NEWS

Mafie nel Lazio: 88 clan attivi nella regione

di redazione il . Lazio

L’Osservatorio per la sicurezza e la Legalità della Regione ha presentato il 19 marzo 2015 al Capranichetta il rapporto “Mafie nel Lazio”. Il Rapporto realizzato in collaborazione con la Fondazione Libera Informazione, muove i suoi passi dalla storia delle infiltrazioni criminali sul territorio laziale per arrivare alle cronache più recenti che descrivono il radicamento dei clan. Senza allarmismi né sottovalutazioni il Rapporto prova a tracciare una analisi complessiva dei fenomeni criminali, plurimi e diversificati, che operano in maniera simultanea nella regione: si va dalle infiltrazioni nel tessuto economico e sociale dei clan attraverso il riciclaggio di capitali illeciti, alle “proiezioni” dai territori d’origine verso il Lazio, sino alla delocalizzazione degli affari in alcune aree del territorio e al radicamento delle organizzazioni nel basso Lazio. L’Osservatorio sceglie di ripercorrere questa storia attraverso i documenti giudiziari, frutto del lavoro di investigatori, magistrati e giudici che raccontano di indagini che – scrive il presidente dell’Osservatorio Gianpiero Cioffredi nell’introduzione al dossier – “con l’arrivo alla Procura di Roma del Procuratore Giuseppe Pignatone e del coordinatore della Dda Procuratore Aggiunto, Michele Prestipino hanno fatto uno straordinario salto di qualità delineando un modello investigativo di eccellenza con il contributo decisivo dell’Arma dei Carabinieri, della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza”.

E durante la presentazione del Rapporto è stato proprio il procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Roma, Michele Prestipino, a mettere in guardia rispetto al rischio di sottovalutazione del fenomeno nel Lazio: “Il negazionismo  – ha dichiarato – e’ una cosa terribile ma il riduzionismo e’ un pericolo ancor piu’ grave perché’ piu’ insidioso in quanto sminuisce il fenomeno fino a far diventare tutto lindo, impalpabile e quindi inesistente”. “Se mettiamo insieme i dati che ci offre il rapporto dell’osservatorio, riflettiamo un una pluralita’ di presenze mafiose sul territorio romano- ha spiegato: credo nessuno possa dire che esiste una porzione di territorio dove non c’e’ un problema genericamente malavitoso. Dobbiamo prendere atto di quanto ci sia da fare e del poco tempo che abbiamo per farlo”.

I numeri e le storie del Rapporto. Negli anni la Capitale e la regione sono state teatro di numerose inchieste per associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga. Il Lazio si pone, negli ultimi anni, ai vertici in Italia per numero di operazioni antidroga, seconda dopo la Lombardia: 1003; seconda dopo la Puglia per quantità di sostanze stupefacenti sequestrate: 7.438,56. Nel primo semestre del 2014 la regione, con un totale di 1.447 persone segnalate per violazione della normativa antidroga all’autorità giudiziaria, emerge come valore assoluto rispetto alle altre regioni”. Dal narcotraffico nella regione l’analisi si sposta alle inchieste e alle sentenze che attestano l’operatività dei clan sul territorio. Per quel che riguarda il cosiddetto Basso Lazio – come si legge nel dossier – è possibile, a fronte di numerose sentenze passate in giudicato, evidenziare il radicamento e la costante pressione nei confronti del tessuto economico, sociale amministrativo e politico delle organizzazioni camorristiche e ‘ndranghetistiche. In particolare, le sentenze dei tribunali di Latina hanno riconosciuto l’operatività di associazioni di stampo mafioso nel pontino riferibili al clan Mendico (processo “Anni ’90”) e alla ‘ndrangheta dei Tripodo (processo “Damasco 2”) che ha operato condizionando il MOF di Fondi dipanando il suo potere criminale sino a lambire il tessuto della pubblica amministrazione. Lo stesso tribunale di Latina con sentenze confermate in Cassazione ha riconosciuto l’operatività del clan dei casalesi tra Nettuno, Anzio e Aprilia. Altrettanto importante la sentenza di primo grado del Tribunale di Velletri che condanna dieci esponenti del clan Gallace-Novella che operavano sul litorale romano. Il Rapporto “Le mafie nel Lazio” (chiuso in redazione il 10 febbraio 2015) narra, inoltre, in presa diretta, le principali operazioni che hanno aggiornato, cambiandolo, il quadro di analisi sulle mafie nella Capitale sin qui tracciato da studiosi, magistrati, giornalisti e istituzioni locali impegnate sul tema. Su tutte l’operazione conosciuta come “Mafia Capitale” coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma e scattata all’alba del 3 dicembre del 2014 quando trentasette persone sono state arrestate dai carabinieri nell’ambito dell’inchiesta “Mondo di mezzo”. La procura di Roma ha chiesto di procedere per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, usura, corruzione, turbativa d’asta, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio e altri reati. Un centinaio gli indagati sono stati coinvolti nell’inchiesta e oltre 200 milioni di euro il valore dei beni sequestrati nell’operazione. Al centro dell’indagine un gruppo criminale autoctono denominato, appunto, “Mafia Capitale” che a partire dal recupero crediti e altri reati di natura criminale, attraverso un sistema di relazioni esterne, sarebbe arrivato a mettere le mani anche su diversi appalti pubblici assegnati dal Comune di Roma e dalle sue società controllate. Si tratta di una “nuova mafia” come ha spiegato il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, che l’ha definita “una organizzazione che presenta tratti di originarietà e originalità”. Va evidenziato che l’inchiesta che ha colpito questa associazione a delinquere di tipo mafioso, attiva a Roma e nel Lazio, ha superato il vaglio della valutazione di quattro giudici: il gip che accolto la richiesta cautelare ed il collegio del Riesame che l’11 dicembre del 2014 ha respinto i ricorsi dei principali indagati confermando la gravità del quadro indiziario. Pochi giorni dopo, il 23 dicembre 2014 il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, su richiesta della Procura di Roma ha disposto il regime di 41bis, il cosiddetto “carcere duro” per il capo dell’organizzazione criminale, Massimo Carminati.  Una indagine che – come raccontato nel dossier – cambia il quadro di analisi della presenza delle mafie a Roma, ne ridisegna i confini e evidenzia – anche per il futuro – la complessità e la pluralità delle forme e delle azioni delle organizzazioni criminali nella Capitale. Una indagine con potenziali sviluppi futuri. C’è invece il sigillo della X sezione del Tribunale di Roma del tribunale sull’altra importante inchiesta che ha segnato la storia recente delle indagini contro le mafie nella Capitale, quella contro il clan Fasciani. Lo scorso 30 gennaio 2015 i giudici hanno emesso questa condanna “storica” per associazione di stampo mafioso (e altri reati connessi) poiché sancisce in primo grado l’operatività di una associazione mafiosa autoctona sul territorio capitolino, in particolare il quartiere di Ostia.

