Colombia, narcotraffico e guerriglia
In Colombia il narcotraffico continua ad essere ancora oggi un’attività economica molto redditizia anche se i colombiani non detengono più, come un tempo, il monopolio mondiale del traffico di cocaina (assunto, da tempo, dai narcos messicani). Nel commercio delle droghe, le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia) hanno svolto (svolgono) un ruolo importante anche per sostenere le consistenti spese della loro guerriglia che va avanti da decenni, mentre proseguono, a Cuba, le ennesime trattative di pace avviate, da oltre due anni e mezzo, con una delegazione del Governo colombiano. A giugno/luglio 2014, dopo la riconferma elettorale, al secondo mandato, del Presidente Manuel Santos, sono stati avviati contatti preliminari per un dialogo di pace anche con le altre due formazioni guerrigliere, l’ELN- Esercito di Liberazione Nazionale e l’EPL- Esercito Popolare di Liberazione. Tutto questo mentre continuano, in diverse zone del paese, violenti scontri con le forze militari. Gli ultimi, il 22 febbraio u.s., nella zona boscosa di Francisco-Pizarro (Narino), con la morte di tre guerriglieri delle Farc e di un capo della colonna Daniel Aldana e nella regione di Norte di Santander, dove altri sei membri dell’ELN sono stati uccisi in un conflitto a fuoco con un reparto dell’esercito. Da oltre cinquant’anni la Colombia è alle prese con queste formazioni guerrigliere in una guerra che è costata decine di migliaia di vittime anche tra la popolazione.
L’innegabile impegno di un settore particolarmente specializzato della Polizia Nazionale che è la Direzione Antinarcoticos ha portato a significativi risultati nei sequestri di droghe anche nel corso del 2013: 14,4 ton. di pasta di coca, 45 ton. di base di coca, 166 ton. di cloridrato di cocaina, 3,7 ton. di “basuco” ( è lo scarto della cocaina), 407 ton. di marjiuana e 402 kg. di eroina. Nel 2014, anche se i dati ufficiali sui sequestri e arresti non vengono ancora resi pubblici, si parla ancora di oltre 100 ton. di cocaina e di più d 300 ton. di marjiuana.
In Colombia, da almeno un quarto di secolo, con l’aiuto di ingentissime risorse finanziarie e tecnologiche, fornite soprattutto dagli americani, si sono eradicate ( manualmente o con erbicidi diffusi utilizzando piccoli aerei) centinaia di migliaia di ettari di piantagioni coltivate a coca. In Colombia sono tre le specie di foglie di coca per la produzione di cocaina: la Caucana (o amara), la Peruana (o dolce) e la Tingo Maria. Il risultato è che, ancora oggi, ci sono, secondo rilevazioni satellitari e stime dell’UNODC (l’agenzia antidroga delle Nazioni Unite) oltre 50mila ettari che, grazie anche a fertilizzanti speciali, sono in grado di garantire più raccolte in un anno e di produrre un maggior quantitativo di arbusti di coca per ettaro, con una maggiore resa dell’alcaloide. Insomma si è puntato su una maggiore produttività. Un aumento nel consumo di droghe si era registrato nel 2013, con Medellin in cima alla classifica ( oltre 225mila assuntori abituali), seguita dai dipartimenti di Quindio e Risaralda (fonte Ministero della Salute, Colombia, luglio 2014).
Scomparsi, nella seconda metà degli anni Novanta,i tradizionali cartelli della droga, dopo la morte in conflitti a fuoco con la polizia o la cattura dei loro capi ( alcuni estradati negli Usa dove si trovano a scontare pesanti condanne), si è assistito ad un processo di polverizzazione dei vari gruppi delinquenziali che ha portato, nella fase iniziale, ad una “miniaturizzazione” ( si è parlato di “cartelitos”) e, successivamente, al consolidamento di diverse “bande criminali” (“bacrim” nella sintesi giornalistica). Sono queste, oggi, a gestire il traffico delle droghe, ma anche il gioco d’azzardo, il contrabbando di pietre preziose, la prostituzione, l’estorsione. Il territorio nazionale è, dunque, conteso tra i Los Urabenos, Las Aguilas Negras, Los Paisas, Los Machos, La Oficina de Envigado, Erpac, Autodefensas Unidas de Cundinamarca, Alta Guaijra, Los Rastrojos. Questi ultimi, dopo un lungo periodo di egemonia, durato sino al 2012, stanno attraversando una fase di instabilità dovuta anche alla cattura dei capi (i fratelli Calle Serna) e di altri esponenti di spicco. La banda più pericolosa, stando ai resoconti della polizia, è ancora quella dei Los Urabenos ( che pure, nel 2013, hanno perso due leader del calibro di Greylin Fernando Varon Cadena, catturato a Bogotà dalla Polizia Nazionale e di Orlando Gutierrez Rendon), composta da oltre duemila persone, che esercita un controllo capillare dalla costa caraibica a quella pacifica, inclusa la strategica regione del Cauca. Proprio in quest’ultimo dipartimento, pochi giorni fa, hanno manifestato pubblicamente diverse organizzazioni raggruppate nel Movimento Nazionale delle Vittime di Crimini dello Stato, dopo le minacce rivolte dai Lo Urabenos ad alcuni difensori dei diritti umani che vivono e lavorano nella regione.
Nella seconda metà del 2013 e in parte del 2014, lo scenario criminale colombiano è stato contraddistinto da violenti conflitti tra un gruppo delinquenziale autodefinitosi “Libertadores del Nordeste” contro i Los Urabenos e i Los Rastrojos. Inutile dire che in Colombia i rappresentanti delle mafie italiane si trovano a proprio agio, da anni. Evidenze investigative hanno permesso di appurare il riciclaggio, da parte di esponenti della criminalità nostrana, di ingenti capitali provenienti dal narcotraffico utilizzati nell’acquisto di società ed attività economiche di diritto colombiano di prestigio come, per esempio, catene di abbigliamento e ristoranti/pizzerie.
Per quanto riguarda il trasporto di droghe, oltre alle spedizioni in container da alcuni porti colombiani ed ecuadoregni, il mare continua ad essere una straordinaria via utilizzando anche “semisommergibili” ( la Dea li indica “SPSP” ossia “self propelled semi submersibles”), costruiti nella giungla, per lo più nel dipartimento di Valle del Cauca, tra il porto di Buenaventura e Cali. Negli ultimi sette anni, le forze navali statunitensi,colombiane e di altri paesi del centro America, hanno sequestrato oltre novanta sottomarini che trasportavano decina di tonnellate di cocaina. Il costo complessivo di ciascun semisommergibile oscilla, mediamente, intorno al milione di dollari, tutto compreso. Sembra una gran cifra ma non lo è se ci si riferisce agli ingenti profitti del narcotraffico. Da qualche anno, inoltre, si è sviluppata la c.d. “rotta africana” che vede un 20% della produzione di cocaina colombiana destinata al Senegal, al Togo, a Capo Verde, alla Nigeria e alla Guinea Bissau.Il sequestro di circa 200 kg. di cocaina effettuato in Marocco, nell’estate 2014, avrebbe evidenziato collegamenti tra le FARC e gruppi qaedisti che, per assicurare il transito della droga, riscuoterebbero un’imposta del 15%. Aspetto, questo, da non sottovalutare nello scenario africano caratterizzato da guerre civili e rivolte, con le note presenze di gruppi terroristi di varia matrice che necessitano di continue risorse per la logistica e gli armamenti.
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