La copertina che non piace alla sorella del boss. Il giudice: “Non è stato travalicato il limite del legittimo esercizio del diritto di cronaca”
La Procura di Palermo aveva chiesto l’archiviazione, ma i querelanti dai nomi altisonanti, Messina Denaro, si erano opposti. E dinanzi al gip Sergio Ziino hanno fatto opposizione chiedendo il processo per diffamazione nei confronti del direttore responsabile della testata mensile S, Francesco Foresta (prematuramente scomparso lo scorso gennaio), il capo redattore Claudio Reale e il collaboratore della rivista Rino Giacalone (nella foto). Il responso del gip è stato a favore della Procura e della difesa dei giornalisti indagati, rappresentati dall’avv. Marcello Montalbano del foro di Palermo: procedimento archiviato. In un numero della rivista pubblicato nel 2013 in epoca antecedente all’arresto della stessa Patrizia Messina Denaro, un articolo a firma del giornalista Rino Giacalone aveva meritato la copertina del mensile perché mantenendosi sull’attualità – la ricerca del latitante Matteo Messina Denaro, la protezione garantita dal circuito familiare, e non solo, il controllo dei territorio attraverso il possesso di beni mobili e immobili – ricostruiva la “fotografia” più recente, all’epoca, del potere mafioso dei Messina Denaro. Famiglia di sangue che era anche famiglia classicamente mafiosa. Con la copertina che riproduceva il circolo di parenti attorno al super latitante. Era scattata così la querela mentre nelle stesse ore ad un primo sequestro di beni in capo a Vincenzo Panicola, marito di Patrizia Messina Denaro e quindi cognato del boss tutt’ora ricercato, faceva seguito l’arresto di Patrizia Messina Denaro.
Insomma la ricostruzione giornalistica, l’approfondimento proprio del “giornalismo d’inchiesta”, frutto di un lavoro redazionale encomiabile (circostanza riconosciuta dallo stesso gip Zino), aveva anticipato senza scadere nella violazione del segreto istruttorio, l’evolversi dell’indagine condotta da Polizia, Ros, Finanza e Dia e coordinata dalla Procura distrettuale antimafia di Palermo. La querela poteva già essere respinta per due circostanze, la morte prematura, sopravvenuta a gennaio scorso del direttore della testata, il giornalista Francesco Foresta, ma anche un vizio di forma nella presentazione della querela da parte di Patrizia Messina Denaro (nel frattempo condannata per mafia dal Tribunale di Marsala). Il gip accogliendo la tesi della Procura e dell’avv. Marcello Montalbano ha archiviato il procedimento entrando nel merito. Patrizia Messina Denaro aveva querelato denunciando l’”enfasi costruita ad hoc” che apposta in copertina “sfruttava immagini delle persone, rapporto di parentela, presentando la donna quale boss della famiglia”.
“Non è stata compiuta alcuna denigrazione – ha osservato il gip nella decisione depositata lo scorso 10 maggio – né di immagine né di reputazione non è stata assimilata ingiustamente ad una persona indagata”. Aggiunge il gip giudice Ziino: “copertina e titoli si limitano a collegare (sia pure con una certa enfasi che non ha tuttavia connotazioni mistificanti) due dati obiettivi che sono entrambi indiscutibili, il rapporto di parentela di Patrizia Messina Denaro con il latitante e la sottoposizione a sequestro di beni patrimoniali intestati alla stessa querelante…altre circostanze – continua il gip – avrebbero tutt’alpiù potuto giustificare una eventuale richiesta di precisazione e rettifica”. Infine il giudizio del gip: “Non è stato travalicato il limite del legittimo esercizio del diritto di cronaca né sotto il profilo della verità della notizia né sotto quello dell’interesse pubblico alla sua divulgazione né ancora sotto il profilo della continenza e obiettività”. Respinta perciò opposizione e accolta la richiesta di archiviazione sostenuta da Procura e dalla difesa dei tre giornalisti.
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