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Evade ancora El Chapo, capo del cartello messicano di Sinaloa

di Piero Innocenti il . Senza categoria

Joacquin Guzman Lorea, alias El Chapo, il capo indiscusso del più poderoso cartello messicano di narcotrafficanti, è tornato “uccel di bosco” dopo appena un anno e mezzo dalla sua cattura a Mazatlan, porto turistico dello Stato di Sinaloa. E’ evaso l’11 luglio u.s. lasciando il carcere di massima sicurezza “El Altiplano” nello Stato della capitale Città del Messico, da un cunicolo scavato sotto la doccia collegato ad un tunnel realizzato ad alcuni metri di profondità e lungo oltre un chilometro.  Un colpo durissimo per il presidente Pena Nieto che ha disposto una gigantesca caccia all’uomo mentre un’inchiesta, in svolgimento, dovrà individuare le responsabilità. El Chapo, cinquantotto anni, così chiamato per via della bassa statura e corporatura, arrestato nel 1993 in Guatemala, era riuscito a fuggire dal carcere di Puente Grande (Jalisco) nel 2001, a bordo di un autocarro che trasportava biancheria sporca in una lavanderia. Il “soggiorno” carcerario di El Chapo lo ricordano ancora in molti come uno straordinario “periodo di feste, spettacoli e prostitute”. Figlio di un “gomero” (coltivatore di papavero da oppio), El Chapo aveva avuto come “maestro” Miguel Angel Felix Gallardo (El Padrino), considerato il più grande narcotrafficante messicano di tutti i tempi. La rivista Forbes, poco più di quattro anni fa, aveva inserito El Chapo al quarantunesimo posto della graduatoria mondiale dei “ricchi della terra”. Il Dipartimento del Tesoro statunitense è riuscito a individuare la vasta rete di imprese commerciali (288) e di operatori (230) collegati al cartello di Sinaloa e distribuiti in diversi paesi del Centro America e in Spagna per il riciclaggio e l’investimento dei profitti derivanti dal narcotraffico.

La rocambolesca fuga e la latitanza di El Chapo ( sarà molto difficile ricatturarlo)  è destinata a suscitare forti polemiche. Sospetti di protezione nei suoi confronti erano già stati avanzati nel novembre 2010 nei confronti dell’allora presidente della repubblica Calderon. A rinfocolare questa asserita “intoccabilità” del capo di Sinaloa, erano intervenute le pubbliche dichiarazioni rilasciate da Hector Gonzales Martinez , vescovo di Durango, secondo cui il narcotrafficante si muoveva tranquillamente nella zona di Guanacevi, a trecento chilometri da Durango. E tutto sarebbe stato ben noto alle autorità locali. La risposta a questa “denuncia” era arrivata pochi giorni dopo con il ritrovamento dei cadaveri di due agenti federali che, sottocopertura, lavoravano come “campesinos” in alcune piantagioni di marijuana. Sui loro corpi il messaggio inequivocabile:”El Chapo non lo prenderete mai”. Un paio di anni fa, poi, altre polemiche e sospetti erano scaturite dalle dichiarazioni di Josè Baeza, agente della Dea, secondo cui le gerarchie militari messicane si erano opposte, in passato, ad una operazione “sencilla, rapida e quirurgica” che avrebbero potuto svolgere gli americani per arrestare El Chapo. Americani che, dopo la fuga di El Chapo, sono molto “indignati” tanto più che avevano chiesto più volte la sua estradizione.

Del gruppo dirigenziale del cartello fanno parte Ismael Zambada Garcia (El Mayo), Juan Josè Esparragoza Moreno (El Azul), Damaso Lopez Nunez (El Licenciado) e Rafael Caro Quintero tornato in libertà nell’agosto 2013, dopo alcuni anni di carcere. Il cartello si è sviluppato negli anni Novanta e continua ad esercitare il controllo sul mercato interno delle droghe in almeno una decina di Stati messicani, con una presenza significativa in diversi Stati dell’America Latina, in Australia, in Europa e in Asia ( nel dicembre 2013, a Lipa, nelle Filippine, furono arrestati tre narcos di Sinaloa e sequestrati oltre 80kg. di metanfetamine). Gli ultimi arresti di esponenti del cartello risalgono a marzo c.a. con la cattura, a Santa Ana, di Oscar Eduardo Vargas Romo (El Negro), capo cellula a Praxedis e a maggio quando, in una frazione di Tijuana, viene ammanettato Jesus Miguel N. (El Becerro) ricercato anche per diversi omicidi.

Nelle prossime settimane si capirà se con la presenza di El Chapo riesploderà la guerra con altri gruppi e “cartelitos” che si contendono mercati e rotte degli stupefacenti.

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