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I Cie in Europa e in Italia

di Piero Innocenti il . Senza categoria

Alcuni giorni fa ( 25 settembre 2014), la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, presieduta dal senatore Luigi Manconi ( politico competente e perbene)ha approvato il rapporto sui centri di identificazione ed espulsione (Cie) in Italia. Alcuni mesi prima, la stessa Commissione, con la risoluzione approvata il 5 marzo, riguardante le misure minime da adottare nei Cie, aveva sollecitato il Governo ad eliminare le numerose carenze riscontrate in tali centri per assicurare adeguata tutela della dignità e dei diritti degli stranieri trattenuti. Il “rapporto Manconi” contiene valutazioni molto critiche sulla gestione e sulle carenze organizzative e sanitarie di tali centri, alcune, peraltro, già espresse da diversi anni, a partire da Medici senza frontiere (2004), al rapporto Mistura (2007),a Medici per i diritti umani (2013) e, per ultimo, alla commissione ministeriale Ruperto (2013). Fino ad oggi, tuttavia, le proposte avanzate per migliorare la situazione generale hanno avuto scarsa attenzione nei confronti degli stranieri “carcerati” nei Cie. Qualcosa, oggi, sembrerebbe muoversi con la proposta Manconi di riduzione dei tempi massimi di trattenimento a 30 giorni prorogabili una sola volta fino a 90 sempre che emergano elementi concreti che consentano di ritenere probabile l’identificazione ovvero la proroga si renda necessaria per organizzare le operazioni di rimpatrio. Si tratta di alcune modifiche del provvedimento “Disposizioni per l’adempinento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea-Legge europea 2013-bis”, all’esame del Parlamento, trasmesso il 19 settembre 2014 alla camera dei Deputati dopo l’approvazione in Senato.

Si prevede, inoltre, l’interruzione del trattenimento nel Cie in attesa di espulsione qualora non ci sia una ragionevole prospettiva che questa sia eseguita. Al primo ottobre sono sette i Cie operativi con 439 stranieri trattenuti ( di cui 30 donne), in prevalenza tunisini (148), siriani (58), algerini (41), marocchini (40). Che i Cie, istituiti con lo scopo di trattenere uno straniero da identificare in attesa della espulsione, non abbiano raggiunto lo scopo è evidente da anni. Nel 2013, per esempio, su 6016 stranieri transitati complessivamente nei centri, sono stati rimpatriati soltanto 2.749 ossia il 45,69%. La situazione non è mutata nel 2014. Il panorama europeo dei centri è, in effetti, estremamente variegato e riesce difficile comprendere come mai le istituzioni comunitarie non siano riuscite ancora a disciplinare in modo uniforme una materia così delicata. In un centro di identificazione per stranieri “clandestini” alla periferia di Bucarest, terminati i quarantacinque minuti di“ricreazione” all’aperto si rientra nelle camerate ad oziare in attesa di essere “dimessi”.Il tempo massimo di “detenzione” con il provvedimento di polizia, sottoposto all’esame di un giudice, è di 18 mesi rinnovabile a scaglioni di sei mesi. In Inghilterra, nei dieci centri esistenti (quasi tutti gestiti da agenzie di sicurezza private), gli stranieri irregolari possono essere trattenuti per un tempo indeterminato. La Germania é il paese che ha il maggior numero di centri per stranieri (34), con un tempo massimo di permanenza di 18 mesi ( in linea con la direttiva comunitaria del 2008).

Inadeguata l’assistenza sanitaria specialistica, assente (o carente) quella legale, quasi azzerata la possibilità di contatti con il mondo esterno. In Francia un “clandestino” può essere trattenuto “solo” per 45 giorni, con la convalida di un giudice che interviene solo dopo 5 giorni dal fermo ( questo comporta un’alta percentuale di espulsioni senza la convalida). In Spagna vi sono sette centri su tutto il territorio, in stato precario, a volte di vero degrado, con provvedimenti espulsivi che seguono procedure confuse e dove il tempo di permanenza massimo è di 60 giorni. La Svezia, con i suoi 5 centri di identificazione e con un tempo massimo di trattenimento di 12 mesi, è il paese che garantisce una buona libertà di movimento all’interno della struttura, l’accesso da parte di soggetti esterni e visite senza particolari limitazioni. Molte delle legittime e documentate critiche che sono state fatte nei riguardi dei Cie italiani  possono ben essere avanzate anche in altri paesi europei e questo non per attenuare le responsabilità di casa nostra. C’è la reale esigenza, innanzi ad un fenomeno migratorio verso l’UE in continuo aumento, di armonizzare una politica migratoria comune e coerente. Altrimenti si continuerà a leggere e ad ascoltare soltanto belle dichiarazioni politiche di solidarietà e di comprensione e nulla di più.

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