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2 settembre 2014

di no.fe. il . Rassegne

Minacce a Luigi Ciotti, i vescovi: “Vicinanza” e “stima”. “Chiesa senza paura” titola il quotidiano “L’Avvenire” oggi in edicola che dedica uno speciale al caso delle minacce al presidente di Libera, Don Luigi Ciotti. Nell’articolo di Umberto Folena il quotidiano della CEI, racconta del messaggio di “vicinanza” e “stima” della conferenza episcopale italiana che in una nota ribadisce la linea portata avanti da Papa Francesco contro mafie e corruzione. Dall’articolo di apertura del quotidiano sino agli approfondimenti interni il giornale della CEI ribadisce “nessun cedimento ai boss”. Delle circostanze legate alla sicurezza di Don Luigi Ciotti si continua a parlare anche in un trafiletto della “Gazzetta del Sud” in cui si sottolinea un passaggio dell’intervista rilasciata ieri al giornalista Salvo Palazzolo, autore dell’articolo sulle intercettazioni di Riina in carcere e le minacce contro Luigi Ciotti.  Il quotidiano dello Stretto, infatti, punta l’attenzione sulla mancata comunicazione del “pericolo” al presidente di Libera che nell’intervista a Repubblica si dice sorpreso di non essere stato avvertito in questi mesi, soprattutto in segno di rispetto e tutela per i due poliziotti che lo accompagnano giornalmente. Aprono un dibattito anche politico le dichiarazioni del boss Totò Riina che “Il Corriere della Sera”, con un articolo a firma di Virginia Piccolillo, sceglie di trattare tornando sugli aspetti che riguardano la trattativa Stato-mafia, sui commenti che il boss in carcere fa sul conto di Mancino e del figlio dell’ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino. A pagina 16 l’articolo titolato “Riina in carcere: Mancino non trattò con me”. Anche il quotidiano diretto da Ezio Mauro torna sulle intercettazioni del boss in carcere e titola sui riferimenti del capo dei capi al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. L’articolo è firmato da Salvo Palazzolo a pagina 18 del quotidiano in edicola. Sulle colonne dello stesso giornale si parla di stragi e terrorismo, invece, nell’articolo a doppia firma dei giornalisti Enrico Bellavia e Alberto Custodero su Ustica. “… Le prime carte desecretate dal decreto Renzi sulle stragi sono del minitero degli Affari Esteri. Consultabili da ieri presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma, svelano risvolti mediti della diplomazìa segreta internazionale sviluppatasi attorno al caso Ustica  – scrivono. Migliala di fascicoli sui quali i timbri «segreto»e«segretissimo» si sprecano in un affastellarsi diprotocolliriservatì, dal Sismi che si lamenta «della attività criminali» di Gheddafi che invia i killer ad uccidere i dissidenti riparati all`estero. Alle richieste dai toni ricattatori che Tripoli avanza a Roma per ottenere il risarcimento dei danni per le mine disseminate in Libia dagli italiani durante la Seconda Guerra. Da queste prime carte desecretate s`intravede quel “Muro di gomma” -di cui ha parlato il regista Marco Risi nel 1991 – contro il quale per così tanto tempo è rimbalzata la verità sulla strage di Ustica”. Sul giornale edito dal Gruppo Caltagirone, “Il Messaggero” si torna sulle intercettazioni di Riina con due articoli. Uno a pagina 4 firmato dalla giornalista Valentina Errante e che fa il punto sui contenuti del colloquio con il boss pugliese Lorusso e l’altro a firma di Silvia Barocci che intervista il sostituto procuratore nazionale alla Dna Maurizio De Lucia che conosce bene i contenuti di quelle intercettazioni e su Riina aggiunge “è ancora un boss feroce”.