Infine, attraverso l’analisi delle carte giudiziarie e non in misura meno preoccupante, si sottolinea che la regione è attraversata dall’operatività di diversi clan di origine straniera. Per la prima volta a Roma è stato contestato il delitto di associazione a delinquere di tipo mafioso a due organizzazioni criminali di matrice nigeriana operative a Tor Bella Monaca e Torrenova: Eye e Aye. Tali organizzazioni risultavano dedite al narcotraffico e allo sfruttamento della prostituzione. In totale, il numero delle organizzazioni criminali operative nel Lazio è cresciuto in questi ultimi anni. Se nel 2008 nelle linee di “Sintesi del rapporto sulle organizzazioni criminali realizzato dall’Osservatorio regionale sulla sicurezza e legalità” ne erano stati censiti circa 60, oggi il recente censimento dell’Osservatorio ne individua circa 88. Si tratta di appartenenti in gran parte alle organizzazioni criminali della Camorra, ‘ndrangheta e Cosa nostra che in accordo tra di loro e con i clan autoctoni (Mafia Capitale, ex banda Magliana, Casamonica e Fasciani) si spartiscono gli affari illeciti sul territorio. A raccontare la penetrazione dei clan nella regione, oltre alle inchieste giudiziarie delle Forze dell’Ordine e della Magistratura, sono dunque i numeri. La Capitale e la regione, alla luce dei principali rapporti istituzionali e nazionali redatti in questi anni, si trovano nelle prime posizioni per illegalità collegate a reati di natura criminale e mafiosa, facendo registrare cifre che devono destare preoccupazione e portare ad una presa di responsabilità di tutti i settori socio-economici e della politica nella regione. Un dato significativo è l’ingente patrimonio dei boss sequestrato nell’ultimo anno. Secondo i dati forniti dal Tribunale per le Misure di Prevenzione di Roma nel 2014 si tratta di 593 beni mobili, 849 immobili, 339 imprese/società, per un valore dei beni che nel 2014 è stimato in circa un miliardo di euro. Ancora: il business del gioco d’azzardo, settore che – secondo molteplici indagini delle Dda di Roma, Napoli e Reggio Calabria – vede concentrarsi l’interesse dei clan. Un rischio non secondario per un territorio che ospita nella Capitale il 12% delle sale da gioco presenti in Italia, con circa 320 sale e oltre 50.000 slot machine diffuse tutta la Provincia. Rischio diventato realtà e raccontato da alcuni episodi di cronaca come i gravi attentati alle quattro sale slot in provincia di Roma (due a Pomezia, una a Nettuno e una a Maccarese). Inoltre, altri indicatori fanno alzare il livello d’allerta. Il Lazio è la quinta regione per Indice di Presenza Mafiosa, dopo Campania, Calabria Sicilia e Puglia mentre Roma occupa la tredicesima posizione, prima provincia non meridionale in questa classifica di presenza mafiosa. Nel 2013 In relazione ai bonifici verso e da paesi e territori a fiscalità privilegiata o non cooperativi per il 2013, il Lazio è seconda regione italiana, dopo la Lombardia, per bonifici in uscita. Per i bonifici in entrata, la regione è la sesta in Italia. L’area centro-meridionale della regione è tra le aree rosse segnalate dalla UIF per i flussi anomali di denaro in relazioni a “paradisi fiscali”. La “Relazione 2013 del Comitato di sicurezza finanziaria” (Ministero dell’Economia e delle Finanze) sottolinea, inoltre, che: in linea con la tendenza già registrata nelle precedenti annualità, anche per il 2013 si segnalano “operazioni afferenti a soggetti collegati alla ‘ndrangheta, pari al 48% delle segnalazioni investigate o evidenziate alla Dna” . (Vedi appendice a seguire). La dimensione del riciclaggio oltre che dalla quantità dei beni sequestrati e confiscati viene rilevata anche dal numero delle segnalazioni delle operazioni finanziarie sospette che per il 2013 la Banca d’Italia indica in 9188 operazioni che rappresentano il 14% delle operazioni nazionali e che vedono il Lazio in seconda posizione dopo la Lombardia. La stima di queste operazioni è di circa 10 miliardi. Infine nel Rapporto si legge che dal 2012 al 2014 nel Lazio risultano indagati per associazione di stampo mafioso 834 persone mentre per traffico di droga sempre per le inchieste della DDA di Roma gli indagati sono 3586. In Appendice, a corredo delle analisi riportate nel Rapporto, le due mappe che fotografano la presenza dei boss nel Lazio e nella Capitale. Quest’ultima cartina evidenzia un dato che emerge dalle indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma: una suddivisione territoriale dei clan nell’ambito della gestione del narcotraffico, ovvero per quartieri, e l’assoluta trasversalità e fluidità dei clan nell’infiltrare, invece, il tessuto economico e sociale della città; tanto da fare disegnare diverse “mappe” della città, in grado di rendere visibile questa “mafia liquida” in azione e in costante evoluzione sul territorio.

