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Abitare la giustizia per battere le mafie. Bomporto (MO), dove i casalesi hanno messo radici

di Lorenzo Frigerio il . L'analisi

Verrà presentata sabato 16 maggio  la pubblicazione “Abitare la giustizia”, lo studio etnografico sulla comunità di Bomporto, sintesi di un lavoro corale, portato avanti nel corso di quasi due anni, che ha avuto interruzioni legate a eventi imprevisti, quali la alluvione dovuta al cedimento del fiume Secchia che ha coinvolto nella seconda metà di gennaio 2014 i Comuni di Bomporto e Bastiglia.

Un lavoro corale che ha coinvolto il Centro Studi del Gruppo Abele come coordinatore del percorso, insieme a Libera informazione per la parte legata allo studio delle infiltrazioni mafiose sul territorio e la cooperativa Aliante per la raccolta dei dati sul territorio.

Un lavoro corale che parte dalla volontà dell’Amministrazione comunale di Bomporto di comprendere per agire. Di comprendere che cosa succede sul suo territorio per capire come prevenire situazioni di illegalità e come promuovere partecipazione, responsabilità e integrità con i cittadini, le associazioni, le realtà imprenditoriali e tutte le realtà istituzionali presenti sul territorio.

Tutto ha inizio neei primi mesi del 2011, quando Egidio Coppola soprannominato “Brutos”, un pregiudicato nato nel 1958 a Casal di Principe, dopo aver scontato la pena di sette anni per la partecipazione all’organizzazione dei casalesi, è sottoposto alla misura del soggiorno obbligato: la sede per l’esecuzione della misura di prevenzione personale, come da lui indicata, è una frazione del comune di Bomporto, Sorbara.

La decisione del Ministero dell’Interno provoca una reazione indignata tra le istituzioni, locali e mette in allarme la cittadinanza di Bomporto e dei comuni limitrofi in ragione del curriculum criminale del prevenuto in procinto di trasferirsi a Sorbara.

Già condannato negli anni ottanta del secolo scorso, perché affiliato prima alla Nuova Famiglia – il cartello di famiglie camorristiche che si contrappose alla Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo in una guerra senza esclusione di colpi – e poi al clan guidato da Antonio Bardellino, Coppola è stato riconosciuto membro della cellula sanciprianese del clan casalese, in esito all’iter processuale di “Spartacus”. Colpevole non solo del reato associativo previsto dall’art. 416 bis ma anche di singoli omicidi, “Brutos” è individuato tra i referenti – gli altri erano Pasquale Morrone e Giulio Luise – che rispondono direttamente ai Bidognetti delle attività illecite del clan nell’area di Castelvolturno e il litorale domitio a partire dal 1990.

Se la condanna riportata al termine di “Spartacus” copre con le sue contestazioni fino a tutto il 1996, Coppola deve poi rispondere del delitto associativo da tale data fino al 2005 in un altro procedimento, anno in cui i collaboratori di giustizia Luigi Diana e Alfonso Diana danno ancora per certa la partecipazione dello stesso al clan.

Quando nel 2008 viene colpito da provvedimento restrittivo emesso dal Gip del Tribunale di Napoli, Coppola si trova a Follonica, in provincia di Grosseto: i magistrati gli contestano l’apporto reso al clan dei casalesi, in quel momento retto da Zagaria e Iovine, mediante la commissione di delitti, l’acquisizione e il controllo di attività economiche, ottenute grazie all’impiego di risorse derivanti da altri delitti. Sono provate all’epoca le relazioni dirette con gli affiliati al clan nel basso Lazio, oltre che con gli esponenti risiedenti a Casal di Principe, ma il suo legame più forte risulta confermato essere quello con Iovine e i Bidognetti.

Coppola, di fronte alla reazione suscitata dal suo arrivo a Sorbara, cerca di accattivarsi le simpatie locali, giocando sull’immagine del buon padre di famiglia in un’intervista: «É la prima volta che accettiamo di ospitare giornalisti in casa nostra. Lo faccio per dire che se la parola riabilitazione ha un senso, chiedo che venga rispettata. Ho pagato il mio debito con la giustizia e da Casal di Principe me ne sono andato dieci anni fa per dare una opportunità, ai miei figli. Là non sarebbe stato possibile».

La reazione della comunità locale è però intransigente: anche se con qualche ombra di troppo, legata a paura e diffidenza, soprattutto nei commercianti, il 30 aprile 2011 nel comune di Bomporto si tiene una grande manifestazione per dire no alle infiltrazioni camorristiche in un territorio che, come abbiamo visto, ha dovuto sopportare una costante pressione mafiosa nel corso degli anni più recenti.

Matura in quel frangente la decisione di costruire una Casa della Legalità, proprio a Sorbara, grazie ad un finanziamento della Regione-Emilia Romagna, previsto dalla legge regionale 3 del 2011 per le attività di prevenzione delle infiltrazioni mafiose e di diffusione della cultura della legalità: un segno tangibile della volontà di contrastare la presenza dei casalesi sul territorio e tenere sempre accesa l’attenzione su questi fenomeni.

Il 6 dicembre 2012 i carabinieri del nucleo investigativo di Modena eseguono nei confronti di Coppola un’ordinanza di custodia cautelare perché deve scontare un residuo di pena e la situazione sembra tornare alla normalità. Egidio Coppola si trova tuttora in carcere, dopo che la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso contro la condanna riportata a sette anni e due mesi per associazione a delinquere di tipo mafioso, al termine del procedimento davanti alla Corte di Appello di Napoli.

Adesso però, anche senza la minaccia di Coppola, il lascito di quella mobilitazione civile e sociale, inaugurata ufficialmente il 29 marzo del 2014, ha bisogno di mettere radici. Ora è il momento di dimostrare nei fatti che la legalità a Bomporto..è davvero di Casa.

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SULL’INIZIATIVA “ABITARE LA GIUSTIZIA”

 

* Lorenzo Frigerio, coordinatore nazionale di Libera Informazione

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