Beni confiscati e antimafia. E a far andare su tutte le furie il boss Totò Riina, intercettato in carcere dalle telecamere e dai microfoni della Dia, fra le tante attività portate avanti da Libera e Luigi Ciotti, quelle legate al riutilizzo dei beni sottratti ai mafiosi. Ai beni confiscati ai boss dedicano oggi spazio il portale on line “Vita” che racconta la prima esperienza di campi di volontariato realizzata questa estate nel Lazio. “Diventerà una casa famiglia per minori la mega villa strappata alle mafie. E la sua assegnazione a una cooperativa per il suo riutilizzo sociale, per la prima volta, è stata fatta ancora prima dell’ultima condanna in Cassazione – scrivono nell’articolo. Se il giudice del Tribunale di Roma avesse seguito l’iter tradizionale, la mega villa che si trova nel complesso residenziale di Castel De Ceveri, tra Roma e Formello, sarebbe rimasta statisticamente abbandonata all’incuria per almeno sei anni. Tra il 25 e il 31 agosto, invece, la cooperativa sociale “Sinergie” – aderente a Legacoop Lazio – ha organizzato insieme a Libera un campo antimafia”. Del riutilizzo sociale di questo bene parla anche “Il Corriere della Sera” nell’edizione romana. “Nel maxi sequestro era stato sottratto alla `ndrina di Palmi (Reggio Calabria) un patrimonio del valore di venti milioni di euro. La holding intestataria Adonis contava diverse sedi tra il quartiere Coppedè e i Paridi – scrive Fulvio Fiano nel suo articolo. Ma per la prima volta, ancor prima della confisca definitiva, un bene sottratto alle mafie è stato assegnato ad una cooperativa per il riutilizzo sociale con un iter accelerato che ha più che dimezzato i tempi. «Questa volta – spiega Marco Carducci, presidente della cooperativa “Sinergie”, aderente a Legacoop Lazio – l’immobile non è rimasto abbandonato all`incuria per anni. Tutto merito del presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale, Guglielmo Muntoni»”.  In Sicilia, come racconta il quotidiano “Avvenire“, invece, l’ex villa di un boss è diventata una scuola di cucina. Nell’articolo a pagina 10 si legge: “L’ex villino Geraci è stato confiscato ad un imprenditore affiliato a Cosa Nostra. Nel 2012 il consorzio ha ricevuto in affidamento il bene confiscato, facendo nascere Cambio Rotta. Nel mese di giugno del 2013 è stata inaugurata la terrazza esterna della villa e durante tutta l`estate sono stati organizzati oltre 60 eventi, coinvolgendo oltre 1 Smila persone. Grazie al supporto della Fondazione con il sud, che ha finanziato il progetto, ora nei locali della villa sarà creata una vera e propria scuola di cucina internazionale con annesso ristorante”.

 

Mafie al Nord. La Procura di Milano ha chiesto il processo con rito immediato per 10 persone, tra cui il presunto boss Mario Trovato, fratello dello storico ‘patriarcà della ‘ndrangheta lombarda Franco Coco Trovato, l’ex consigliere comunale di Lecco, Ernesto Palermo, e il sindaco di Valmadrera (Lecco), Marco Rusconi. Tutte persone arrestate lo scorso aprile nell’ambito di un’inchiesta che aveva fatto emergere presunti contatti tra uomini della mafia calabrese e rappresentanti delle istituzioni nella zona del Lago di Como. Nell’ambito delle indagini, coordinate dai pm Claudio Gittardi e Bruna Albertini e condotte dal Nucleo di polizia tributaria e dal Gico della Gdf, lo scorso 2 aprile erano finiti in carcere, anche, l’allora consigliere comunale e l’allora sindacoÈ un piccolo mondo quello che emerge dalle intercettazioni dell’operazione “Metastasi” ma capace di muovere grossi interessi.  La notizia sulle colonne del quotidiano del gruppo QN “Il Giorno”. Siamo a Lecco e “fra i protagonisti   – scrivono sul “Giorno” – appaiono il giovane sindaco dal volto pulito, molto amato nel suo paese, il consigliere comunale eletto nelle file del Pd e professore di informatica che si rivolgeva ai colleglli in Consiglio con espressioni minatorie e il boss «che non ha la stoffa del fratello», come sostengono gli stessi affiliati- Marco Rusconi, 36 anni, iscritto al Pd ed eletto con una lista civica appoggiata dal Partito democratico, si era dimesso dal suo molo di primo cittadino mentre si trovava nel carcere di Opera, in seguito allo scandalo Metastasi.

 Le prime pagine dei giornali in edicola

 

La vignetta di Mauro Biani sulle minacce a Don Ciotti 

 

 

 

 

 

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