire della “provincia babba”: Giovanni Spampinato.

Del suo lavoro di giornalista Giovanni aveva un’idea altissima, generosa e nobile. Lui, Giovanni, non si tirò indietro al ruolo di custode del racconto e del giornalismo imparziale e libero. Non scese mai a patti con la sua coscienza, assolvendo al ruolo di raccontare ed informare la sua comunità, anche se ciò poteva costare caro. 

Giovanni pagò con la sua vita il prezzo del proprio lavoro.

Eppure ancora oggi, a distanza di 43 anni dalla sua morte, ci sono tanti aspetti poco chiari su questo omicidio.

Giovanni è un martire dimenticato poichè vergognosa, innanzitutto, è la mancanza di memoria della sua provincia, Ragusa, che non lo ricorda, o fa finta di ricordare. Perchè ricordare, spesso, è scomodo.

Quindi meglio dimenticare.

Giovanni non arretrò nemmeno quando si trattò di pubblicare il nome di un trentenne intoccabile: quel Roberto Cambria, figlio dell’allora presidente del tribunale di Ragusa, che la sera del 27 ottobre 1972 lo freddò con sei colpi di pistola.

Da quella tragica serata sono passati quarantatré anni, ma in quella terra c’è ancora chi sostiene che, in fondo, “Giovanni se l’è cercata”, magari quasi giustificando l’omicida, con il classico termine “poverino”.

Non si può continuare a scambiare i carnefici per vittime. Bisogna ripristinarne la memoria. Lo si deve a Giovanni, alla sua famiglia e ad una intera collettività che merita di ricordare Giovanni come un eroe normale, da spiegare ai giovani perché possano avere proprio lui come modello positivo.

Un eroe positivo di una terra dove la “mafia non esiste”. O meglio, fa comodo dire così!

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