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Beni confiscati, una legge per “riattivare il lavoro”

di redazione il . Lazio

1700 aziende confiscate in via definitiva, il 70 % in più dall’inizio della crisi economica. Terziario, edilizia e agroalimentare  i principali  settori in cui le mafie hanno investito capitali illeciti, inquinando e condizionando l’economia legale. Oggi alla sala stampa di Montecitorio è stato presentato il testo di legge “adottato” dalla Commissione giustizia della Camera, relatore il deputato Pd Davide Mattiello, frutto di campagna coordinata da una rete di associazioni del sociale (Acli, Arci, Avviso Pubblico, Centro Studi Pio La Torre, Cgil, Legacoop, Libera, Sos impresa) che con una raccolta firme hanno chiesto al Parlamento di varare una legge di iniziativa popolare sui beni confiscati, in particolare, sulle aziende sottratte ai boss.

Un impegno che ha coinvolto tanti cittadini e ha trovato disponibilità in Parlamento, in Commissione giustizia, dove il testo è stato approvato quasi all’unanimità da tutte le forze politiche (ad eccezione di Forza Italia).  “Le norme relative ai beni confiscati hanno bisogno urgentemente di una riforma prima che il sistema collassi, le aziende falliscano e a pagare il conto siano i lavoratori – spiega il relatore del testo di legge, Davide Mattiello”. Questo testo base è frutto del lavoro svolto nei mesi scorsi, a partire dalla legge 1138 (e di altre proposte che hanno rafforzato e implementato questo testo)”. Nel suo intervento Mattiello sottolinea il positivo risultato politico e istituzionale di questo primo testo, anche alla luce dell’importante lavoro svolto anche in Commissione antimafia e dal ministero della Giustizia (nel  pacchetto di riforme presentato lo scorso 29 agosto). Adesso, spiega Mattiello “Serve convergere e dare il via al dibattito parlamentare per arrivare ad una legge efficace e condivisa che porti risultati concreti trasformi questo strumento antimafia in un punto di partenza per lo sviluppo del Paese”. Il tempo è scaduto. L’emergenza che attraversa questo settore cruciale per la battaglia contro le mafie sui territori, dal Nord al Sud, non può più attendere. Lo sottolinea nel suo intervento Luciano Silvestri della Cgil che ricorda come il tema delle aziende confiscate coinvolga circa 80mila lavoratori. “Uno strumento vincente quello dei beni confiscati – spiega Davide Pati, Ufficio di presidenza di Libera – che è diventato il perno dell’attività di contrasto alle mafie nel nostro Paese. Da 18 anni, con la legge 109/96 abbiamo scritto pagine di democrazia, mettendo insieme una sintesi innovativa fra l’impegno della magistratura e delle forze dell’ordine, quello degli operatori economici, la buona politica e la cittadinanza attiva”. Pati spiega che in Italia “450 realtà gestiscono i beni confiscati ai boss” ma “molto ancora resta da fare”. Pati punta il dito sulla situazione in cui versa l’agenzia dei beni sequestrati e confiscati ai boss, che attualmente – commenta – “ha le mani legate” poiché fra le altre criticità manca, in questo momento, il consiglio direttivo e l’organo deliberante. “Adesso serve una legge unitaria in grado di porre fine a queste difficoltà e restituire i beni confiscati alla collettività, per continuare a portare avanti progetti di inclusione sociale, di economia pulita e solidale, di formazione e riattivare il welfare”. Come ricorda nel suo intervento Antonio Russo delle Acli quello presentato oggi è un testo che lavora soprattutto su un “anello debole della catena economico-mafiosa: i lavoratori” che spesso – aggiunge “non sanno neppure di essere dipendenti di aziende colluse o di proprietà dei boss”. Questi provvedimenti sono necessari perché “si sviluppi invece una buona economia”, soprattutto in “un periodo di crisi finanziaria come quella che stiamo vivendo i beni confiscati possono diventare l’elemento centrale per far ripartire il Paese”. “Esattamente come nel 1996 – conclude il coordinatore di Avviso Pubblico – Pier Paolo Romani – anche queste proposte di modifica della legge partono dal basso, dai cittadini. Questo è segnale importante e vogliamo ringraziare anche quanti in Parlamento, come l’onorevole Mattiello, si sono impegnati perché queste richieste  potessero essere ascoltate e tradotte in un testo di legge”. Un tema, quello dei beni confiscati, che riguarda da vicino anche gli amministratori pubblici perché come ricordano da Avviso Pubblico “l’80 percento dei beni transita nelle amministrazioni locali prima della destinazione a fini istituzionali o sociali”. Tanti gli aspetti “riformati” dal testo di legge, fra gli altri: l’istituzione di un fondo di rotazione dal quale le aziende possano attingere per lo start up delle imprese, una maggiore efficenza e organizzazione dell’Agenzia nazionale (e il suo spostamento dal ministero dell’Interno ad altre istituzioni che si occupino di economia e sviluppo) una trattazione prioritaria dei provvedimenti di prevenzione patrimoniale, una garanzia di copertura, anche qui prioritaria, per carenze di organico in quei tribunali che seguono numerosi iter di sequestri e confische, un albo rigoroso degli amministratori giudiziari (al centro di numerose polemiche negli ultimi mesi per alcuni casi di inefficienza o di mala gestione, ndr).

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