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Scuola, una carta d’intenti contro mafie e corruzione

di Gianni Bianco il . L'analisi

Aggirarsi tra i marmi del ministero dell’Istruzione, perdersi nei suoi corridoi tutti uguali e tutti desolatamente deserti, può far perdere la fiducia anche al più inguaribile degli ottimisti. Salendo i gradini del dicastero di viale Trastevere per seguire da cronista la firma della carta d’Intenti per “educare alla legalità e alla deterrenza, al controllo e al contrasto dei fenomeni mafiosi e di criminalità organizzata”, si è tentati di pensare che si tratti solo di un gesto formale, l’ennesimo protocollo d’intesa ricco di buone intenzioni che rischiano però di restare lettera morta. E non aiutano a coltivare speranze gli stucchi e i tendaggi, i busti impolverati e la lunga galleria di ritratti ottocenteschi, icone di un passato glorioso, che poco hanno a che fare con il futuro di cui i ragazzi vogliono essere protagonisti. Ed invece arrivati alla sala in cui si terrà l’evento, ad accoglierti trovi i 45 ragazzi catanesi della Di.sco Brass Ensemble, intenti ad accordare clarinetti, testare tamburi, intonare cori tra  bidoni trasformati in tamburi, lavandini e tubi che diventano strumenti musicali. “Di.sco” (il nome che si sono dati) non indica però la preferenza per la musica techno riempipista, ma è piuttosto un acronimo che spiega la ragion d’essere di questo collettivo: combattere la “dispersione scolastica”, il tentativo riuscito di prosciugare con la musica, le pozze da cui la criminalità attinge manovalanza, portando i ragazzi lontano dalle scuole. Ed è osservando questi studenti riconquistati, guardandoli eseguire  fieri prima “Fratelli d’Italia”, e poi “Pensa”, inno dei giovani antimafia, che i primi dubbi cominciano a diradarsi. Sensazioni positive rafforzate dalla vera novità dell’accordo sottoscritto dal ministro Giannini, dal procuratore nazionale antimafia Roberti, dal presidente dell’associazione nazionale magistrati Sabelli, dal presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Cantone: la collegialità, il “fare insieme”, il mettere insieme gli sforzi. Perché di iniziative per la legalità se ne sono fatte e se ne fanno per fortuna molte, e tante ne hanno fatte pure i sottoscrittori dell’accordo.

Quante volte e con quanti frutti ad esempio uno come Roberti, è stato in questi anni nelle scuole. “Li spingo sempre a considerare che i diritti non sono per sempre, vanno difesi tutti i giorni” mi conferma. Rispetto al già fatto, il punto di svolta è però il coordinamento delle iniziative “già promosse in forma disgiunta”, “l’attività di condivisione delle iniziative già poste in essere”, “stimolando altri soggetti a collaborare”. E’ una educazione alla legalità che sembra voler includere, che abbraccia e chiede a tutti uno sforzo supplementare per allargare sempre più il cerchio. Magistrati e forze dell’ordine, dirigenti della pubblica amministrazione al fianco di presidi, insegnanti e studenti. Immagine plastica di quello Stato che spesso sento invocare nelle scuole come assente, o non percepito, quando si parla di questi temi. “D’accordo chiederci un impegno personale, ma lo Stato dov’è?” ti senti chiedere dai ragazzi. In quella carta, se diventerà realtà, quello Stato, non astratto ma fatto di persone in carne e ossa, lo intravedi. Una comunità più ampia di cui ha parlato anche il neo presidente della Repubblica Mattarella, nel suo discorso d’insediamento. “Per la nostra gente, il volto della Repubblica è quello che si presenta nella vita di tutti i giorni: l’ ospedale, il municipio, la scuola, il tribunale, il museo. Mi auguro che negli uffici pubblici e nelle istituzioni possano riflettersi, con fiducia, i volti degli italiani” ha detto fra gli applausi il capo dello Stato. Il passo avanti di questa “carta d’intenti” triennale promette d’ essere quindi questo, mostrare sempre più ai cittadini di domani – i ragazzi delle scuole – uno Stato che ha i volti di un professore e di un pm, di un poliziotto e di un sacerdote. Non da soli, ma assieme. Una task force che collegialmente educa.

 

Mostrando che la mafia può essere sconfitta, come fatto con profitto negli ultimi vent’anni. Ma che sempre più  insegna anche che è la corruzione il nuovo nemico da conoscere e combattere e che fin qui poco spazio ha avuto nei progetti formativi. Quella corruzione così vicina a tutti gli studenti italiani e che nel loro percorso scolastico e universitario, talvolta può presentarsi sotto forma di raccomandazione, concorsi truccati, condanna ad emigrare all’estero. “Se facciamo passare l’idea che la corruzione fa danni sociali non meno della mafia, sarà più facile condurre la battaglia culturale”, dice Cantone mentre accanto a lei il ministro Giannini assicura che l’educazione alla cittadinanza sarà introdotta nelle scuole italiane. In tutte, non più solo in quelle in cui da anni operano professori e dirigenti sensibili al tema e che a questo impegno hanno dedicato con profitto tante ore fuori dall’orario scolastico.

 

 

* Gianni Bianco, giornalista  – Tg3

 

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