Quelle complicità tra narcotrafficanti, cellule terroristiche e bande di ribelli
È risaputo che, in molti paesi del mondo, le guerriglie e le formazioni terroristiche si finanziano anche con il traffico degli stupefacenti, dopo aver stretto alleanze strategiche con le organizzazioni dei narcotrafficanti, garantendo loro alcuni “servizi” tra cui, in particolare, il transito della “merce” sui territori controllati, la vigilanza sulle coltivazioni illegali, assicurando l’agibilità delle piste clandestine su cui atterrano piccoli aerei con la droga. In alcuni casi, abbandonata l’iniziale ideologia rivoluzionaria, gruppi della guerriglia sono diventati veri e propri cartelli del narcotraffico. E’ il caso, per esempio, delle Farc (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia) e, almeno in parte, dell’Eln (Esercito di Liberazione Nazionale) che, per sostenere un conflitto, che va avanti da mezzo secolo contro le forze di sicurezza statali e i paramilitari, da un ventennio a questa parte, hanno privilegiato i rapporti con i narcotrafficanti, talvolta rimpiazzandoli, per garantirsi adeguate risorse finanziarie. Ampliando, talvolta, i rapporti di affari anche oltreoceano, come è emerso dal sequestro, nell’estate dello scorso anno, al largo delle isole Canarie, di circa 200 kg. di cocaina, proveniente dalla Colombia e diretta in Europa. Le indagini avrebbero evidenziato collegamenti tra le FARC e gruppi quaedisti che, per assicurare il transito della cocaina, riscuoterebbero una tassa del 15%. Aspetto da non sottovalutare nel contesto africano diventato una vera polveriera con le guerre civili e le rivolte che stanno interessando molti paesi e con le note presenze di gruppi terroristi di varia matrice che necessitano di continue e sostanziose risorse finanziarie per l’acquisto di armi e la logistica.
Rimanendo in America Latina, in Perù vengono segnalate ancora “frange residue” di “Sendero Luminoso”, che, sicuramente non rappresentano più una minaccia come negli anni passati, ma costituirebbero il braccio armato dei trafficanti di droga, garantendo protezione e sicurezza nelle piantagioni, trasportando pasta base di cocaina e precursori nei punti di raccolta, addestrando i contadini nella semina e raccolta delle foglie di coca.
Situazione confusa anche in altri paesi, dove, per sostenere la lotta armata, c’è bisogno di consistenti fondi che solo i traffici di droghe riescono a garantire. Il traffico dell’eroina, per esempio, è la principale fonte di finanziamento del Movimento Islamico dell’Uzbekistan (IMU). Sorto nel 1992, dopo che l’opposizione al regime del presidente Karimov (rieletto, di recente, per la quarta volta consecutiva), era stata dichiarata fuorilegge, il gruppo si è accorpato con altri terroristi in Afghanistan. Senza contare la presenza di un nucleo uzbeko (KiB ossia Katibat al-Imam Bukhari) tra le fazioni segnalate in Siria che, alcuni mesi fa ( settembre 2014) ha annunciato la sua alleanza con l’Isis. La protezione nel traffico illecito di generi di ogni tipo, quindi anche delle droghe, è assicurata nella effervescente regione caucasica (Cecenia, Daghestan Inguscezia, Ossezia), da gruppi separatisti in lotta da anni.
Anche in Tajikistan diverse cellule di terroristi si sostengono con i proventi derivanti dal narcotraffico e, tra queste, vengono segnalate quelle di Hib-ut-Takhir, Jamat Ansarulloh e Tbligi Jamaat. Fonti dell’intelligence europea segnalano la presenza di alcuni gruppi armati “wahabbiti” in Macedonia, evidenziando la loro complicità nell’assicurare il transito di cocaina di provenienza afghana in cambio di denaro.
Collegamenti sono (ri)emersi (marzo 2015), in Libano, tra Hezbollah e i narcos, questa volta messicani. Nel dicembre 2010 era toccato sempre alla Dea (l’agenzia antidroga americana) e all’OFAC (Department of the Treasury’s Office of Foreign Assets Control), individuare una rete di malavitosi attivi nel riciclaggio e nel traffico di droga tra il Libano e gli Usa con a capo Ayman Saied Joumas. Quest’ultimo, attraverso i dirigenti della Lebanese Canadian Bank (LCB), in rapporti privilegiati con Addallah Safieddine, rappresentante del movimento sciita a Teheran, avrebbe finanziato Hezbollah. Altro denaro “ripulito” sarebbe transitato nella Prime Bank – consociata con la LCB – con sede in Gambia, posseduta da un miliardario libanese, noto finanziatore di Hezbollah. Finanziamenti a Hezbollah arrivano anche dalla Guinea Bissau dove, secondo fonti attendibili, sarebbe attiva una potente rete illegale libanese che gestisce i proventi derivanti dal traffico di droga. Sempre in Guinea Bissau va ricordato il coinvolgimento, nel 2013, del capo di stato maggiore dell’esercito gen. Antonio Indjai, accusato di aver agevolato lo stoccaggio di quantitativi di cocaina per conto delle Farc e destinata al mercato americano.
