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Diari dalla Bolivia

di redazione* il . Senza categoria

Giramondi quest’anno è alla quarta edizione, e, dopo Argentina, Messico e Colombia, visiteremo uno dei paesi latinoamericani più vivaci a livello sociale, dove appunto le organizzazioni e le associazioni oggi partecipano al processo politico a vari livelli. Partiamo in sedici volontari da Roma, di cui otto fanno parte del gruppo Giramondi e altri otto giovani al progetto Atrevete!Mundo che, oltre a voler conoscere le realtà sociali, farà diverse esperienze di volontariato.

A seguire i diari

Per il gruppo di Giramondi il 24 aprile proseguono le visite ad associazioni che offrono una prospettiva alternativa sull’operato di Evo Morales e del governo da lui guidato. Il malcontento nei confronti del presidente è confermato anche dal risultato delle recentissime elezioni provinciali, che hanno visto trionfare l’opposizione a La Paz ed El Alto, città tradizionalmente sostenitrici del partito di Morales. Al mattino ci rechiamo nella tenda della “Plataforma de luchadores contra la impunidad y por la memoria storica del pueblo boliviano sobrevivientes con la dictadura”. Il loro quartier generale è di fronte al Ministero della Giustizia. La tenda, sia all’interno che all’esterno, è tappezzato di manifesti, fotografie, slogan rivoluzionari e di denuncia della dittatura. Sembra che il tempo si sia fermato a quegli anni. Qui il valore della memoria e del ricordo assume un significato importante. Le ferite sono ancora aperte, il ricordo di quanto subito ancora brucia. Nonostante il pathos e l’emozione che trasuda dalle testimonianze che ascoltiamo, percepiamo grande forza e dignità nelle persone che ci hanno accolto e che hanno condiviso con noi un capitolo doloroso della loro vita. Aderiscono alla Plataforma alcune delle vittime delle dittature che si sono succedute in Bolivia dal 1964 al 1982. Ci raccontano delle torture e dei soprusi che hanno subito durante i regimi, perpetrate da generali e colonnelli delle forze armate. In circa 20 anni sono stati registrati 200 omicidi extragiudiziari, 150 sparizioni forzate e circa 5000 detenzioni arbitrarie. Dopo un appassionato racconto delle battaglie combattute a fianco dei minatori, ci hanno spiegato le loro rivendicazioni nei confronti del governo: l’attuazione completa della legge 2640 per il risarcimento alle vittime della dittatura e la costituzione di una “Commissione per la giustizia e la verità”, cosa attualmente presente in altri paesi latinoamericani coinvolti nel “Plan Condor”. La Plataforma lamenta una scarsa attenzione da parte del governo, poco sensibile al tema della memoria delle vittime della dittatura in Bolivia. Denuncia inoltre un atteggiamento molto blando nei confronti dei criminali ritenuti responsabili delle torture e delle sparizioni forzate. L’incontro con la Plataforma ci ha fornito un nuovo punto di vista sull’attualità del paese, che sembra essere ancora molto indietro nel cammino di riconciliazione. Nel pomeriggio i gruppi di Giramondi e Atrevete si ricongiungono e insieme ci rechiamo al “Ministerio de la Transparencia”, dove siamo ricevuti dalla viceministra Gabriela Veizaga Bellido. Abbiamo così conosciuto una best practice che pone la Bolivia all’avanguardia nella lotta alla corruzione. Il Ministero dedicato alla trasparenza e alla lotta alla corruzione nasce nel 2006 ed è guidato da tre donne (una ministra e due vice ministre) determinate e combattive che, a causa delle misure che stanno attuando, sono state più volte minacciate e hanno subito aggressioni. La messa a punto di una politica di lotta alla corruzione è avvenuta coinvolgendo la popolazione e ascoltando l’opinione dei cittadini in merito a obiettivi e azioni da intraprendere. Anche a livello legislativo il Ministero si è dato da fare, promuovendo una normativa specifica di contrasto alla corruzione: sono stati istituiti otto nuovi reati e sono state rese più severe le pene per i reati già esistenti legati alla corruzione. Il risultato è costituito da oltre 100 sentenze per reati legati alle corruzione e oltre 120 milioni di dollari recuperati. La legge 341 stabilisce un altro interessante principio: il controllo sociale, basato sulla denuncia di comportamenti illeciti da parte degli stessi cittadini, in modo da innestare un circolo virtuoso. Inoltre, sulla scia del successo riscosso in tutto il mondo dagli “open data”, il Ministero ha lanciato il sito internet www.miplataforma.gov.bo in cui sono presenti i dati di quattro ministeri le cui attività sono considerate strategiche per il paese. Grande attenzione è posta anche al tema dell’educazione e della promozione sociale: la Red Jovenes, una rete composta da circa 1800 giovani volontari in tutto il paese, organizza iniziative nelle scuole e nei teatri per diffondere la cultura della trasparenza. Il 25 aprile il gruppo Giramondi e il gruppo Atrevete si spostano in un’altra zona del paese per conoscere usi, costumi, abitudini della comunità degli afro­boliviani. Si tratta di una delle minoranze etniche del paese, formata dagli indios aymara e dai discendenti degli africani arrivati in Bolivia per lavorare come schiavi nelle miniere di Potosì. Abbiamo visitato due comunità di afro­boliviani che vivono nella regione de Los Yungas, a nord di La Paz: la comunità di Chicaloma e quella di Yabalo. Il viaggio per raggiungere queste località è stato lungo e