Rifiuti, la Corte europea dichiara l’Italia inadempiente per le discariche del Lazio
“L’esistenza di organizzazioni criminali o di persone connotate come operanti “al limite della legalità”, che sarebbero attive nel settore della gestione dei rifiuti, non può giustificare la violazione da parte di uno Stato membro degli obblighi ad esso incombenti in forza di una direttiva”. In altre parole non tutto è ecomafie o ecofurbi. È la lunga ma importante citazione dalla sentanza della Sesta sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che ha nuovamente condannato l’Italia per la cattiva gestione dei rifiuti. Dopo la Campania e, più in generale, l’eccessivo utilizzo delle discariche in tutto il Paese, questa volta nel mirino dei giudici europei finisce il Lazio e, in particolare, Roma e Latina. Un’altra gran brutta figura. E non ci sono scuse per i gravi ritardi e le inadempienze, neanche gli affari degli ecocriminali (vedi Malagrotta e Borgo Montello) come aveva provato a sostenere la difesa italiana.
Non basta la presenza, pur provata, di interessi illeciti a giustificare le violazioni delle norme europee, afferma la Corte richiamando le istituzioni italiane (nazionali, regionali e comunali) alle proprie responsabilità. Quante volte abbiamo sentito dai politici tirare in ballo camorra o altro per giustificarsi. Troppo comodo. Troppo semplice. E così arriva l’ennesima bacchettata europea che queste responsabilità elenca in modo chiaro e impietoso. Per il passato ma anche per il presente, diversamente da come hanno commentato le attuali amministrazioni tutte impegnate ad accusare quelle precedenti (sicuramente ancor più responsabili) assicurando che ora tutto è cambiato. Ma non è così come spiega bene la Corte. La questione riguarda il conferimento in discarica dei rifiuti. Le norme europee permettono ancora questo tipo di smaltimento, il più dannoso ed economicamente svantaggioso, ma solo per rifiuti trattati, per ridurne la pericolosità e dopo il recupero dei materiali riciclabili. Si può fare, le tecniche ci sono, ricorda puntigliosamente la Corte, ma nel Lazio non lo si è fatto, almeno fino al 2012. Anzi si é tentato un trucco (come peraltro in varie regioni) spacciando per trattamento la semplice triturazione col successivo imballaggio. Già le famose ecoballe, non solo “made in Campania”.
Trucco scoperto, riconosciuto dall’Italia davanti alla Corte (e come negare quando il corpo di reato puzza?) e prima colpa accertata. L’Italia, dopo le accuse della Commissione (la procedura è partita nel 2009) aveva assicurato che il sistema di trattamento sarebbe andato a regime entro il 2013. Ma la Corte ha accertato che ancora oggi gli impianti di trattamento per i rifiuti di Roma e Latina non sono sufficienti e quindi bisogna ricorrere a quelli di alte province o fuori regione o addirittura fuori Italia. Insomma non finiscono più in discarica rifiuti non trattati ma solo grazie al “soccorso” di altre amministrazioni. Mancanza di autonomia e costi aggiuntivi, in palese violazione delle norme Ue che prevedono lo smaltimento il più vicino possibile al luogo di produzione dei rifiuti. Altro trucco scoperto e altra condanna. E, comunque, stiamo sempre parlando di discariche. Non di raccolta differenziata che potrebbe via via eliminare il ricorso a questo inutile e dannoso spreco. Ma Roma è clamorosamente ferma ad appena il 38%, lontanissima da quanto previsto dalle direttive Ue. Una nuova condanna in arrivo?
Antonio Maria Mira, giornalista.E’ caporedattore nella redazione romana di “Avvenire”, giornale per il quale da anni cura le inchieste e i dossier di approfondimento
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