Strage di Pizzolungo. Trent’anni senza giustizia
2 aprile 1985. Sono le 8 e 35 del mattino, e lungo strada che attraversa Pizzolungo – una frazione a pochi km da Trapani – viaggia una Volksvagen guidata da Barbara Rizzo con a bordo i due figli di sei anni, i gemellini Giuseppe e Salvatore Asta.
In quella strada un’autobomba è pronta ad esplodere al passaggio, abituale da qualche giorno, della macchina del sostituto procuratore Carlo Palermo, trasferito da poco a Trapani dopo una lunga attività come sostituto alla Procura di Trento. Lì aveva investigato su traffici di armi e droga, portando alla luce il ruolo di una mafia che in tanti ancora negavano fosse presente a Trapani, e che in realtà aveva già tessuto relazioni importanti con segmenti della politica e dell’economia, deiservizi segreti e della massoneria piduista.
In prossimità dell’autobomba, la vettura blindata del magistrato supera l’auto di Barbara Rizzo, che si trova così a fare da scudo al mezzo in cui viaggia Palermo. Il telecomando mortale viene azionato comunque ed è l’inferno. Carlo Palermo e gli uomini della sua scorta rimangono feriti, Barbara e i suoi bambini vengono dilaniati dall’esplosione.
Dopo trent’anni, sulla strage mafiosa di Pizzolungo non c’è ancora una verità: le sentenze che hanno condannato i mandanti Totò Riina e Vincenzo Virga e come esecutori Nino Madonia e Balduccio Di Maggio non hanno fatto luce sul movente.
Quella di Margherita Asta, figlia di Barbara Rizzo e sorella di Giuseppe e Salvatore è una delle voci più emblematiche e straordinarie dell’associazione Libera, testimone di un dolore che in questi trent’anni è divenuto impegno, specie verso le nuove generazioni, e ferma pretesa della ricerca della verità.
Margherita Asta racconta la vicenda in un libro, edito da Fandango, scritto a quattro mani con Michela Gargiulo, “Sola con te in un futuro aprile”: la storia di una bambina che, a soli dieci anni, si vede distruggere la famiglia da una mafia con cui la madre e i due fratelli non c’entravano niente.
La storia di un dolore divenuto impegno: oggi Margherita si occupa del settore memoria per Libera.
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