Gli interventi. Il Presidente della Regione Nicola Zingaretti nella prefazione scrive :”Ora, nessuno può dire più di non sapere. C’è un intero Paese che ha compreso – aggiungo, finalmente – che il fenomeno mafioso è un problema nazionale che inquina le nostre comunità, che aggredisce i nostri territori, che distrugge il capitale sociale e blocca lo sviluppo, alterando le regole del mercato, sottraendo risorse destinate ai servizi per la comunità, minando la stessa convivenza democratica. Scrive ancora Zingaretti” Ora nessuno può più dire di non sapere che la criminalità organizzata, a Roma e nel Lazio, è presente e radicata, e fa affari colossali, spesso – o meglio, quasi sempre – anche grazie a connivenze con la politica e con le pubbliche amministrazioni. Il Rapporto sulle mafie conferma questa vera e propria emergenza e ci invita, dunque, ad accelerare nell’azione di contrasto”. “La nostra regione” scrive il Presidente dell’Osservatorio Gianpiero Cioffredi nell’introduzione” non è terra di mafia, ma terra per le mafie, un territorio appetibile per i boss. Qui le cosche non puntano al controllo militare del territorio, ma al controllo di pezzi del tessuto economico-produttivo. Ma se il Lazio non è, sotto il profilo della penetrazione criminale, né la Calabria né la Sicilia , è certamente terra di investimenti per le organizzazioni mafiose per le quali rappresenta un territorio strategico per il suo dinamismo economico, per le capacità imprenditoriali della sua gente, per la ricchezza che produce e per essere il cuore del potere politico”. Scrive ancora Cioffredi” Il Rapporto ci dice che qui si sono vissuti i diversi stadi dell’infiltrazione, della presenza, dell’insediamento, per arrivare in tempi recenti al vero e proprio radicamento”. “Il Rapporto “Le mafie nel Lazio” – come scrive nella Postfazione il presidente della Fondazione Libera Informazione, Santo Della Volpe – “è stato, pensato e realizzato soprattutto provando a mantenere un approccio rigoroso e attento” per una analisi del fenomeno criminale nel Lazio e al tempo stesso come punto di partenza e strumento di lavoro “per creare le basi per percorsi di analisi con le associazioni, i giornalisti, i gruppi che sul territorio, fanno ogni giorno scelte di contrasto e di legalità, nel lavoro e nella cultura, nell’istruzione e nello sport”.

 

Rassegna stampa della presentazione del Rapporto “Le Mafie nel Lazio”

Trackback dal tuo sito.

Premio Morrione

Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

leggi

LaViaLibera

logo Un nuovo progetto editoriale e un bimestrale di Libera e Gruppo Abele, LaViaLibera eredita l'esperienza del mensile Narcomafie, fondato nel 1993 dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio.

Vai

Articolo 21

Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

Vai

I link