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La reputazione di un mafioso vale cinquantamila euro

di Marcello Contento il . Sicilia

Ammonta a cinquantamila euro la richiesta di risarcimento danno avanzata ieri mattina dal legale della famiglia Agate, Celestino Cardinale, al giudice del Tribunale monocratico di Trapani Gianluigi Visco, nei confronti del giornalista Rino Giacalone. L’accusa rivoltagli è quella di aver offeso la “dignità e il prestigio” del sanguinario boss di Mazara del Vallo, Mariano Agate.

La moglie del boss, infatti, non ha digerito la chiosa finale nel pezzo giornalistico (blog Malitalia) a firma di Giacalone, indirizzata al proprio marito, con il quale quest’ultimo veniva apostrofato “pezzo di merda”. Considerazioni che il giornalista aveva posto in un contesto molto più ampio basandosi sulle frasi di Peppino Impastato, divenute poi simbolo della cultura antimafiosa, che definiscono la mafia “una montagna di merda”.

I familiari in questa vicenda dimenticano facilmente che il loro Don Mariano oltre ad essere stato un marito, un padre, un nonno, ha scelto di essere un boss mafioso per tutta la sua vita. Decidendo la vita e il destino di tantissime persone, senza mai mostrare segnali di pentimento per tutto il male generato.  In effetti, a loro che importa se il loro Mariano è coinvolto in tantissimi delitti  come quello del giudice Gian Giacomo Ciaccio Montalto o quello di Mauro Rostagno, o ancora dell’ omicidio del Sindaco di Castelvetrano Vito Lipari fino ad arrivare alle stragi di Capaci e in altri luoghi d’Italia. Tra l’altro, ad aggiungere le stellette al “pedigree” di Don Mariano c’è anche la sua comprovata esperienza nel campo del traffico internazionale di droga. Ruolo che ha svolto ottenendo anche il rispetto e la fiducia dell ‘ndragheta e anche del famoso clan camorristico dei Nuvoletta. Proprio una bella reputazione quella costruita dal boss mazarese nell’ambiente di cosa nostra. Per Totò Riina e i corleonesi, infatti, Don Mariano era uno affidabile, un punto di riferimento. Uno di quelli di cui ci si poteva fidare in provincia di Trapani. Oggi, è questa la reputazione che si sta tentando di difendere nelle aule giudiziarie, la stessa che Riina e soci considerano “buona e affidabile”.

Ieri, durante il processo, la signora Rosa Pace (moglie del boss) e la figlia Vita Agate hanno presenziato l’aula durante. Oltre alla  richiesta di condanna e del risarcimento danni, hanno già espresso la loro volontà, qualora dovessero vincere il processo, di devolvere il risarcimento in beneficenza.

In merito a questa vicenda, tentando un salto indietro nel passato, sarebbe interessante conoscere il punto di vista dei giudici Ciaccio Montalto e Falcone, o del giornalista Mauro Rostagno. Purtroppo, come sappiamo, questo non può più avvenire. L’unica cosa di cui possiamo stare certi e che anche loro consideravano la mafia e i mafiosi dei grandi pezzi di merdi.

Durante il dibattimento il Pubblico Ministero, Belvisi, si è limitato a rinunciare ai suoi testi producendo in accordo con la difesa del giornalista, gli avvocati Carmelo Miceli e Enza Rando, i relativi verbali. La prossima udienza è fissata il 9 Luglio e sarà sentito direttamente Rino Giacalone, che ha deciso di rispondere volontariamente alle domande delle parti, e il capo della mobile di Trapani Dott. Giovanni Leuci.

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