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Le mani delle criminalità organizzata sulla rete: si espande il mondo delle monete virtuali

di Piero Innocenti il . Lombardia

Non è così semplice fare un’asta per vendere beni che esistono solo nella realtà virtuale. Eppure è accaduto anche questo, poco più di un mese fa, a New York, con la vendita di 30mila bitcoin, una piccola parte della refurtiva di milioni di dollari sequestrati nell’ottobre 2013 dal FBI sul sito Silk Road. L’operazione aveva portato all’arresto del suo gestore Ross William Ulbricht con l’accusa di traffico di droghe on line e riciclaggio. In tale circostanza erano state sequestrate transazioni in bitcoin, la moneta elettronica virtuale, per diversi milioni di dollari. Pagare con questa moneta elettronica (esiste solo in rete) complica enormemente l’attività di contrasto, già di per sé complessa, ai mercati illeciti. Tutto avviene, infatti, nell’anonimato. Questo aspetto della non tracciabilità delle monete virtuali le rende sicuramente appetibili per la criminalità, in particolare quella collegata al narcotraffico, e per le operazioni di riciclaggio. Il bitcoin, lo ricordiamo, è stato creato nel 2009 da una persona che si nasconderebbe dietro lo pseudonimo Satoshi Nakamoto che, agli inizi del 2014 sembrava identificarsi in un ingegnere giapponese, naturalizzato americano, scovato in una fattoria nel sud della California. Scartata questa ipotesi, le ricerche sono proseguite e, secondo le ultime notizie (maggio 2014), il “genio” matematico sarebbe sempre un ingegnere, stavolta americano con origini giapponesi, residente in una piccola casa intorno a Los Angeles. Tornando alla moneta che non è ovviamente su carta e non c’è, quindi, nessuna banca centrale che la emetta o presso la quale si possa depositare, essa è riconosciuta dal semplice fatto che un numero indeterminato di persone accettano di usarla come tale. I bitcoin sono “coniati”, con il limite di liquidità programmata di 21milioni entro il 2033, dai “miners” (minatori), operatori on line, attraverso una complessa procedura matematica del computer personale con la possibilità di trasferirli attraverso internet e in cambio di una “fee” (remunerazione) a chiunque disponga di un indirizzo bitcoin. Questa smania di denaro virtuale ha determinato presto le imitazioni. Così, nel 2011, sono nate la Litecoin e, poco dopo, la Worldcoin, Namecoin, Hobonickels. Più recentemente sono apparse Gridcoin, Fireflycoin, Zeuscoin, Annoncoin e, non poteva mancare la Sexcoin. A gennaio 2014, il Wall Street Journal, ha contato una ottantina di queste cripto-monete in tutto il mondo. C’è chi parla, entusiasticamente, delle grandi possibilità che si aprono, nel lungo periodo, per investimenti con queste monete. La loro molteplicità ha consentito la creazione di un “exchange”, come Criptsy, un mercato dove si negoziano una sessantina di queste monete virtuali. La quotazione media di un bitcoin, a metà luglio u.s. era di circa 600 dollari ( nel 2013 ci sono state forti oscillazioni fino a raggiungere punte anche superiori ai mille dollari). In Italia, secondo quanto emerge sul sito “coinmap.org”,diversi esercizi commerciali accettano già il bitcoin come modalità di pagamento e, in questo, la Lombardia è capofila con 54 negozi, seguita dall’Emilia Romagna e Veneto, entrambe con 33 e dal Lazio con 27 per un totale nazionale di più di 200 punti. Il nostro paese, secondo il sito Bitnodes, sarebbe addirittura al decimo posto nel mondo per l’utilizzo di bitcoin ( in testa Usa, Russia, Germania). Sul fronte americano, tuttavia, il Congresso, sin dal 2013, sulla scorta dei pareri dei Ministeri della Giustizia e del Tesoro, integrati da quelli dei servizi di intelligence e della Federal Reserve, aveva escluso, senza un’adeguata regolamentazione e controllo, l’utilizzo di tale moneta come strumento di pagamento. Sta di fatto che la catena on line americana Overstock già accetta bitcoin nei pagamenti mentre il miliardario Mattew Mellon, rampollo dei proprietari della Bank of New York, a luglio 2014 ha deciso di creare un fondo di investimento nel settore della cripto moneta convinto che presto rimpiazzerà i biglietti verdi. Se in Russia e in Cina, i bitcoin sono stati dichiarati illegali, la Svizzera sembra disponibile all’adozione della moneta senza riserve ed entro il corrente anno sarà possibile fare acquisti anche nei supermercati della francese Monoprix. L’entusiasmo per la nuova moneta ha contagiato anche Israele. A Tel Aviv ci sono non solo bancomat ma anche caffè e luoghi di ritrovo dedicati alla moneta virtuale ( è nata anche Isracoin!).

La doccia fredda scesa sul mondo delle cripto-monete a febbraio 2014 con i fallimenti di Mt.Gox, il più grosso portale di cambio in bitcoin, dovuto al furto di 850mila “pezzi” e, poco dopo, di Flexcoin, non sembra abbia attenuato gli entusiasmi e frenato gli investitori. Un recente rapporto (giugno 2014) dell’Eba, l’autorità di vigilanza europea, mette in guardia banche ed istituzioni finanziarie sui pericoli collegati alla vendita e alla detenzione dei bitcoin prima che entri in vigore un sistema di controllo anche se vengono riconosciuti alcuni benefici potenziali tra cui transazioni più facili e rapide. Dello stesso avviso l’UIF ( Unità d’informazione finanziaria della Banca d’Italia) che coordina le attività antiriciclaggio.

Con la nascita di altre monete, aspettiamoci altre novità nello spazio virtuale dove avvengono, quotidianamente, ad opera di professionisti al servizio della criminalità, migliaia di trattative illecite, speculazioni finanziarie e operazioni di riciclaggio di denaro sporco. Difficilissimo anche per quelle forze di polizia ad alta specializzazione individuare e neutralizzare questi siti ( si stima che ce ne siano al mondo almeno 25 mila non regolamentati), che riescono a rigenerarsi e a mutare le sembianze su altri server in poco tempo.

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