Libera: mafie all’Aquila come in Emilia e per l’Expo
La mano delle mafie sulla ricostruzione dell’Aquila, il più grande cantiere d’Europa, venuta alla luce tramite recenti inchieste, è solo la punta dell’iceberg. A dirlo all’ANSA è Angelo Venti, responsabile del presidio di Libera all’Aquila, giornalista, autore diinchieste sulle infiltrazioni criminali. “Laddove si agisce in regime emergenziale e con leggi in deroga, dunque all’Aquila ma anche in Emilia e per l’Expo – si favoriscono corruzione e malaffare e le mafie sono solo braccio armato di un sistema a monte”. C’è “una carenza di strumenti di controllo”, lo ha dichiarato lo stesso Procuratore antimafia Franco Roberti.
Le inchieste sull’Aquila, secondo Venti, da quelle della prima emergenza, a quelle dei puntellamenti, alle più recenti sulla ricostruzione delle Chiese, hanno un denominatore comune: le leggi in deroga. E queste favoriscono l’infiltrazione”. Poi il referente di Libera ricorda che “in due soli cantieri delle new town aquilane vennero trovate 132 ditte senza autorizzazioni al subappalto ma un’ordinanza di Protezione civile cancellò retroattivamente il reato. Così è difficile anche per forze dell’ordine e magistratura”.
Un settore dove le mafie dimostrano di infiltrarsi facilmente è quello della ricostruzione privata. “Perché il contributo dello Stato va come indennizzo al proprietario, il quale lo gestisce privatamente, a differenza degli appalti pubblici che invece qualche controllo lo prevedono. A certificare il danno poi è il tecnico di fiducia ed è assurdo che non vi sia nessun organismo di controllo dello Stato, che dà i fondi”.
In Emilia la situazione non è meno preoccupante perché sono stati fatti “gli stessi errori dell’Aquila – racconta Venti -, forse qualcuno peggiore, come il decreto per lo smaltimento delle macerie, che eliminò l’obbligo delle bolle di carico e di analisi sul materiale trasportato. Era scontato – aggiunge – che lo smaltimento finisse nelle mani della ‘ndrangheta. Solo un esempio: se un camion portava rifiuti radioattivi da Reggio Calabria e si presentava in uno degli impianti, una pattuglia all’ingresso non avrebbe avuto nessun potere di controllare”.
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