Che dire, poi, del coinvolgimento dei talebani (“sempre più vasto e in espansione” secondo il rapporto del 2014 del Dipartimento della Difesa americano) che, per finanziare le loro operazioni militari in Afghanistan vigilano e proteggono le coltivazioni di papavero, trasportano l’oppio e controllano i laboratori per la produzione di eroina? Gruppi della galassia talebana e tribali sono coinvolti nel traffico dell’eroina nelle zone confinarie del Pakistan.
La Turchia, alle prese con i noti e gravi problemi di politica interna, deve fare i conti con il gruppo terroristico di estrema destra DHKP/C che, secondo la Direzione Centrale dell’Intelligence (IDB) della polizia turca, esercitando un controllo ai valichi di confine con l’Iran e l’Iraq, nonostante il noto conflitto in atto in quest’ultima area, applicherebbe un dazio alle merci di contrabbando in transito e tra queste alle droghe, richiedendo 25 dollari per ogni chilogrammo di eroina grezza e 65 dollari per quella raffinata.
In Iran, nella zona confinaria del Sistan Baluchista, è operativo, dalla metà del 2012, il gruppo indipendentista Jaish-ul-Ad (Esercito della Giustizia). Questa organizzazione composta da alcune centinaia di beluci, pakistani e fuoriusciti di altri gruppi terroristi ( per esempio Jundallah, i Soldati di Dio), oltre agli attentati ( l’ultimo a ottobre 2014 con diversi poliziotti uccisi) garantirebbe il transito di carichi di eroina provenienti dal vicino Afghanistan, ricavandone profitti da impiegare nella lotta per l’indipendenza della provincia.
Nella vasta regione del Sahel ed in particolare in Algeria, Mauritania, Mali, Ciad, Niger, è forte l’influenza dell’AQMI ( Al-Quaida Organization in the Islamic Lands of Magreb), indicata come organizzazione terroristica da molti paesi tra cui Usa, Russia, Onu, Canada, Australia e Gran Bretagna. Oltre ai rapimenti a scopo estorsivo, secondo informazioni di esperti europei presenti nell’area, l’organizzazione trae “benefici” anche dai trafficanti di droga anche se tale coinvolgimento non viene alla luce, perché sarebbe una pessima pubblicità per arruolare nuove reclute, in quanto l’abuso di droghe contrasta con i principi fondamentali dell’Islam. In Marocco, nel marzo del 2010, Tahieb Cherkaoui, ministro dell’interno del tempo, intervenendo alla riunione dei ministri arabi che si teneva a Tunisi, ricordava le strette relazioni emerse tra gruppi terroristici e trafficanti di droga ed il riferimento era alla cellula Fath Al Andalous ( Conquista dell’Andalusia) e alla condanna di quattordici suoi componenti, inflitta dal tribunale di Salè.
In Nigeria, vi sono alcuni indizi secondo cui i “talebani nigeriani” della cellula islamista di Boko Haram ( in lingua houssa significa “l’educazione occidentale è un peccato”), responsabili di stragi e violenze inerarrabili, legati anche ad AQMI, grazie al controllo di molti territori, al confine agevolerebbero il passaggio, in cambio di denaro, delle droghe ( oltre che di armi e farmaci contraffatti), verso le località costiere dell’Algeria, Tunisia, Marocco e Libia per il successivo smistamento, via mare o via aerea, verso il mercato europeo.
Le forze ribelli del Movimento della Forze Democratiche della Casamance (MFDC), regione del Senegal al confine con la Guinea Bissau e il Gambia, sarebbero coinvolte anche nella gestione del commercio dello “yamba”, una droga simile all’hashish che si ricava da una pianta che cresce un po’ dappertutto.
Nella penisola del Sinai, i contrasti che di tanto in tanto esplodono tra bande di trafficanti di droga, forze di sicurezza e cellule di Al Quaeda, fanno intendere come quel territorio sia un vero nido di attività illecite e violente fuori da ogni controllo.
Questi pochi cenni sui legami e sulle complicità che sono emerse in diversi paesi fra i trafficanti di droghe, cellule terroristiche e bande di ribelli, possono aiutarci a capire come sia oltremodo difficile contrastare il commercio di droghe, che continua ad essere uno straordinario “bancomat” anche per molti politici collusi con le mafie del narcotraffico mondiale.
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