Strage di Capaci, 23 anni dopo. «Su lotta a mafia nessuna divisione»
– a cura di Simone Olivelli* – Rivivere i ricordi delle stragi per trarne la forza con cui affrontare, giorno dopo giorno, la lotta alla criminalità organizzata. È questo, in sintesi, il messaggio consegnato ai ragazzi che hanno affollato l’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo, dove stamani si è svolta la commemorazione delle vittime della strage di Capaci. A prendere parte al 23esimo anniversario dell’attentato in cui morirono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro sono stati in tanti tra rappresentanti delle istituzioni e personaggi che, a vario titolo, hanno un ruolo nell’azione di contrasto a Cosa nostra. Tra di essi, Maria Falcone, la sorella del magistrato, che si è detta certa che il fratello sarebbe stato felice di sapere come, a distanza di più di vent’anni, migliaia di ragazzi seguano il suo esempio. «Dopo più di 20 anni questi ragazzi che vedete ogni 23 maggio a Palermo sono diventati una forza che trasmette a tutti la voglia di legalità. È bellissimo oggi questo collegamento con tutte le città d’Italia». La verità sulla strage? «Ce la devono dire i magistrati» ha aggiunto. Da Maria Falcone anche un commento sulla recente approvazione della legge anticorruzione: «Credo si tratti di un passo in avanti verso la legalità» ha commentato.
Ed è su questa novità del panorama normativo che si è soffermato anche il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, secondo cui il ddl anticorruzione «è una buona legge», smentendo che sul tema il governo abbia giocato «una partita al ribasso». Da Orlando, poi, un invito alla compattezza e all’unione di intenti: «Non bisogna fare di questo terreno, quello della lotta alla mafia, il terreno della polemica e della strumentalizzazione. Dobbiamo andare avanti così. Abbiamo fatto buone leggi, e ne dovremo fare ancora» ha aggiunto il ministro.
Nell’aula bunker anche la presidente della commissione parlamentare antimafia, Rosi Bindi, secondo cui la nuova legge servirà «a colmare alcune lacune del nostro ordinamento e a correggere gli errori degli ultimi anni», perché ultimamente sembrava che in Italia «ci fossimo dimenticati dell’esistenza delle mafie». Errore che più di vent’anni fa non commise Falcone, pagandone il prezzo più alto: «Abbiamo molto da imparare e da restituire a Falcone, Borsellino e a tutte le vittime della mafia» ha continuato Bindi. Che poi, commentando le recenti parole del pm Nino Di Matteosull’esigenza di tagliare i rapporti tra Cosa nostra e potere, ha aggiunto: «È una caratteristica della mafia avere il rapporto con il potere e d’altronde non sarebbe mafia se non avesse la forza di condizionare la politica. Sconfiggerla – ha concluso Bindi – significa chiamare a un nuovo senso di responsabilità tutte le forze del paese, perché chiunque ha potere è potenzialmente sottoposto a ricatto».
Il presidente della Regione, Rosario Crocetta, invece, si è soffermato con i giornalisti su un tema che – stando ai critici – lo avrebbe più volte riguardato: l’antimafia di facciata. Il governatore ha detto di provare «angoscia non solo per i morti, ma anche per tutti quei politici che non ritengono indispensabile la lotta alla mafia. Le adesioni formali non servono a nulla, bisogna aderire con il cuore» ha specificato il governatore.
Nel corso della cerimonia, all’esterno dell’aula bunker un gruppo di ragazzi della scuola Otama Kiyohara di Palermo – ex istituto di arte e mestieri – ha omaggiato le vittime con alcuni murales ispirati ai temi dell’antimafia.
Trackback dal tuo sito.