avventuroso a causa delle condizioni dissestate della strada – per lo più sterrata. Ma i paesaggi meravigliosi, la natura lussureggiante, il panorama maestoso della Cordiglieraa delle Ande ci hanno ripagato di tutta la fatica e ci hanno permesso di scoprire una Bolivia completamente diversa da quella conosciuta a La Paz: traffico e smog cedono il posto ad aria pura e rumore dell’acqua dei torrenti e del vento; la temperatura aumenta man mano che ci avviciniamo alla meta, consentendo il passaggio repentino dai giubbotti in goretex alle t- shirt mezza manica; la stanchezza del lungo viaggio cede il posto all’entusiasmo generato dall’accoglienza calorosa che ci riservano le due comunità. Los Yungas sono una meta ambita dai viaggiatori amanti del trekking, del downhill in mountain bike e del rafting. Qui ce n’è per tutti i gusti e per ogni preparazione atletica. Inoltre il clima temperato della regione offre una gradevole oasi a chi scappa dal gelo dell’Altopiano, soprattutto nella stagione invernale. La visita de Los Yungas ci offre anche l’opportunità di approfondire il tema delle coltivazioni di coca. Infatti la regione, dalla forte vocazione agricola, è una delle aree del paese più densamente coltivate ed è nota per l’alta qualità della coca, tant’è che qui il governo non è intervenuto con il suo piano nazionale volto a diminuire gli ettari delle piantagioni. La maggior parte della popolazione è composta da cocaleros (coltivatori di coca) ed è socio affiliato alla “comunidad”, una sorta di sindacato dei coltivatori. Veniamo a scoprire poi che la coca succhia rapidamente alla terra le sostanze nutritive, lasciandola arida dopo pochi anni. Un terreno ha bisogno di almeno otto anni di riposo per ritornare alla produttività originaria. In quel lasso di tempo i cocaleros migrano e, dopo aver disboscato, cominciano a coltivare un nuovo pezzo di terra. Questa strategia non può essere sostenibile nel lungo periodo, per questo la Bolivia sta cercando delle alternative alla coltivazione di coca. Non a caso Los Yungas è rinomato anche per le piantagioni di frutta: mandarini, arance, manghi, ananas, etc. Eddy Vasquez, coordinatore dell’associazione Afrobo, ci conduce alla scoperta di usi, tradizioni e costumi degli afro­boliviani. Secondo una stima approssimativa, gli afro-boliviani sono circa 35mila e sono concentrati soprattutto a Los Yungas. Gli “afro”, come dicevamo prima, discendono dagli schiavi africani deportati per lavorare nelle miniere di argento di Potosì. Per molti anni sono stati discriminati dal punto di vista politico ed economico. Ma oggi – grazie alla nuova costituzione varata dal governo di Morales – sono una minoranza riconosciuta, sono integrati nelle loro comunità e convivono in solidarietà e nel rispetto delle reciproche differenze. Non mancano le coppie miste afro-aymara, a conferma del vincolo forte che li lega. Nella comunità di Chicaloma veniamo accolti con un pranzo tipico (carne bollita con contorno di riso bianco, patate e yucca) preparato da Estrella, di origini africane, una delle donne più capaci e carismatiche della comunità. Estrella e gli altri rappresentanti della comunità di Chicaloma ci parlano delle loro attività quotidiane (la coltivazione di coca, la gestione della comunidad), dei loro problemi (difficoltà nel raggiungere la scuola e i posti di lavoro, assenza di una politica di gestione dei rifiuti), delle loro conquiste (la bella piazza al centro del paese, un luogo di ritrovo per la comunità), dei loro sogni (un centro culturale in cui organizzare concerti, attività didattiche, spettacoli teatrali). La convivenza pacifica e solidale fra indios aymara e discendenti degli africani ha generato un interscambio ed è possibile riscontrare molti punti in comune (ad esempio il culto della Pachamama, la Madre Terra), sebbene per certi versi non ci sia stato un sincretismo o una contaminazione culturale. Lorena Barra – cantante, ballerina e attivista dell’associazione Afrobo – ci racconta quanto sia fondamentale per loro la trasmissione di generazione in generazione delle proprie tradizioni. Ecco dunque che la Saya, tipica danza in cui echeggiano i ritmi ancestrali africani, è tipicamente suonata e danzata dai discendenti degli africani e, a parte i testi in spagnolo, ha ben poco a che fare con la musica tipica andina. In serata giungiamo alla comunità di Yabalo, dove ha luogo un altro interessante scambio di vedute e testimonianze sulla vita comunitaria. Qui c’è una scuola dotata di computer e un enorme spazio ricreativo all’aperto in cui grandi e bambini si possono riunire. Non mancano tuttavia i problemi, a partire dall’assenza di acqua potabile. Dopo i discorsi, ha inizio il momento più atteso da tutti: la “noche cultural”, in cui il gruppo di cantanti, musicisti e ballerini di cui fa parte anche Eddy Vasquez, si esibisce nella saya, in un brano tipico dei matrimoni e in varie danze dai ritmi trascinanti. Tutti in pista, insieme alla comunità locale, ci scateniamo in balli scanditi delle percussioni. E’ una serata incantevole, proseguiremmo così per tutta la notte ma… il tempo stringe e le strade di Giramondi e Atrevete si dividono nuovamente: i primi torneranno l’indomani a La Paz per proseguire il ciclo di incontri programmati con altre associazioni, i secondi si fermeranno quattro giorni nella comunità di Yabalo per fare volontariato.

Diari dalla Bolivia [1]

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